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False fatture per 240 milioni di euro nel settore carburanti, l’inchiesta è partita da Udine

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I finanzieri del Comando Provinciale di Udine hanno portato a termine una vasta indagine diretta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, riguardante la illecita commercializzazione di prodotti petroliferi in evasione di Iva, realizzata con il ricorso false fatture per oltre 240 milioni di euro. All’esito delle indagini, in gran parte sviluppate all’estero, le Fiamme Gialle friulane hanno dato esecuzione a due distinti provvedimenti di custodia cautelare emessi nei confronti di 3 amministratori di diverse società con sede a Milano e Caserta, con l’accusa a vario titolo di bancarotta fraudolenta, in un più esteso contesto di associazione per delinquere finalizzata all’emissione e all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Le perquisizioni eseguite dai finanzieri tra Milano, Roma e Napoli hanno, inoltre, portato finora al sequestro di 80.000 euro di denaro contante.

L’indagine denominata ‘Calipsee Oil’ è stata sviluppata dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Udine ed ha avuto origine dai controlli su strada eseguiti al confine italo-austriaco di Tarvisio (Udine) nei confronti di alcune autocisterne di gasolio provenienti da Paesi dell’Europa orientale. I successivi sviluppi dei dati acquisiti nel corso dei controlli hanno messo in luce alcuni elementi indicativi di una frode carosello all’Iva, consentendo di avviare un procedimento incardinato presso la Procura di Milano. Dagli accertamenti è emerso che la frode, realizzata principalmente negli anni dal 2016 al 2018, è stata perpetrata grazie a società ‘cartiere’ fittiziamente interposte, create per emettere fatture per operazioni inesistenti. La frode ha portato alla denuncia di 18 persone, di cui 3 di nazionalità maltese.

In particolare, i prodotti petroliferi generalmente di origine spagnola e provenienti in larga parte da fornitori maltesi, venivano commercializzati con trasporti via petroliera attraverso uno schema preordinato di cessioni e acquisti tra diverse imprese con sede in Italia e in altri Paesi esteri, al solo scopo di far ricadere gli obblighi tributari del pagamento dell’Iva su soggetti nazionali (le cosiddette cartiere) che in realtà non provvedevano ad effettuare alcun versamento all’Erario. In questo modo, i beneficiari della frode ottenevano un indebito vantaggio fiscale e, soprattutto, erano presenti sul mercato dei carburanti a prezzi del tutto concorrenziali, a svantaggio degli altri operatori.

I finanzieri del Nucleo di Udine, tramite complesse indagini all’estero, hanno inoltre ricostruito un vasto fenomeno di riciclaggio e autoriciclaggio internazionale degli illeciti profitti realizzati, pari a circa 23 milioni di euro, posto in essere per una parte attraverso imprese maltesi e società off-shore, nonché per l’altra parte con il ricorso a organizzazioni cinesi operanti in Italia.

Quest’ultimo modus operandi veniva attuato attraverso sistematici bonifici verso la Cina e Hong Kong, giustificati da inesistenti operazioni commerciali di acquisto di beni e servizi da imprese ubicate nei citati paesi asiatici. La simulazione è risultata evidente quando è stato possibile accertare che le fatture in apparenza emesse dalle società asiatiche, nella realtà erano spesso autoprodotte dai medesimi imprenditori italiani. Dopo il trasferimento di fondi all’estero, gli stessi autori della frode all’Iva si rivolgevano a persone di nazionalità cinese operanti a Milano, Roma e Catania da cui ottenevano il controvalore in denaro contante dei bonifici indirizzati verso la Cina.

Sul piano amministrativo, al fine di consentire il recupero delle imposte evase, sono state eseguite 3 attività di verifica fiscale nei confronti, rispettivamente, di 2 imprese con sede a Milano e della stabile organizzazione nazionale di una società estera con sede negli Emirati Arabi Uniti. Al termine delle attività ispettive a carattere tributario, sono stati constatati 76 milioni di euro di Iva evasa e circa 1 milione di Ires non versata.

Il contesto criminale è stato ricostruito attraverso articolate indagini che hanno impegnato le Fiamme Gialle di Udine per oltre due anni, principalmente attraverso plurime richieste di collaborazione giudiziaria internazionale, con 50 rogatorie all’estero e ordini di indagine europei indirizzati verso più di 20 Stati, sia in ambito Ue che al di fuori dell’Unione, nella prospettiva di individuare i patrimoni illecitamente accumulati, per procedere al successivo sequestro proposto per un ammontare complessivo di circa 100 milioni di euro, comprensivo delle proposte avanzate in seguito alle verifiche fiscali e alle condotte di riciclaggio in seguito individuate per un importo pari a circa 23 milioni di euro.

Alla luce delle complessive investigazioni il Pubblico Ministero, tenuto conto della gravità dei reati, ha chiesto e ottenuto dal Gip presso il Tribunale di Milano l’emissione di due distinte ordinanze di applicazione delle misure cautelari personali in carcere nei confronti di 3 amministratori di società di Milano e Caserta. A due degli arrestati, residenti in provincia di Roma e Napoli, è stata anche contestata la bancarotta fraudolenta per il fallimento della società milanese da loro gestita.

Due degli arrestati sono risultati coinvolti anche in una nuova e più recente attività illecita caratterizzata, analogamente alla precedente, da un’imponente frode a carosello perpetrata dal 2017 al 2021 nel settore dei pannelli fotovoltaici importati dalla Cina e successivamente commercializzati in Italia. La frode è stata realizzata da 6 società operanti tra Milano e Brescia, le quali hanno poi riciclato i relativi proventi ricorrendo, anche in questo caso, ad organizzazioni cinesi presenti nel territorio nazionale.

La nuova indagine, denominata ‘Sol Levante’, tuttora in corso, è nata da una ramificazione della precede operazione ed è stata supportata da una parallela attività amministrativa in materia fiscale svolta dall’Ufficio Antifrode dell’Agenzia delle Entrate. In quest’ultimo ambito sono in corso d’esecuzione sequestri per equivalente per complessivi 109 milioni di euro, riconducibili alle imposte evase (Iva) e all’attività di riciclaggio.

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