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CAIVANO. Il campo “E. Faraone” diventerà una villa comunale. Chi si è battuto per esso deve delle spiegazioni.

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CAIVANO – Da queste parti qualcosa sta cambiando. Lo Stato, grazie anche alla determinazione della Premier Meloni, finalmente sta facendo sentire la sua presenza. E non mi si venga a dire che la politica si è mossa grazie al prete. Se fosse stato per lui, si sarebbe fermato tutto al Centro Delphinia, tante sono state dette di bugie su quel centro per altri interessi che via via vi racconteremo.

Il focus che voglio fare oggi è sul campo sportivo “E. Faraone” che grazie all’unica visione da me condivisa con l’Amministrazione Falco, finalmente verrà abbattuto per fare largo ad un parco lineare di libero accesso e fruibile da tutti i cittadini caivanesi.

Il fortino della camorra, il simbolo dell’egemonia criminale sul territorio, lo scettro del potere occulto sarà eliminato e con esso anche lo strumento con cui la criminalità organizzata ricattava la politica in città.

Chi finora si è battuto affinché quella struttura fosse riqualificata e consegnata nelle mani dei “proprietari” ha tanto da chiarire ai propri concittadini. A partire dal Presidente dell’USB Caivanese, per finire ai parenti e agli amici dei personaggi noti sul territorio il cui nome compare negli atti della magistratura e in alcune intercettazioni ambientali.

Lo Stadio “E. Faraone” è stato chiuso per più di quindici anni per volere di due clan camorristici e l’assoggettamento di alcuni personaggi politici di spicco, come spiegato dal sottoscritto anche davanti alle telecamere di RAI 2 (guarda qui).

Sul campo sportivo, all’indomani dell’omicidio del boss Pasquale Castaldo avvenuto nel lontano 2003, della conseguente decapitazione dello stesso clan “Farano” e del rinvenimento tra le due panchine dell’intero arsenale del clan, si aprì un contenzioso tra il clan di nuova egemonia: i Gaglione – che nel frattempo si erano già accaparrati la gestione dell’ex Delphinia, di altre strutture pubbliche e appalti di vario genere – e i “tradizionali” gestori del campo: i Padulo, nella persona del boss Eugenio, attualmente ancora detenuto.

I fatti escono fuori da alcune intercettazioni ambientali della casa circondariale di Carinola dove Eugenio Padulo era rinchiuso nel 2012 e dove riceveva puntualmente la visita dei due figli in compagnia del nipote, quest’ultimo attualmente molto attivo sul territorio in ambito politico.

Le conversazioni tra i parenti avevano come oggetto proprio la gestione del campo sportivo “E. Faraone” e di come i Padulo dovevano attrezzarsi affinché la loro egemonia venisse confermata dalla perenne gestione del bene pubblico da loro sempre amministrato, anche e soprattutto con la connivenza della società sportiva USB Caivanese di allora.

Attraverso mandatari, intermediari e personaggi politici molto in vista di quell’epoca i Padulo e il nipote del boss tentavano di arginare le prepotenze dei Gaglione ed è in questa lotta perenne che nessuna delle Amministrazioni che via via si sono succedute si è mai voluta prendere la responsabilità di porre fine a questo sopruso perpetrato ai danni della collettività.

Una sola Amministrazione ebbe il coraggio di bandire una gara pubblica per la gestione del bene e fu quella targata Pippo Papaccioli con l’allora Assessore allo Sport l’ex Sindaco Simone Monopoli. La gestione del Faraone fu affidata ad una ditta di Giugliano che dopo diversi mesi fu costretta a rinunciare all’appalto e chissà perché!

La diatriba tra i due clan, ancora attivi sul territorio, non si è mai assopita e lo scopo è sempre lo stesso, fare di tutto per accaparrarsi la gestione del campo sportivo. Più per l’aspetto economico, la guerra in atto è per l’aspetto simbolico che la struttura sportiva rappresenta tutt’ora sul territorio.

I politici, gli amici e parenti dei boss, e la stampa compiacente e connivente fino a ieri, giorno in cui si sono apposte le firme sui contratti che consentiranno l’avvio dei lavori di demolizione del campo sportivo, si sono battuti con le motivazioni più disparate affinché l’attuale Commissario Prefettizio Gianfranco Tomao desistesse dal portare a termine l’iter burocratico già ampiamente avviato dall’Amministrazione Falco.

Fortunatamente per i caivanesi, lo Stato a Caivano ha dato forti segnali di presenza e il Commissario Tomao, uomo di Prefettura, uomo di Stato e soprattutto dedito alla legalità, ha capito sin da subito che per restituire dignità ad un popolo da sempre assoggettato alla criminalità, bisogna abbattere altarini, simboli ed emblema che possano testimoniare la radicalità di un sistema criminale insito all’interno di una comunità

Quindi i miei complimenti vanno all’Amministrazione Falco per aver intercettato fondi utili ad un cambio di destinazione d’uso del campo sportivo e al Commissario Prefettizio Gianfranco Tomao per aver dato seguito ad una visione che pone fine una volte e per tutte ad un marchio impresso a fuoco sulla pelle della popolazione sportiva caivanese e spero che questo mio editoriale possa servire da monito al resto della cittadinanza gialloverde su quelle che possono essere le loro prossime scelte elettorali, partendo proprio dall’individuazione di chi si è battuto per il campo “E. Faraone” ed evitarli.

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