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Benzina, Urso dice che esporre il prezzo medio funziona permette di individuare situazioni anomale

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I rincari dei prezzi alle pompe di benzina continuano ad animare il dibattito politico. Il governo continua a insistere sull’efficacia delle misure introdotte – in particolare l’obbligo di esporre i prezzi medi ai distributori – affermando che al netto delle accise in Italia i carburanti costano meno che in altri Paesi europei. L’opposizione smentisce tutto quanto e attacca l’esecutivo, accusandolo di scaricare sui cittadini gli aumenti e di non fare nulla per frenarli. Come stanno allora le cose? Secondo l’ultimo aggiornamento dei dati forniti dal ministero delle Imprese il prezzo medio è ancora in salita: per il self sulla rete autostradale quello della benzina risulta di 2,019 euro al litro (lo scorso 14 agosto era di 2,015), mentre quello del gasolio di 1,928 euro (contro i 1,921 alla vigilia di Ferragosto).

Dal 1° agosto è scattato l’obbligo per i benzinai di esporre i prezzi medi regionali o nazionali accanto a quelli praticati: questo però non ha frenato i rialzi e in molti distributori, soprattutto in autostrada, i prezzi sono di fatto aumentati. Secondo il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, questo non significa però che la misura sia inefficace, perché sarebbe proprio quella ad aver fatto partire i controlli e la spedizioni della Guardia di Finanza. “Ci hanno mandato la foto del distributore che vendeva la benzina a 2,7 euro al litro e noi abbiamo mandato la Guardia di Finanza. Questo dimostra che il cartello con il prezzo medio dei carburanti che i distributori devono esporre dallo scorso primo agosto funziona”, ha detto in un’intervista con il Corriere della Sera.

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