«Presa a schiaffi e pugni, poi gettata a terra, davanti ai colleghi e ad altri pazienti, e addirittura costretta a subire un tentativo di strangolamento. Siamo arrivati a quello che sembra palesemente un tentato omicidio! Vittima, incredibile ma vero, una infermiera che stava intervenendo su una ferita. Non avremmo mai voluto raccontarvelo ma la realtà è questa. E’ accaduto al Pellegrini di Napoli qualche giorno fa e non conta affatto che la protagonista dell’aggressione sia, a quanto dicono, una donna con presunti problemi psichici.
L’estate infernale degli infermieri italiani è la triste realtà che ci ritroviamo a descrivervi: non è esagerato definirla così. Perché siamo di fronte a episodi di una gravità senza eguali, perché la drammaticità degli episodi di violenza consumati con una inspiegabile furia cieca, contro i nostri operatori sanitari, ha toccato davvero l’apice». Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up. «Da Nord a Sud, nessun territorio, nessun ospedale è più un luogo sicuro per i nostri infermieri.
La cronaca locale ci racconta ogni giorno di episodi incresciosi, che oseremmo definire da un lato vergognosi, ma dall’altra denotano il costante peggioramento di una situazione che, al di là delle problematiche differenti, esistenti tra strutture e strutture, ci presenta davanti agli occhi un quadro desolante, che ha un unico comune denominatore.
I disagi degli ospedali, che in estate arrivano naturalmente all’acme, si riversano prima di tutto, sui pazienti e sui loro parenti, mettono a dura prova la loro serenità, alla luce anche di una carenza di personale a cui ormai tristemente non fa più caso nessuno, al di là dei proclami di circostanza di una politica che sa nascondere fin troppo bene la testa sotto la sabbia.
Come il più drammatico degli effetti boomerang, però, a pagare sulla propria pelle sono gli infermieri. La rabbia e la furia cieca di una parte dei cittadini non può essere giustificata, perché non possiamo e non vogliamo pensare che questo sia un modus operandi comune a tutta la collettività, e soprattutto non possiamo e non vogliamo abituarci a tutto questo, continua De Palma.
Nell’ultima settimana è accaduto ovunque: Abruzzo, Toscana, Campania, Puglia, Sicilia: non c’è ospedale italiano, non c’è regione in cui un infermiere, nello svolgimento della propria professione, non rischia concretamente di diventare il capro espiatorio di una mala cultura che ormai è diventato un fenomeno generalizzato. Gli schiaffi e i calci agli infermieri sembrano quasi essere la normalità quotidiana.
I nostri referenti ci portano a conoscenza del fatto che regioni che apparentemente non sono mai state nell’occhio del ciclone, in realtà fanno registrare oggi un pericoloso aumento di episodi di aggressioni, come sta accadendo in Toscana (oltre 400 casi conclamati solo nei primi tre mesi dell’anno) e in Abruzzo, dove i nostri coordinatori denunciano apertamente che gli infermieri sono al limite della sopportazione umana, da ultimo, ma solo per citare un esempio, nel pronto soccorso dell’Ospedale SS Annunziata di Chieti, una coppia di fidanzati “si è limitata” a distruggere il vetro dell’area triage.
Ma nemmeno possiamo e vogliamo abituarci a ciò che accade in Campania, dove il Pellegrini, il Cardarelli, l’ospedale più grande del sud Italia, sono praticamente l’equivalente di un territorio di guerra. Oltre 50 aggressioni dall’inizio dell’anno nelle sole Asl Napoli 1 e 2: questi non sono certo dati che possono passare inosservati.
Qualcuno ha forse dimenticato i numeri nazionali del fenomeno: 5mila sono i casi di violenza denunciati ai danni dei soli infermieri italiani ogni anno, ma anche circa 125.000, cosa ancor più grave, sono i numeri di quel pericoloso sommerso, dove la paura e il silenzio hanno drammaticamente il sopravvento. Ancora più grave è che per il 75% sono violenze che coinvolgono donne e che nel 40% circa dei casi si è trattato di violenze fisiche.
Ora che il fenomeno ha assunto una portata generalizzata, le regioni, dalle quali dipendono organizzativamente gli enti del SSN, emanino linee guida alle aziende sanitarie, affinché inseriscano la tipologia di problema nei propri documenti di valutazione del rischio, indicando gli strumenti e modalità di contrasto del fenomeno, prima che sia la magistratura a tracciare la strada, condannando gli enti interessati, ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile, norma impone al datore di lavoro in generale, in ragione della sua posizione di garante dell’incolumità fisica del lavoratore, di adottare tutte le misure atte a salvaguardare chi presta la propria attività lavorativa alle sue dipendenze.
Nel contempo il Viminale, che si è affrettato lo scorso maggio a raccontare alla collettività il rilancio del piano sicurezza con l’aumento dei presidi delle forze dell’ordine negli ospedali, chiarisca in quali strutture mancano ancora gli agenti, e soprattutto evidenzi chiaramente, laddove sono stati ripristinati i presidi, cosa accade nei fine settimana e negli orari notturni, dove, a quanto ci risulta, molti infermieri restano drammaticamente abbandonati a se stessi», chiosa De Palma.