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Napoli. Tassa rifiuti nel caos, elenchi ripuliti da defunti, furbetti e persone che hanno cambiato residenza

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Ventimila utenze – tra defunti, furbetti e gente che ha cambiato residenza – sono state cancellate dall’anagrafe delle Tari perché sconosciuti facendo crollare la platea dei contribuenti. Così aumenta la tassa sui rifiuti del 20%, una stangata per i napoletani che si materializzerà da gennaio del 2025, il 2024 verrà infatti coperto da un bonus del Comune alle famiglie, se in regola coi pagamenti, non alle utenze non domestiche. Gli aumenti mediamente sono tra i 90 e i 300 euro a seconda della metratura. Se si considera che i paganti la Tari sono solo il 38% dei contribuenti, vale a dire che meno di 4 napoletani su 10 paga la tassa, si capisce l’esigenza di mettere mano alle tariffe per coprire il servizio della nettezza urbana. E la beffa è che furbi ed evasori continueranno a essere sconosciuti e a non pagare, mentre chi ha sempre pagato pagherà di più. 

In premessa va ricordato che «le utenze Tari sono iscritte e cancellate in base a dichiarazione di parte» entro due anni. I morti va da se che non possono dichiarare nulla per cancellarli bastava andare a verificare l’anagrafe dei morti. Mentre tra le utenze non domestiche si annida la vastissima quota di evasori che cambiando semplicemente denominazione all’attività ogni due anni, riescono a non pagare mai la Tari, siamo nel campo dei furbetti a 5 stelle, principali colpevoli degli aumenti e infatti non avranno sostegni dal Comune. Una storia che inizia nel 2019 quando le tariffe sono state elaborate in modo da coprire il costo del servizio pari 232 milioni. 

A maggio di quell’anno «in sede di emissione degli avvisi bonari 2019 si sono rilevate numerose utenze intestate a soggetti per i quali in anagrafe tributaria risultava cessata l’attività anche in date molto risalenti negli anni» si legge in un documento che Il Mattino ha avuto modo di visionare. Vale a dire che la cosiddetta “pulizia” dell’anagrafe che ha messo in campo l’attuale giunta guidata dal sindaco Gaetano Manfredi doveva essere fatta ben prima dell’insediamento dell’ex rettore che avviene a ottobre del 2021. È un obbligo di legge quello della “pulizia” dell’anagrafe proprio perché in base alla platea dei paganti si determinano le tariffe. «Si è provveduto – si legge ancora nel documento – ad una cessazione massiva di tali utenze circa 12mila con una riduzione di base imponibile di quasi 8 milioni». Se era tutto così chiaro già nella primavera di 4 anni fa come si arriva da 12mila cancellazioni a 20mila? «A marzo 2019, quando sono state elaborate le tariffe, non erano ancora state lavorate pratiche presentate dai contribuenti dalla metà del 2016». Tanto che «nel mese di dicembre 2018 sono stati emessi circa 600mila avvisi di accertamento, notificati nei primi mesi del 2019, riferiti principalmente all’omesso parziale versamento per gli anni 2013/2017». 

E arriviamo ai nostri giorni: «A fronte di tali avvisi sono stati presentati, nel 2019, dai cittadini e dalle imprese oltre 20mila istanze volte a segnalare la presenza di errori riferiti principalmente ad immobili non più detenuti». Perché tanto ritardo nell’accertamento? «Le scarse risorse assegnate erano destinate quasi esclusivamente a ricevere il pubblico che numeroso si era riversato al front office. Ad inizio agosto 2019, con l’assegnazione di nuovo personale, è stata avviata l’analisi delle istanze già presentate e non lavorate». Dunque non c’era personale per lavorare le pratiche. Dall’analisi «Si sono evidenziati numerosi casi di imposizione di cespiti non più in possesso del contribuente, numerosi ulteriori casi di società già chiuse in Camera di Commercio ed in anagrafe tributaria da molti anni, nonché numerosi casi di duplicazione dello stesso cespite a seguito dei travasi Sapna. È di tutta evidenza che la banca dati Tari al primo gennaio del 2019 era ampiamente inaffidabile».

Dunque l’ufficio ha provveduto alla «lavorazione delle istanze suddette e delle ulteriori pervenute e all’iscrizione di ufficio di circa 20mila utenze domestiche. L’effetto dell’aggiornamento dei dati in termini di metri quadrati assoggettati a tassazione per le diverse categorie non domestiche e dei metri quadrati e del numero di utenze domestiche ha generato disallineamenti». Cosa ha prodotto allora questo disallineamento? «L’attività di bonifica ha fatto registrare a fine 2019 una perdita di base imponibile di circa 17 milioni». A rendere le tariffe più pesanti il cambio di una norma «che trasferisce gli studi professionali dalla categoria 11 alla categoria 12 con corrispondente riduzione del prelievo fiscale con una perdita di circa 2 milioni». Inoltre, quella stessa legge dello Stato esclude «l’assoggettamento alla Tari delle superfici produttive delle aziende industriali. L’applicazione di tale norma ha fatto registrare una ulteriore riduzione del gettito di circa 3 milioni». Questi tecnicismi hanno «determinato un incremento percentuale superiore delle utenze non domestiche rispetto all’incremento delle tariffe domestiche.

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