Cronaca

Le mani della criminalità sul mattone e sulle Politiche Sociali. Quanto emerso dalla relazione della DDA

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Il clan dei Casalesi resta “un punto di riferimento nel panorama criminale casertano” sebbene oggi la sua struttura si sia modificata anche per effetto “dell’incessante azione di contrasto condotta dalla Magistratura, dalle Forze di Polizia e dall’Autorità prefettizia”. Al loro interno la fazione predominante, ad avviso della Dia, resta quella degli Schiavone “più forte e stabile rispetto a quelle delle famiglie Zagaria e Bidognetti”. “Il continuo adattamento per la sopravvivenza – si legge nella relazione – ha costretto il cartello confederato, così documentato nelle trascorse evidenze giudiziarie, ad un processo di necessaria trasformazione per evolvere in autonome organizzazioni che preservano il controllo del territorio mediante fluide e nuove modalità operative”.

La nuova struttura del clan dei Casalesi prevede che alle giovani leve (che vantano legami di tipo parentale con figure apicali di storiche famiglie di camorra) sia affidato “il controllo militare del territorio esercitato tramite la gestione delle attività illecite legate al traffico di sostanze stupefacenti, settore in cui nel passato i sodalizi casalesi erano rimasti estranei. In questo ambito, si sarebbero sviluppati rapporti per l’approvvigionamento dello stupefacente con gruppi napoletani e con la ‘ndrangheta calabrese”. Le indagini concluse nel semestre hanno evidenziato anche un rinnovato interesse dei sodalizi nella gestione delle piattaforme dei giochi on line e delle scommesse illegali, nonché nell’infiltrazione nel sistema del recupero degli oli esausti mediante forme di illecita concorrenza nel peculiare mercato.

Il reimpiego di denaro provento di delitto in attività economiche e l’infiltrazione negli appalti di sevizi tramite condotte corruttive e collusive con funzionari pubblici costituiscono la manifesta vocazione imprenditoriale del clan dei Casalesi “che li contraddistingue dalle altre organizzazioni camorristiche campane”, prosegue la relazione. Il clan continuerebbe ad “infiltrarsi nel tessuto economico della provincia” mediante “diversi imprenditori operanti, in particolare, nel settore edile che rappresenterebbero la “componente esterna” del clan. Questi, pur non organici all’organizzazione camorristica, vi concorrerebbero in maniera continuativa e determinante tramite la gestione di imprese ed aziende strumentali al perseguimento dei fini criminosi del clan dei Casalesi”. L’accordo economico-criminale prevede, tra l’altro, un sistema costituito dai cosiddetti “cambio assegni” e dalla fornitura di materiale edile alle imprese aggiudicatarie con cui le ditte “compiacenti” riuscirebbero a garantirsi la spartizione degli appalti anche in altri settori imprenditoriali come quello dei rifiuti speciali e in altri territori della regione campana.

Le mani del clan nel terzo settore, l’interesse dei clan casertani sarebbero rivolti anche verso i settori socio-assistenziali. L’infiltrazione nel terzo settore “avverrebbe tramite il coinvolgimento di persone fisiche, gruppi familiari e imprese riconducibili alla criminalità organizzata casalese, da cui i clan trarrebbero enormi profitti grazie al complesso sistema di controllo delle gare pubbliche per l’affidamento dei servizi sanitari e di assistenza, spesso ricorrendo a pratiche corruttive in concorso con funzionari delle locali amministrazioni. Le società cooperative coinvolte nell’indagine sarebbero intestate fittiziamente a terzi soggetti sebbene in taluni casi, negli organigrammi di Società e Consorzi di Cooperative sociali, figurano soggetti già colpiti da provvedimenti interdittivi antimafia. Una delle modalità utilizzate dalle società coinvolte nell’indagine sarebbe quella di aggiudicarsi gli appalti più consistenti “appoggiandosi” ad altre aziende di maggiori dimensioni in grado di far fronte – per capacità tecnico-organizzative – alla fornitura dai servizi più complessi. Le tecniche emerse e palesemente finalizzate a turbare la libertà di scelta dei contraenti sarebbero consistite anche nel ricorso sistematico ad azioni giudiziarie in sede amministrativa per impugnare, solo in caso di mancata aggiudicazione, gli atti amministrativi definitori dei procedimenti amministrativi. Questo meccanismo avrebbe permesso alle società riconducibili al clan di poter sfruttare lo strumento della cd. “proroga tecnica” giustificata dalla necessità delle amministrazioni pubbliche di garantire i servizi nelle more della conclusione della procedura indetta per il reperimento di un nuovo contraente”.

Il contrasto ai patrimoni illeciti nei confronti delle diverse compagini del clan dei Casalesi ha segnato, anche nel semestre in corso, importanti risultati. Beni per circa 7 milioni di euro riconducibili a imprenditori edili “vicini” al clan – operanti anche nella provincia di Lucca e Caserta – sono stati confiscati in quanto illecito frutto dell’aggiudicazione di molteplici appalti per milioni di euro acquisiti grazie alla connivenza di un dirigente dell’Asl. Un’importante sequestro patrimoniale, del valore complessivo di 9 milioni di euro costituito da disponibilità finanziarie suddivise in fondi di investimento, azioni, conti correnti e quote societarie, è stato eseguito dalla Dia a carico di una famiglia di imprenditori legata, da stretti vincoli di parentela, ad un esponente di spicco del gruppo Zagaria. La misura ablativa è scaturita dall’approfondimento investigativo di una serie di operazioni sospette che hanno condotto all’individuazione di un patrimonio mafioso non ancora colpito e interdetto alla disponibilità del gruppo imprenditoriale considerato nel tempo l’ala economica della famiglia Zagaria.
I clan: I Casalesi nell’area dell’agro aversano; i Belforte ed i Piccolo-Letizia nella zona di Marcianise e nei comuni confinanti di San Nicola la Strada, San Marco Evangelista, Casagiove, Recale, Macerata Campania, San Prisco, Maddaloni, San Felice a Cancello; una serie di gruppi loocali autonomi come i Menditti a Recale e San Prisco ed i Bifone a Macerata Campania, Portico di Caserta, Casapulla, Curti, Casagiove; una “sempre più attiva” mafia nigeriana nella zona del litorale in grado di gestire “il traffico e lo spaccio di stupefacenti, la tratta di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione delle loro connazionali”. E’ questa la mappa della criminalità organizzata che viene fuori dalla relazione semestrale al parlamento, aggiornata al primo semestre 2022, redatta dalla Direzione Investigativa Antimafia che fotografa le infiltrazioni della malavita in provincia di Caserta.

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