La morte di Diana Biondi, la 27enne studentessa della Facoltà di Lettere Moderne dell’Università Federico II di Napoli, ci fa riflettere su quanto possa essere fragile l’animo umano, su quanto possa essere condizionabile la nostra psiche, troppe volte assoggettata agli avvenimenti che ci circondano.
Diana era una ragazza solare, di quelle dal volto familiare, rassicurante. Tuttavia, non ha saputo reggere la pressione per un esame, quello di latino, che le stava dando fin troppo filo da torcere, prima della tanto agognata laurea. Ora, non sappiamo se sia stato effettivamente questo il motivo del suo folle gesto, o se il suo malessere fosse dovuto ad altro, quel che è certo però è che una giovane vita come la sua, non può essere spezzata in questo modo.
Pertanto, la sua morte consente ad ognuno di noi di fermarsi un attimo a pensare, perché molti ragazzi vivono le stesse sensazioni e le stesse ansie di Diana, ma ciò non giustifica un gesto così estremo. Non è giusto che i suoi genitori, portino per sempre il peso di non aver potuto fare niente per la loro figlia, di essere indirettamente responsabili di quello che le è accaduto.
Perché i ragazzi sono così, considerano i propri familiari come dei nemici e perciò gli nascondono tutto, anche il proprio malessere. Invece, il punto è proprio questo: esiste qualcuno che tiene a noi quanto i nostri genitori? No, non credo. Quindi, la morte, non è mai la soluzione.