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Suicidio assistito, donna italiana deceduta in Svizzera: aveva 89 anni

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Paola R. è una donna italiana di 89 anni malata di Parkinson in forma gravissima, che nella mattinata odierna è deceduta in una clinica svizzera, dove ha potuto ottenere il suicidio assistito.

Ecco le sue parole prima di morire: “Non sono autonoma in nulla, tranne che nel pensiero”.

In particolare, ad accompagnarla sono state Felicetta Maltese e Virginia Fiume, due attiviste della campagna Eutanasia Legale, lanciata dall’associazione Luca Coscioni, che rischiano ora dai 5 ai 12 anni di carcere per disobbedienza civile.

Pertanto, la stessa Paola ha voluto spiegare in una lettera le sue motivazioni, poiché avrebbe voluto morire nella sua casa a Bologna:

“La decisione è maturata nel tempo. Dal 2012 un inizio di malessere, diagnosticato nel 2015. Un graduale e lento decorso verso la totale immobilità. Ora sono vigile in un corpo diventato gabbia, senza spazio né speranza. Anzi stringe, ora dopo ora, inesorabile la morsa. La diagnosi è un parkinsonismo irreversibile e feroce, arrivato ad uno stadio che non mi consente più di vivere”.

Come riferisce l’avvocato e segretaria dell’Associazione Coscioni Filomena Gallo:

“Paola è stata costretta ad andare all’estero, a causa di una discriminazione tra malati scaturita dalla decisione con cui la Corte costituzionale nel 2019, ha depenalizzato l’aiuto al suicidio solo per malati in determinate condizioni. Nel nostro Paese, infatti, è legale solo quando la persona che ne fa richiesta è affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, pienamente capace di prendere decisioni ed è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, come nel caso di Federico Carboni, che lo scorso giugno ha potuto accedere al suicidio assistito”.

Poi, ha aggiunto: “Paola, invece, non poteva accedere all’aiuto al suicidio in Italia, perché non era in possesso di uno dei requisiti previsti dalla sentenza della Consulta 242/2019 relativa al caso Cappato-Antoniani, ovvero non era tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La Corte Costituzionale ha più volte sollecitato il Parlamento ad emanare una legge che, senza discriminazioni, rispetti le scelte di fine vita. Per questo, saranno ancora una volta i tribunali ad intervenire sui singoli casi e, ancora una volta, dinanzi alla mancanza di volontà politica, sarà la giurisprudenza a tutelare i diritti delle persone”.

A tal proposito, Virginia Fiume e Felicetta Maltese, si recheranno domattina presso la caserma dei carabinieri Sezione Polizia Giudiziaria di Bologna accompagnate dall’avvocato Marco Cappato, il quale si autodenuncerà in quanto legale rappresentante dell’associazione Soccorso Civile, che ha organizzato e finanziato il viaggio verso la Svizzera. Ecco le loro dichiarazioni:

“Ogni minuto passato con la signora Paola è stato un inno alla vita. Accompagnarla in questo viaggio e scegliere di autodenunciarci, significa mettere a disposizione la nostra libertà per proteggere un diritto umano fondamentale”.

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