Papa Francesco incontra dirigenti e delegati della Cgil, con i quali ha parlato soprattutto, dei sempre più frequenti incidenti mortali sul lavoro. Ecco le parole del Pontefice:
“Ci sono ancora troppi morti, mutilati e feriti nei luoghi di lavoro! Ogni morte sul lavoro è una sconfitta per l’intera società. Più che contarli al termine di ogni anno, dovremmo ricordare i loro nomi, perché sono persone e non numeri. L’idolatria del denaro tende a calpestare tutto e tutti, e non custodisce le differenze. Si tratta di formarsi ad avere a cuore la vita dei dipendenti, e di educarsi a prendere sul serio le normative di sicurezza: solo una saggia alleanza può prevenire gli ‘incidenti’, tragedie per le famiglie e le comunità”.
Poi, prosegue: “La cultura dello scarto s’è insinuata nelle pieghe dei rapporti economici, e ha invaso anche il mondo del lavoro. Lo si riscontra ad esempio, laddove la dignità umana viene calpestata dalle discriminazioni di genere – perché una donna deve guadagnare meno di un uomo? -; lo si vede nel precariato giovanile – perché si devono ritardare le scelte di vita a causa d’una precarietà cronica? -; o ancora nella cultura dell’esubero; e perché i lavori più usuranti sono ancora così poco tutelati? Troppe persone soffrono per la mancanza di lavoro o per un lavoro non dignitoso: i loro volti meritano l’ascolto e l’impegno sindacale”.
E ancora, sottolinea: “Il lavoro costruisce la società. Esso è un’esperienza primaria di cittadinanza, in cui trova forma una comunità di destino, frutto dell’impegno e dei talenti di ciascuno. Negli ultimi anni, sono aumentati i cosiddetti ‘lavoratori poveri’: persone che, pur avendo un lavoro, non riescono a mantenere le loro famiglie e a dare speranza per il futuro”.
Infine, conclude: “Il sindacato è chiamato ad essere voce di chi non ha voce. Voi dovete fare rumore per dare voce a chi non ha voce. In particolare, vi raccomando l’attenzione per i giovani, spesso costretti a contratti precari, inadeguati e schiavizzanti. Vi ringrazio per ogni iniziativa che favorisce politiche attive del lavoro, e tutela la dignità delle persone. Inoltre, in questi anni di pandemia, è cresciuto il numero di coloro che presentano le dimissioni dal lavoro. Giovani e meno giovani sono insoddisfatti della loro professione, del clima che si respira negli ambienti lavorativi, delle forme contrattuali, e preferiscono rassegnare le dimissioni. Si mettono in cerca di altre opportunità. Questo fenomeno non dice disimpegno, ma la necessità di umanizzare il lavoro. Anche in questo caso, il sindacato può fare opera di prevenzione, puntando alla qualità del lavoro e accompagnando le persone verso una ricollocazione più confacente al talento di ciascuno”.