LAGO PATRIA (NA) – A sette giorni dalle elezioni politiche 2022, l’attesa e l’incertezza scandiscono la vita di candidati ed elettori. La domanda è una: chi guiderà il Paese? Alcuni sono pronti già ad azzardare nomi avvalendosi di sondaggi, altri preferiscono sperare in un lieto fine diverso e ridicolizzano i dati premiando le voci di corridoio. Un clima accesso in cui attesa ed incertezza saranno i protagonisti delle future giornate fino al 25 di settembre, giorno in cui gli italiani si recheranno alle urne.
Tante le tematiche del dibattitto politico, tra queste non poteva mancare di certo l’immigrazione. Sbarchi clandestini, centri di accoglienza poco ospitali, un’Europa poco attenta all’affaticamento della macchina organizzativa italiana o forse volutamente distratta, una politica sempre più divisa sono solo alcune delle problematiche che avvolgono il tema.
Tra le innumerevoli testimonianze di sbarchi poco, questa volta abbiamo raccolto una testimonianza che, da un lato, perlomeno, rincuora. Isaac è un ragazzo ghanese. Ha 32 anni ed è sbarcato in Italia ben 2 anni fa, lasciando a casa la sua amata compagnia.
D: “Come è stato allontanarti dalla tua Terra? Cosa hai provato?”
R: “E’ stato difficile. All’inizio non sapevo se sarei riuscito ad arrivare in Italia. Avevo paura. Quando finalmente sono sbarcato ho tirato un sospiro di sollievo. Credevo di non farcela. Avevo sentito tante storie di parenti ed amici morti in mare. Sono stato fortunato.”
D. “Cosa hai detto alla tua compagna quando le hai spiegato che saresti dovuto partire?”
R. “Beh, in Africa, soprattutto nella mia regione, emigrare è normale. Cerchiamo una vita migliore e lo facciamo anche per la famiglia. La mia compagna era triste. Aveva solo 15 anni quando ci siamo fidanzati, io sono il suo punto di riferimento. Ora però abbiamo anche una bambina. E’ nata mentre ero già qui in Italia, ora ha due mesi.”
D. “Come è andata una volta giunto sulla terraferma?”
R. “Appena arrivato ho capito subito non sarebbe stato facile. Mi sono reso conto che il sud Italia per gli italiani era l’equivalente dell’Africa per il resto del mondo. Questo mi ha preoccupato, avevo paura che non sarei riuscito a trovare lavoro e così è stato per i primi tempi. Mentirei se dicessi di non aver avuto proposte in giri loschi, ma io volevo lavorare onestamente e non buttarmi nel malaffare.”
D. “Hai trovato qualcuno che ti desse una mano? I centri di accoglienza ti hanno indirizzato?”
R. “No, ma ho conosciuto molti ragazzi africani come me. Tra di noi ci aiutiamo molto. Alcuni ragazzi mi hanno consigliato di recarmi in periferia, perché lì avrei avuto più possibilità di lavoro. Così ho fatto. Ho preso il primo autobus e sono andato a nord di Napoli, in provincia di Giugliano, nella frazione di Lago Patria. Lì ho trovato dei lavoretti come giardiniere. Inizialmente mi pagavano 20 euro al giorno per 8 ore. Insomma, poco più di 2 euro ad ora. <<Meglio di niente>> pensavo.”
D. “Quando è arrivata invece la chiave di svolta?
R. “Un giorno un ragazzo conosciuto lì mi ha detto che una famiglia cercava qualcuno che desse una mano. Lui ci era già stato e mi aveva assicurato che erano brave persone. Allora sono andato a vedere di cosa si trattasse e non sono più andato via.”
D. “Che mansioni svolgi? E, se posso chiedere, quanto ricevi mensilmente?”
R. “Pavimentista, giardiniere, muratore, facchino: un po’ di tutto. All’occorrenza faccio tutto. Molte cose me le hanno insegnate loro. Lavoro dalle 8.30 alle 17 ed ho un’ora di spacco per magiare. Il cibo me lo preparano loro, oggi ho mangiato un panino con mozzarella, prosciutto cotto e lattuga, altri giorni cucinano per loro e danno un piatto anche a me. Mi hanno allestito anche un posto dove pregare ed un bagno con il necessario per pulirmi dopo il lavoro. Guadagno 1.200 euro al mese e sono felice. Spero che altri fratelli abbiano la possibilità di trovare persone gentili come la famiglia che Allah ha messo sul mio cammino.”