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Napoli. Crisi dei microchip su tessere sanitarie, bancomat e carte d’identità 

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In atto da qualche anno, la crisi dei microchip a livello globale sta causando pesanti conseguenze ai settori delle automobili, della telefonia e della tecnologia. Le cause principali sono da rintracciare nelle restrizioni provocate dalla pandemia e, successivamente, dal conflitto tra Russia e Ucraina.  La crisi è iniziata nel 2020, quando i lockdown e le restrizioni dei vari paesi in tutto il mondo, hanno fortemente frenato le consegne dei materiali. Per quanto riguarda le importazioni, a pesare è la dipendenza dalla Cina, con la quale i rapporti commerciali sono ostacolati dalla politica “zero covid” adottata da Pechino.

E cosa c’entra la guerra tra Russia e Ucraina? L’Ucraina è uno dei principali esportatori di “C4F6” e di neon, gas utili per l’incisione laser dei wafer di silicio con cui si costruiscono i chip, mentre la Russia esporta grandi quantità di palladio. Per vedere i risultati del “Chip act”, i tempi saranno però medio lunghi, mentre la crisi sta mettendo a rischio anche la produzione di bancomat e carte d’identità. In casa nostra, il governo italiano ha messo a disposizione delle imprese produttrici di microchip fondi per oltre 700 milioni di euro, in modo da “incentivare la ricerca e l’innovazione sul settore anche in Italia e in Europa”. Il ministero dell’economia e quello della salute, intanto, hanno deciso per una nuova versione della tessera sanitaria senza microchip, proprio in considerazione della scarsità internazionale dei materiali necessari per la produzione di semiconduttori. 

Ma la penuria di semiconduttori comincia a fermare anche l’emissione di carte d’identità elettroniche, il cui microchip contactless memorizza i dati personali e biometrici del titolare e le informazioni che ne consentono l’identificazione online, e l’emissione di nuove carte di debito. La piccola nazione insulare è il più grande produttore di semiconduttori e microchip del mondo, detenendo una quota mondiale pari all’80%, oltre ad essere un centro d’interesse commerciale, dal cui stretto transita il 40% del mercato mondiale.  

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A Napoli la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre

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Nella solennità di San Francesco di Paola, patrono della “Gente di Mare”, nella omonima Basilica Pontificia di Napoli, in piazza del Plebiscito, a Napoli, si è tenuta la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre, di terra, di cielo e del mare.

Numerosa la partecipazione di autorità civili e militari, tra cui il Viceprefetto di Napoli, Dario Annunziata, dell’Ammiraglio Ispettore della Marina Militare Pierpaolo Budri, del presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Napoli Antonio Varriale.

È stata deposta una corona in memoria dei caduti a cura dell’Anmi, mentre il Presidente della Delegazione Provinciale dell’Oncsc Alfredo Migliaccio ha ribadito lo spirito di cooperazione tra le componenti associative d’arma, che rendono viva la memoria di chi ha combattuto per garantire la nostra stessa esistenza.

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Effetto dazi sulle Borse mondiali: “rischio di recessione per l’economia mondiale”

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I dazi di Trump “liberano l’America” ma fanno crollare i mercati, da Parigi (-3%) a Wall Street (-2,76%), con il Nasdaq in calo di oltre il 4%.

Milano lascia sul campo il 2,8%. Francoforte il 2%, Londra l’1,43%, favorita da tariffe più leggere rispetto agli altri Paesi, e Madrid l’1,23%. Il crollo del greggio (Wti -7% a 66,67 dollari al barile) e le tariffe commerciali sull’acciaio frenano Tenaris (-8,22%), Saipem (-6,86%), Prysmian (-5,08%), Antofagasta (-7,25%) e Anglo American (-6,44%).

“Le prospettive per l’export e l’impatto diretto e indiretto dei dazi sono un grosso motivo di preoccupazione“. Lo si legge nel resoconto (minute) della riunione della Bce del 5 e 6 marzo, che dà conto anche dei dubbi dei Governatori sul segnale da dare sui tassi d’interesse: i membri del Consiglio direttivo giudicavano “importante” che la comunicazione non dia un segnale in alcuna direzione in vista del meeting di aprile, “tenendo sul tavolo sia un taglio dei tassi che una pausa, in funzione dei dati in arrivo”.


(fonte: Ansa)

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Commercio, sempre più negozi cittadini e centri commericali chiudono con ricadute sull’occupazione

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Sempre più negozi cittadini chiudono con ricadute sull’occupazione.
Se ne apre uno, abbassano la serranda tre, secondo un noto sindacale nazionale di settore.
La crisi è stata acuita ultimamente dalle vendite on-line con consegna a domicilio, di questo passo si rischia che i centri urbani, senza più esercenti, diventino città-dormitori, più brutte, deserte e anche più pericolose.

“Assolutamente sì, è indispensabile un intervento dall’alto per fermare questa deriva che sta arricchendo sempre gli stessi colossi globali e impoverendo le economie locali. In Italia, il commercio fisico è stato lasciato senza strumenti per competere – dice Gaetano Graziano, Vicepresidente dell’associazione dei direttori dei centri commercialiAltri Paesi – continua – hanno capito il rischio e hanno agito: la Francia ha imposto una tassazione sui giganti del web per riequilibrare la concorrenza, la Germania ha investito nel supporto tecnologico ai negozi e il Regno Unito ha ridotto le imposte sugli esercizi commerciali per abbattere i costi di gestione. Nel nostro Paese, invece, non si è fatto nulla di tutto questo, con il risultato che le chiusure aumentano e i centri urbani si svuotano. Senza una strategia nazionale che includa sgravi fiscali, incentivi per la digitalizzazione e una regolamentazione più equa per l’e-commerce, il commercio locale sarà destinato a scomparire, con conseguenze gravissime sul PIL, sull’occupazione e sulla qualità della vita nelle nostre città.”

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