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Napoli. Dalla Federico II, Mario: “Noi napoletani abbiamo una marcia in più”

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Trasferirsi all’estero, dopo la laurea alla Federico II di Napoli, per completare gli studi e affermarsi sul lavoro ci racconta Mario Carandente nel settore automobilistico, presso alcune delle case maggiormente famose in tutto il mondo.

– Ci racconti come si è articolata la tua ascesa lavorativa e qual è la nuova metodologia che hai sviluppato? “Dopo il conseguimento della laurea specialistica in Ingegneria dei Materiali presso l’Università Federico II di Napoli, ero convinto che fare un’esperienza all’estero sarebbe stata una tappa fondamentale per il mio sviluppo personale e professionale. Così, durante il mio Erasmus in Inghilterra feci applicazione per un dottorato di ricerca sponsorizzato da Jaguar Land Rover (JLR). Lavorare nel settore automobilistico era da sempre il mio sogno e la combinazione con un’esperienza all’estero rese l’offerta del dottorato un’opportunità imperdibile”.

-Quanto è importante la sostenibilità ambientale nel settore automobilistico? e quanto secondo il tuo parere l’Italia è indietro?” Durante il mio dottorato, ho lavorato alla progettazione di strutture a basso peso nel settore automotive. Un progetto ambizioso per JLR, il cui obiettivo era quello di ridurre le emissioni di CO2 su tutta la gamma di prodotto. Ridurre il peso della vettura significa non solo migliorare le prestazioni ma anche ridurre i consumi. La mia ricerca si e’ focalizzata sullo sviluppo di strutture in alluminio e sulla realizzazione di nuove leghe a basso peso ed elevate proprietà meccaniche in grado di garantire le misure di sicurezza richieste dai vari crash tests. Oltre allo sviluppo di materiali innovativi, mi sono anche occupato della riduzione dell’impatto ambientale tramite riciclaggio. Il processo di produzione dell’alluminio richiede elevate quantità di energia per cui ottenere la materia prima direttamente da scarti di produzione rappresenta un grande vantaggio. Con il mio progetto ho contribuito allo svilluppo di una lega di alluminio prodotta per il 75% da scarti di produzione- il 50% (circa) di una struttura JLR era composto da questa lega. Il passaggio dai materiali tradizionali all’alluminio significava cambiare processi di produzione standardizzati che andavano avanti dai tempi della prima auto di massa prodotta da Henry Ford nel 1904. Le tipiche saldature utilizzate per l’assemblaggio di strutture in acciaio non erano adatte per l’alluminio. Durante il mio dottorato, ho contribuito alla sviluppo di una nuova tecnica di assemblaggio basata sull’impiego di adesivi e rivetti che poi furono impiegate su tutte le vetture di gamma, incluse Range Rover Sport e Jaguar F-type che furono i primi SUVs ad essere realizzati interamente in alluminio. Grazie allo sviluppo di nuovi brevetti e l’implementazione sulle nuove linee di produzione, nel 2017 ho ricevuto un premio dal CEO di JLR come progetto piu’ innovative\o e ispirazionale dell’anno. La sostenibilità sta diventando uno degli argomenti più discussi da tutti i CEO delle case automobilistiche. Al passo con i nuovi decreti, molte case automobilistiche hanno annunciato la produzione esclusiva di auto elettriche entro il 2030. A mio avviso, il tema dell’elettrico è tra i più complessi del ventunesimo secolo. L’auto elettrica rappresenta un piccolo tassello di un eco-sistema molto ampio e complesso. C’è bisogno di creare nuove soluzioni innovative per catene di fornitura efficienti e sostenibili, non solo da un punto di vista ambientale, ma anche sociale. Ad esempio il processo di estrazione di cobalto, un materiale chiave per la produzione di batterie, e’ più volte associato a scandali di sfruttamento minorile. Allo stesso tempo bisogna creare una nuova rete elettrica che sia in grado di sostenere la capacita’ di corrente necessaria per ricaricare le vetture e, allo stesso tempo, bisogna ridisegnare le citta’ per l’istallazione di migliaia di colonnine elettriche. C’è ancora tanto da fare prima che l’auto elettrica possa diventare un bene accessibile a tutti. Cio’ che più mi spaventa è la capacita della autorità nazionali e regionali a far sì che l’adeguamento delle infrastrutture diventi un argomento di primaria importanza. A mio avviso, siamo ad un punto di non ritorno. Le case automobilistiche hanno già investito un capitale enorme e non c’è possibilità di tornare indietro”.

– Cosa consiglieresti ad un giovane napoletano che dovesse manifestare l’intenzione di studiare e lavorare all’estero nel tuo settore?“Il mio consiglio ai giovani è di osare ma anche di avere tanta buona volontà umiltà e pazienza. Il successo professionale richiede tanti sacrifici, ma soprattutto la volontà di mettersi in gioco uscendo dalla propria zona di comfort. D’altro canto, noi napoletani abbiamo una caratteristica indistinguibile, ovvero la capacità di adattarci e socializzare in ogni contesto. Fin da piccoli siamo abituati a “dovercela cavare” e questa è una qualità che non si impara facilmente tra i banchi di scuola”. 

– Quali sono i tuoi progetti futuri?” Dopo un’incredibile esperienza in McLaren, dove dirigevo la progettazione di auto sportive, ho deciso di prendere una pausa e ritornare a studiare. Mi ero reso conto che al di la’ dell’aspetto ingegneristico, una caratteristica imprescindibile per ogni leader aziendale e la capacità di analizzare il business e dettare nuove visioni strategiche. Ciò è vero, soprattutto, nel settore automobilistico che sta vivendo un periodo di notevole “distruption”. Fare un MBA era sempre un mio obiettivo e studiare all’ MIT è il sogno di ogni ingegnere. Durante il mio MBA ho avuto l’opportunità di imparare nuove nozioni di business e finanza ma soprattutto di conoscere tantissimi managers internazionali dai quali ho imparato nuove prospettive di leadership. Nel mio prossimo ruolo mi occuperò di consulenza strategica nel settore della mobilità ed avrò l’opportunita di lavorare con le più importanti aziende della Fortune 500 ed affrontare tantissime tematiche ad impatto ambientale tra cui elettrificazione, guida autonoma, connettività ed energie rinnovabili”.

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