Un vero e proprio terremoto giudiziario ha colpito il comune di Arzano, a causa della vicenda Amazon, approdata addirittura in Commissione Antimafia. In particolare, la Procura di Napoli Nord ha disposto la richiesta di rinvio a giudizio per l’ex dirigente comunale Giovanni Napolitano, per il tecnico di parte Francesco Napolitano e per la titolare della società Ariete S.r.l. Gaetana Canciello.
L’intensa attività d’indagine condotta dai carabinieri di Arzano, si è avvalsa dell’utilizzo di droni e risultanze investigative, con l’acquisizione di corposi incartamenti presso i comuni di Arzano e Frattamaggiore. Secondo l’accusa, l’ex dirigente Giovanni Napolitano aveva ricevuto dalla società ITB S.r.l., a gennaio del 2018, la richiesta di variante al PdC per la costruzione di un agglomerato industriale su Corso D’Amato ad Arzano e in parte anche a Frattamaggiore.
Inoltre, a settembre dello stesso anno, in violazione delle norme di legge, comminava una sanzione pecuniaria a carico della Canciello, quale responsabile della società Ariete S.r.l. Poi, visto che nel frattempo subentrò alla ITB S.r.l., procurava intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale a Gaetana Canciello, in qualità di rappresentante legale della suddetta società, consistito nell’aver dato alla medesima la possibilità di edificare l’opificio in questione, destinato ad ospitare la multinazionale conduttrice, non potendo egli far ricorso al disposto del succitato articolo 20.
Tuttavia, è sotto indagine anche il tecnico e collaudatore di parte Francesco Napolitano, accusato di abuso in concorso e falso ideologico per aver attestato falsamente e agendo in tempi diversi, a seguito di diversi sopralluoghi presso la struttura e il collaudo statico dell’edificio, depositando apposito certificato presso il Genio Civile. Quindi, per far ciò, avrebbero utilizzato tale certificato di collaudo allegandolo alla SCA, pur essendo consapevoli che lo stesso, non fosse idoneo a certificare l’agibilità dell’immobile.
Pertanto, lo stabile veniva concesso in affitto alla società Amazon Italia s.r.l., la quale consentiva illecitamente che all’interno dell’immobile, vi fosse esercitata l’attività da parte della società conduttrice.