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Metodo Zelensky: l’efficacia comunicativa ai tempi della guerra

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UCRAINA – Mentre l’invasione russa in Ucraina prosegue non senza difficoltà, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non cessa di promuovere e sostenere le ragioni a difesa del proprio popolo e della propria terra. Nel piano strategico utilizzato dal premier di certo la comunicazione è il mezzo per eccellenza.

Si può dire con sicurezza che nel primo mese di guerra il conflitto non si sia svolto unicamente sul piano militare, ma anche mediatico. Inutile spiegare quanto questo in una epoca come quella odierna possa essere determinante. La comunicazione efficace infatti può garantire una precisa immagine ad un personaggio politico come ad un Paese ed assicurare un certo seguito o meno alle ragioni che spingono il primo al compimento di talune azioni.

Nel caso di specie, parliamo di due esponenti quali Putin e Zelensky, quest’ultimo dapprima della guerra conosciuto da ben pochi (ed in alcuni casi deriso a causa delle sue origini da attore comico). I due metodi comunicativi sono diametralmente opposti. Basti pensare che mentre il primo si è sempre mostrato con una certa formalità e distanza, anche fisica (si pensi al vertice russo con il Ministro delle Finanze e la Direttrice della Banca Centrale), il secondo ha dimostrato una maggiore vicinanza dovuta soprattutto all’emotività manifestata durante i suoi discorsi ed ai riferimenti diretti ai propri interlocutori.

In altre parole, Zelensky si è sempre esposto con particolare concisione, incisività ed evocazione. Spesso crudo nelle affermazioni, non ha mancato di rivolgere qualche rimprovero quando ritenuto necessario. Altro elemento che di certo non può sfuggire alla nostra attenzione riguarda le vesti con cui il presidente ucraino si è palesato. L’ex attore, infatti, si è presentato sempre in abiti militari, quasi immedesimandosi nei soldati al fronte, e liberandosi di qualsiasi fronzolo. Inoltre, il presidente non ha abbandonato Kyiv, se non per visitare altre località in situazione di esigenza, mostrandosi all’interno di video nei quali incitava la cittadinanza con interventi estremamente motivazionali ed in alcuni casi addirittura commoventi.

L’ars oratoria del premier è comprensibile soprattutto con riguardo ai suoi interventi presso i parlamenti e le assemblee nei quali è foriero di una preghiera di aiuto. Le richieste sono pretese con estrema dignità seppur domandate nel quadro di un racconto di morte e devastazione. A coinvolgere gli interlocutori sono anche gli immancabili riferimenti alla storia della nazione in cui si espone. Ulteriore elemento non passato inosservato sono le citazioni dei grandi uomini della storia:

Combatteremo nelle foreste, nei campi, sulle coste e nelle strade“(in allusione a Churchill); “I have a dream, i nostri cieli chiusi ai russi” (in rimando a Martin Luther King); “Signor Scholz, Tear down this wall” (in richiamo alle parole usate dal Presidente Reagan) sono solo alcuni dei riferimenti che di certo rimarranno nella narrazione di questa tragica guerra.

Il portavoce di Zelensky, Sergey Nikiforov, ha dichiarato come la maggior parte del contenuto dei discorsi, sia scritto direttamente dal Premier stesso. Sono tuttavia due le figure fondamentali che provengono dallo studio Quartiere 95 e affiancano Zelensky: Yuiry Kostyuk, sceneggiatore della serie, vice capo dell’Ufficio del presidente il quale ha il compito di assisterlo nella scrittura dei discorsi e Andriy Yermak, produttore televisivo, nonché uno dei suoi consiglieri, che si occupa della valutazione delle strategie comunicative durante il periodo bellico.

In conclusione possiamo dichiarare, senza alcuna incertezza, che se questa fosse una battaglia mediatica Zelensky avrebbe sicuramente la meglio.

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Corte penale internazionale: mandato di arresto internazionale per Netanyahu per ‘crimini di guerra’

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La Camera preliminare I della Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il premier israeliano Benyamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant nell’ambito della guerra a Gaza “per crimini contro l’umanità e crimini di guerra” commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024, giorno in cui la Procura ha depositato le domande di mandato di arresto”, riferisce una nota parlando di “un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza”.

La Camera preliminare I della Corte penale internazionale “ha emesso all’unanimità un mandato di arresto per Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, comunemente noto come Deif”, il capo militare di Hamas che Israele ritiene di aver ucciso in un bombardamento sulla Striscia di Gaza lo scorso luglio.

Lo si legge in una nota della Corte la quale spiega che, dopo ulteriori richieste di informazioni a Israele e Palestina, la Camera preliminare “non è in grado di stabilire se Deif sia stato ucciso e sia ancora in vita”. Pertanto, ha emesso il presente mandato d’arresto contro Deif “per presunti crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi sul territorio dello Stato di Israele e dello Stato di Palestina almeno dal 7 ottobre 2023”. La nota ricorda inoltre che la Procura aveva chiesto anche l’arresto di “altri due importanti leader di Hamas, vale a dire Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar”, ma le richieste sono state ritirate “dopo la conferma della loro morte”. “L’accusa – prosegue la nota – continua a indagare sui crimini nel conflitto in corso e prevede che verranno presentate ulteriori domande di mandato d’arresto”.

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Corte dell’Aja, Shell vince in appello contro gli ambientalisti

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I giudici olandesi hanno respinto l’appello da parte di gruppi ambientalisti che sostenevano che il gigante petrolifero Shell non faceva abbastanza per tagliare le proprie emissioni di gas serra, annullando una decisione storica del 2021.

“Il giudizio finale della corte è che il ricorso di Milieudefensie (ong ambientalista, n.d.r.) non può essere accolto. La Corte d’Appello annulla quindi il giudizio originale”, ha detto la giudice Carla Joustra alla Corte d’Appello dell’Aja. 

Un tribunale olandese di primo grado tre anni fa fa aveva stabilito che Shell doveva ridurre le sue emissioni di carbonio del 45% al 2030, poiché stava contribuendo ai “terribili” effetti del cambiamento climatico. Sia Shell che i gruppi ambientalisti avevano fatto appello. La sentenza del 2021 era stata vista come una vittoria storica per gli attivisti del clima che avevano fatto causa: Milieudefensie, la branca olandese di Friends of the Earth, e altri sei gruppi. 
I giudici di appello hanno sostenuto invece che “Shell sta già facendo che quello che ci si aspetta”. La società “deve dare un contributo appropriato agli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi – ha detto la giudice Joustra -. Tuttavia, la legislazione climatica esistente non fornisce una percentuale specifica di riduzione per le singole società”.

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“Una pizza numero 40, per piacere” e arrivava la cocaina: tre persone in manette

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La polizia tedesca ha smantellato un caso che sembra uscito direttamente da un film.

Al centro dell’indagine, una pizzeria di Düsseldorf, utilizzata come copertura per il traffico di cocaina nascosta sotto le pizze.

Tutto è iniziato a marzo, quando un ispettore del lavoro ha rinvenuto tracce di cocaina nella cucina del locale, scatenando l’intervento delle forze dell’ordine, che hanno rivelato un sistema ben organizzato.

I clienti che ordinavano la pizza numero 40 ricevevano non solo la pizza, ma anche la droga nascosta sotto di essa.

Sebbene i dettagli sugli ordini e i costi non siano stati resi noti, è emerso che il proprietario, un 36enne di origine croata, era coinvolto in una rete criminale.

La scorsa settimana, la polizia ha arrestato tre persone, tra cui un giovane tedesco di origine russa, considerato il capo dell’organizzazione. L’operazione ha portato al sequestro di 1,5 kg di cocaina, 400 g di cannabis, 280.000 euro in contanti, orologi di lusso e armi, trovati nell’appartamento del proprietario.

Nonostante un breve rilascio, il titolare ha ripreso le sue attività illecite, fino a quando, in agosto, è stato arrestato definitivamente e la pizzeria è stata chiusa.

Le indagini hanno rivelato che l’organizzazione gestiva anche serre di cannabis in diverse proprietà, tra cui una a Mönchengladbach con 300 piante. L’operazione, che ha coinvolto oltre 150 agenti e perquisito 16 proprietà in 9 città, ha smantellato l’intera rete criminale.


(fonte: worldy.it)

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