Coronavirus

Crisanti: “Col covid si rischiano 60 mila morti l’anno”

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Dal 31 marzo finirà lo stato di emergenza che ci ha accompagnato nei due anni di pandemia. Andranno a scemare anche alcune misure restrittive come l’utilizzo della mascherina anche se i contagi in Italia sono ancora alti (soltanto ieri si sono registrati oltre 30 mila casi e 95 decessi).

Per questo il professor Andrea Crisanti invita tutti a non abbassare la guardia sul covid. Ospite in collegamento della trasmissione Agorà su Rai3, il microbiologo dell’Università di Padova ha dichiarato che bisogna proteggere i fragili:

“Se continuiamo con circa 100-150 morti al giorno, arriveremo in un anno a 60.000 decessi, collocando il Covid come prima causa di morte in Italia. Siamo passati ad un virus con un’indice di trasmissione 2, ora invece siamo a 12/15 come il morbillo. C’è un aumento dei contagi nei più giovani perché la variante Omicron infetta anche i vaccinati, dopo un mese dal vaccino, protegge solo contro le complicazioni. La Cina contro Omicron 2 sta ritornando al lockdown. Bisogna capire cosa fare per diminuire i decessi, il problema riguarda solo i fragili. E questi morti non sono giovani non vaccinati, ma per lo più anziani su cui il vaccino non ha avuto efficacia. Quindi possiamo ridurlo solo proteggendo i fragili dal contagio“.

Sulla quarta dose di vaccino:

Il vaccino ha diminuito la probabilità che un anziano sviluppasse una forma grave ma permette una copertura contro la trasmissione molto bassa, che dopo tre mesi cala al 30%, anche se prosegue per le complicanze di malattia. Nel frattempo, però, abbiamo un virus che ha un indice di trasmissione altissimo, pari al morbillo, con il quale tutte le misure di distanziamento sociale non funzionano. Questo significa che bisogna proteggere i fragili dal contagio, perché i 120-150 morti al giorno non sono no vax ma, nel 95% dei casi, sono fragili e vaccinati, questo significa che l’obiettivo è diminuire le possibilità di contagio di queste persone, innanzitutto facendo la quarta dose. Ma questa non deve essere un alibi, perché gli immunocompromessi possono non reagire neanche a 5/6 dosi. Se un fragile deve andare a lavoro, deve avere la possibilità di fare lo smartworking“.

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