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Ucraina, la giornalista russa no war a Che Tempo Che Fa: “Adesso mi sento sola”

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Si è pubblicamente opposta all’invasione russa in Ucraina, facendo irruzione lo scorso 14 marzo nello studio del tg serale di Canale Uno, principale emittente russa, mostrando un cartello di protesta, per il quale rischia una pena di 15 anni di carcere. Si tratta della giornalista russa Marina Osyannikova, che ospite nella serata di ieri di ‘Che Tempo Che Fa’, la trasmissione condotta da Fabio Fazio su Rai3, ha così dichiarato:

“Adesso le informazioni in Russia sono davvero ridotte, perché in Russia tutti i mass media dell’opposizione sono bloccati o chiusi e lo stesso, lo è anche per anche i social. Attualmente i russi, non sanno dove trovare informazioni veritiere, perché hanno soltanto a loro disposizione i canali dello Stato. Mi sento sola, perché dopo quest’incidente alla televisione nessuno mi ha chiamato, mi ha scritto una sola persona e mi ha mandato una parola di sostegno, ma tra persone più vicine a me, nessuno mi ha chiamato. Le notizie del telegiornale, in Russia, vengono ora trasmesse con un minuto di ritardo”.

Poi, aggiunge: “Secondo le ultime indagini sociologiche, il 50% della popolazione russa sostiene questa guerra e il 50% è contro e queste, sono delle indagini indipendenti. Ma se vediamo le indagini fatte dai centri nazionali il quadro è diverso e si parla del 70% a favore di questo intervento, ma dobbiamo ricordare che sono persone che hanno ricevuto il lavaggio del cervello dalla propaganda nazionale. Adesso dalla mattina alla sera, abbiamo degli show politici dove si parla male dell’Ucraina e dove si dice che questo Paese deve scomparire. Le persone sono ‘zombizzate’ da questa propaganda”.

Infine, conclude dicendo: “Le sanzioni colpiscono duramente non solo gli oligarchi, ma tutti i russi, anche la classe media che guarda a Occidente. La russofobia è al massimo. E questo umore, potrebbe provocare una reazione opposta. Serve il dialogo, magari attraverso la cultura. Per questo, credo sia l’approccio sbagliato censurare le cose appartenenti alla cultura russa”.

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