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Effetto Covid, anoressia e bulimia registrano il +40% dei casi. Pericolo soprattutto in età adolescenziale

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ITALIA – Spesso scambiata per capriccio, talvolta per vanità, altre per forma di suscettibilità a degli stereotipi modaioli, poche volte viene chiamata malattia. I disturbi del comportamento alimentare, si parla di anoressia e bulimia in testa, sono una problematica sempre maggiore e che, se qualche anno fa sembrava aver subito una botta d’arresto, ora pare invece progredire esponenzialmente.

La causa potrebbe essere rinvenuta nelle molteplici criticità dello stare a casa, infatti proprio durante la crisi pandemica si è assistito ad un dato sconcertante: +40% dei casi di bulimia ed anoressia. Si tratta, dunque, dell’ennesimo effetto del Covid-19 che faticheremo a dimenticare soprattutto per i postumi.

Il 15 marzo si è celebrata proprio la Giornata dedicata al Fiocchetto Lilla, simbolo celle malattie multifattoriali. I disturbi alimentari partono da una voce interiore, che grida e non sempre trova ascolto. E allora c’è il baratro del viverle in solitudine, nell’isolamento che deriva da una percezione alterata di se stessi e che comporta vergogna e un affezione particolare alla proprio morte.


I numeri – venuti finalmente alla luce dopo un faticoso percorso di riconoscimento dei Dca – sono drammatici: li certifica l’Istituto superiore di sanità che ha realizzato la mappatura – sempre in divenire ed estremamente eterogenea – dei 108 centri di assistenza in #Italia. Una rete ancora piena di “buchi”, ulteriormente drenata in termini di personale dall’imbuto Covid che ha richiamato tanti operatori impegnati altrove e che fatica a intercettare e soddisfare il carico delle richieste di aiuto. Tanto più oggi, se si pensa che il Covid con il suo portato di stress e chiusure ha prodotto una vera e propria pandemia nella pandemia

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