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Lavoro

Women in Work Index 2022 in peggioramento per la prima volta nella storia

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ITALIA – La Giornata Internazionale della Donna è un’occasione utile per ricordare i progressi e i risultati ottenuti nella battaglia per i diritti femminili e per ribadire quelli ancora da consolidare, in ogni parte del mondo, per ottenere la parità di genere.

In molti paesi, oggi vengono indetti scioperi generali per sollevare l’attenzione pubblica su quanto ancora c’è da fare. Proprio quest’oggi, infatti, ad esempio, nella regione Campania c’è stato lo sciopero generale dei mezzi pubblici per protestare contro gli abusi sul posto di lavoro.

Secondo il Women in Work Index 2022, lo stato dei diritti femminili nel mondo del lavoro vive un momento di regressione. Da un lato, la pandemia da Covid-19 scoppiata nel 2020, dall’altro, la recessione economica che ne è derivata, hanno influito pesantemente sul progresso verso la parità di genere, soprattutto in ambito lavorativo.

Per la prima volta in dieci anni, è stato rilevato un peggioramento dell’indice. Oltre 4,3 milioni di donne sono diventate disoccupate tra il 2019 e il 2020, determinando un calo della partecipazione femminile alla forza lavoro di un punto percentuale dal 2019 (attestandosi al 69%).

Secondo i dati elaborati da Pwc (Price Waterhouse Coopers) il paese più virtuoso è la Nuova Zelanda, che si attesta al primo posto del ranking. Il Paese invece vincitore per demeriti è il Messico, Stato in cui solo il 47% delle donne è impiegato in un lavoro rispetto al 79% degli uomini. Si ricordi che il divario non riguarda unicamente la quantità di donne impegnate in attività lavorative (c.d. labour force gap, in altre parole il divario partecipativo), ma anche la differenza di retribuzione attribuita ad un donna rispetto ad uomo che svolgono la medesima mansione (c.d. gender pay gap).

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Lavoro

Napoli, presidio a piazza Municipio degli ex Osa Napoli Servizi

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Si sono radunati in centinaia davanti alla sede del Comune di Napoli, per manifestare, attraverso uno sciopero e un presidio pacifico, il proprio malcontento nei confronti di quello che ritengono un atteggiamento “approssimativo e discriminatorio nei confronti dei lavoratori, con conseguenze pesantissime sulla loro vita”.

L’iniziativa è stata promossa dalla Fisascat Cisl di Napoli ed ha coinvolto i dipendenti della Napoli Servizi appartenenti all’ex settore Osa.

La mobilitazione, si legge in una nota, «è stata organizzata per denunciare i motivi di conflitto verso la società partecipata del Comune di Napoli. In discussione la riorganizzazione che non prevede un piano industriale; la questione relativa alla sicurezza sul lavoro e la salute dei dipendenti messi a rischio nel passaggio delle mansioni; la presenza di un mansionario non in linea con il Ccnl e infine la delicata vicenda legata ai livelli di inquadramento inferiori e cambio orario di lavoro».

«Siamo arrivati allo stremo, ci stanno colpendo nella nostra dignità – ha detto Pietro Contemi, segretario Fisascat Cisl – l’amministrazione comunale deve prendere atto che questo management va cambiato e si debba ristabilire le regole contrattuali».

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Cronaca

Non si ferma la protesta degli OSS di Gesco: oggi sit-in in piazza Garibaldi

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Con i cori «Giù le mani dal sociale» e «Il lavoro non si tocca», questa mattina si è spostata alla Stazione Centrale di Napoli la vertenza degli operatori sociali che da due settimane sono in piazza tutti i giorni contro i licenziamenti forzati voluti dalla Asl Napoli 1 Centro per 300 operatori di un raggruppamento di cooperative sociali con capofila Gesco.

Una manifestazione pacifica che si è conclusa con un corteo che ha fiancheggiato i binari ferroviari, per spostarsi poi fuori la linea 1 della metropolitana in piazza Garibaldi
“Ad una settimana dal 31 ottobre data che vedrà definitivamente 300 operatori espulsi dal lavoro per volontà della Asl Napoli 1 Centro – ha spiegato il presidente di Gesco Giacomo Smarrazzo – ancora nessun segnale concreto ci è giunto dall’Asl”.

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Attualità

Diritto alla disconnessione, stop a mail e telefonate fuori dall’orario di lavoro

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La proposta di legge depositata alla Camera da un gruppo di parlamentari del Pd mira a definire il diritto alla disconnessione anche in Italia.
Il progetto di legge definisce come comunicazione “qualsiasi forma di contatto tra datori di lavoro e lavoratori o tra lavoratori effettuata tramite telefono, mail, servizi di messaggistica istantanea o piattaforme di collaborazione”.

Inoltre viene rimarcato il diritto a non ricevere comunicazioni fuori dall’orario di lavoro e, in ogni caso, per un periodo minimo di dodici ore dalla fine del turno lavorativo. In caso di urgenze il lavoratore è tenuto a leggere le comunicazioni e ad adempiere ai propri obblighi solo alla ripresa dell’orario lavorativo.

Secondo il progetto di legge, inoltre, dovrebbero essere i datori di lavoro a dover fornire gli strumenti digitali, con i relativi costi di gestione a carico, nelle imprese con più di quindici dipendenti dove le comunicazioni di servizio e la prestazione lavorativa avvengono prevalentemente attraverso strumenti digitali.

Ma chi ne beneficerebbe? Oltre a tutti coloro che non hanno il diritto definito dal proprio contratto, ne beneficerebbero anche lavoratori autonomi e professionisti: a questo proposito ordini e associazioni professionali sarebbero tenuti ad adeguare i propri codici deontologici entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge.

Il primo firmatario di questa proposta di legge, Arturo Scotto, ha dichiarato: “È un diritto di ciascun lavoratore e ciascuna lavoratrice poter chiudere al termine del turno il proprio rapporto con il lavoro, perché nessuno può vedere sacrificato il proprio tempo di vita sulla base esclusivamente del volere del datore di lavoro”.

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