Non è stato ancora celebrato l’11esimo anniversario della morte di Sarah Scazzi e già Sabrina Misseri e Cosima Serrano potrebbero usufruire di “permessi premio”, comportandosi da “detenute modello”.
Il 21 febbraio 2017 la Corte di Cassazione ha messo il sigillo giudiziario del fine pena mai su sulla cugina e sulla zia della giovanissima Sarah ma l’ergastolo non ostativo inflittogli e la parte di condanna già scontata, ora permetterebbero alle due donne, decorsi 10 anni dall’inizio della loro detenzione, di beneficiare di permessi premio.
La personalità di Sabrina Misseri è stata tratteggiata all’unisono in tutti e tre i gradi di giudizio.
In via definitiva, difatti, i giudici hanno messo nero su bianco come la stessa non meritasse alcun sconto di pena “per le modalità commissive del delitto” e per “la fredda pianificazione di una strategia finalizzata, attraverso comportamenti spregiudicati e fuorvianti, al conseguimento dell’impunità”.
In termini più concreti, Sabrina ha dimostrato una particolare abilità nel costruire alibi ineccepibili nei concitati momenti successivi all’omicidio.
È riuscita, almeno in una prima fase, a virare l’informazione verso false piste investigative che potessero in qualche modo scagionarla.
Per oltre 40 giorni, si è prodigata nel rilasciare un numero indefinito di interviste a televisioni locali e nazionali, mettendo in atto una vera e propria strategia di manipolazione mediatica. Strategia a cui si è allineata la confessione del padre, Michele Misseri che, seppur distorta e poco credibile, si è trasformata nel cavallo di battaglia di Sabrina per difendere la propria posizione e quella della madre Cosima.
Di matrice opposta, invece, è stata la condotta di quest’ultima che, pur avendo avuto un ruolo determinante nel delitto, ha scelto di trincerarsi dietro il silenzio e di lasciare la luce dei riflettori alla figlia.
La vicenda giudiziaria che ha avuto ad oggetto la morte della piccola Sarah Scazzi sembra però non avere fine. Difatti, a mescolare nuovamente le carte in tavola è stata la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha dichiarato l’ammissibilità del ricorso presentato dai legali di Cosima Serrano e Sabrina Misseri.
Una simile ammissibilità, però, significa, per il momento, soltanto che sono state pedessiquamente rispettate le rigide procedure richieste per la relativa presentazione. Si tratta comunque di un traguardo non di poco conto, considerando che, nella quasi totalità dei casi, tali tipi di ricorso vengono rigettati.
Per la revisione del processo, dunque, bisognerà attendere che i giudici della Corte Europea entrino nel merito e quindi valutino se, come sostenuto dai legali, nel processo a carico di Sabrina Misseri e Cosima Serrano, vi sia stata violazione del diritto all’equo processo per carenza di contraddittorio e per nocumento del diritto alla difesa.
La risposta positiva di Strasburgo risale al 2018 e, tenendo presente che i tempi per la discussione delle cause di questo tipo si aggirano intorno a tre anni, la chiamata dall’Europa potrebbe essere prossima.
In aggiunta, i legali potrebbero giocarsi anche la carta delle recenti assoluzioni di Ivano Russo e Michele Misseri per mettere nuovamente in discussione la colpevolezza delle loro assistite.
Intanto, però, l’ergastolo non ostativo inflittogli e la parte di condanna già scontata, ora permetterebbero alle due donne, decorsi 10 anni dall’inizio della loro detenzione, di beneficiare di permessi premio.
L’ordinamento italiano, difatti, consente di ottenere i medesimi per quindici giorni consecutivi e ripetuti fino a tre volte in un anno, laddove il detenuto dimostri di non essere socialmente pericoloso. E Sabrina e Cosima, dicono i legali, sono detenute modello e trascorrono le loro giornate lavorando nella sartoria del carcere di Taranto, ove cuciono abiti e, in questo periodo di emergenza sanitaria, anche mascherine. La giovane Misseri avrebbe anche ottenuto l’abilitazione come parrucchiera e si adopererebbe nel centro estetico del penitenziario. Dunque, i tempi sembrerebbero maturi perché le due donne tornino ad assaporare un briciolo di libertà.