“Il tempo a disposizione per fermare la catastrofe del cambiamento climatico sta pericolosamente avvicinandosi alla fine“, così Alok Sharma, presidente di turno della conferenza Onu sul clima COP26, presentando i risultati del rapporto delle Nazioni Unite e sottolineando che “non possiamo permetterci di aspettare ancora due anni, cinque anni, 10 anni: questo è il momento di agire“.
Il più importante organismo mondiale sul climate change ha diffuso un atteso rapporto scientifico: si tratta del pacchetto di conoscenze più completo e aggiornato sul tema. Un documento fondamentale in vista della Cop26.
Il documento conferma, sempre più nettamente, che a causare il riscaldamento globale sia l’uomo. La ragionevole certezza che alcune delle conseguenze siano irreversibili, soprattutto per quanto riguarda il mare. E le previsioni per i prossimi decenni, con gli scenari più ottimisti che passano da una via molto stretta.
Sono questi, in sintesi, i contenuti del sesto rapporto dell’Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), il più importante organismo mondiale sui cambiamenti climatici.
Il testo è un campanello d’allarme che migliaia di scienziati suonano per i leader mondiali chiamati nei prossimi mesi a sedersi al tavolo delle trattative.
Ciò che colpisce di più gli scienziati è l’accelerazione di alcuni cambiamenti. Negli ultimi decenni, spiega il rapporto, la temperatura è cresciuta a una velocità che non ha eguali negli ultimi duemila anni. Un riscaldamento causato dalle emissioni di gas serra delle attività umane con concentrazioni mai riscontrate negli ultimi 800mila anni.
Le conseguenze dirette vengono riscontrate su ghiacciai e mari: l’estensione dei primi ha raggiunto il minimo rispetto agli ultimi mille anni, mentre dal 1901 a oggi l’innalzamento degli oceani è stato di 20 cm con una crescita molto più rapida negli ultimi anni.
Il rapporto dell’Ipcc si sofferma anche sugli effetti della pandemia: i lockdown in giro per il mondo hanno permesso di condurre una sorta di esperimento impensabile in condizioni normali. Gli scienziati hanno riscontrato che, a una temporanea e improvvisa riduzione delle emissioni, è corrisposto un miglioramento della qualità dell’aria. Non c’è stato però alcun effetto apprezzabile sulla temperatura. Una conferma, insomma, che per contrastare il riscaldamento bisogna arrivare a una completa decarbonizzazione.
Intanto eventi estremi come quelli che stiamo vedendo nelle ultime settimane in tutto il mondo, dalle ondate di calore alle precipitazioni, saranno sempre più intensi e frequenti.
“Alcune conseguenze dei cambiamenti climatici in atto sono irreversibili su scale temporali nell’ordine dei centinaia di anni”, ha spiegato Susanna Corti del Cnr, una dei tre scienziati italiani che hanno contribuito alla stesura del rapporto.
Continuando “Questi cambiamenti riguardano in particolare l’oceano, il ghiaccio marino artico e il livello del mare che continuerà a salire nel corso del ventunesimo secolo”.
Lo scenario più ottimista preso in considerazione dall’Ipcc passa dal raggiungimento della neutralità climatica nel 2050. Solo in questo caso è molto probabile che la temperatura rimanga sotto ai due gradi entro la fine del secolo. Una soglia critica già fissata dalla Conferenza di Parigi. Da questi obiettivi e dai dati di questo rapporto riparte la discussione per la prossima conferenza dell’Onu, quella che si terrà a novembre a Glasgow organizzata da Regno Unito e Italia.