Non finiscono le sorprese in assemblea nel Comune più cementificato d’Italia: un Consiglio Comunale durato oltre 4 ore, all’insegna delle polemiche, con tante sospensioni durante le quali non sono mancate parole grosse, monopolizzato dai consiglieri di opposizione (nell’ordine, per durata di interventi, Palmentieri, Puzone, Maglione) e una maggioranza ridotta al solo assessore esordiente Barba e un imbarazzato consigliere Del Prete a cercare di dargli man forte, nel patetico tentativo di attutire, senza molto successo in verità, l’impatto delle contestazioni mosse.
Contestazioni, quelle di Palmentieri, che puntano il dito su regolamenti scritti con le appendici inferiori, in totale spregio al lavoro svolto nelle relative commissioni.
Errori grossolani che certificano ulteriormente (se ancora ce ne fosse bisogno) la totale incapacità di una classe dirigente che anche in Consiglio ricorre puntualmente al parere dei tecnici, per pigrizia o più semplicemente per totale inettitudine.
Maglione torna alla carica con la questione della presunta usurpazione del marciapiedi nei pressi di un centro commerciale, chiedendo ulteriori chiarimenti sulla questione già sollevata nella precedente seduta.
Puzone rivendica il rispetto dei ruoli istituzionali e una comunicazione trasparente, come previsto dal Regolamento, in alternativa alle segrete riunioni di Palazzo, prassi ormai consolidata di questa amministrazione.
Chiede inoltre lumi sulla percentuale della raccolta differenziata e sul rispetto della convenzione e delle relative sanzioni comminate alla ditta incaricata del servizio per le evidenti violazioni. Il Sindaco, dal canto suo, assicura che si sta lavorando alacremente in tale direzione.
Rigorosamente a bordo campo, in questa partita senza vincitori, una nutrita panchina di silenti ed inconsistenti giocatori, quella della maggioranza. Che rispecchia alla perfezione, a ben vedere, il totale immobilismo di una squadra che gioca con troppi capitani, tra l’altro quasi senza indigeni. A dimostrazione che non sempre gli “stranieri” nelle formazioni costituiscono un valore aggiunto. Resta sempre più un’impresa, infatti, ascoltare le voci di buona parte dei componenti la compagine governativa, evidentemente eterodiretti da figure esterne.
Non si spiega, altrimenti, il palese divieto imposto di fatto agli stessi di esprimersi nel civico consesso, nonostante il consenso elettorale di tutto rispetto di gran parte degli astanti. Crolla, intanto, anche il mito della riduzione della TARI, vero e proprio cavallo di battaglia in campagna elettorale, adesso ridotto al ruolo di ronzino, imposta che viene invece estesa alle pertinenze, cosa fino ad oggi evitata sia dalle precedenti amministrazioni che dalla Commissione straordinaria, decisione che sancisce l’ulteriore fallimento di un’amministrazione ormai allo sbando.
Un’ulteriore tessera sottratta ad un cadente mosaico reso incomprensibile da contorni sempre più indefiniti.
Il leitmotiv? Il solito “ATTENDERE, PREGO”.
Il modo giusto per trasformare la culla della democrazia in gelido feretro.