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Napoli

Maradona. Parla l’ex preparatore: “Quella volta che i Giuliano scortarono l’Argentina a Napoli”

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Fernando Singnorini ex preparatore atletico del Napoli di Maradona, ha dichiarato e raccontato , durante un intervista al noto quotidiano argentino Nacional, le vicende di DIego Armando Maradona, dalla sua dipendenza di cocaina ai rapporti con i clan cammorristici di Napoli.

Sulla questione droga, Fernando Signorini ha dichiarato: “Dissi al medico del Napoli dei problemi di Diego e lui mi indirizzò presso un centro di recupero di Castellammare di Stabia. Parlai con il responsabile che ci invitò a partecipare alla terapia di gruppo. Non accadde nulla: tutti sapevano della dipendenza di Diego ma nessuno decise di agire

L’ex preparatore atletico ha poi raccontato dei rapporti tra Diego e la camorra:” Una volta lo trovammo al campo Paradiso di Soccavo a guidare i cori dei tifosi per Diego, che era rientrato in ritardo dall’Argentina: lui era il capo della tifoseria (…). Ricordo quando uscimmo dall’albergo di Napoli per andare a giocare la partita contro l’Italia al San Paolo nel ’90: Carmine Giuliano era sulla prima moto che ci faceva da scorta. Come si ricorderà, fu in casa dei Giuliano che Maradona venne ritratto nella vasca da bagno a forma di conchiglia”.

Poi ha raccontato della vicenda legata al divorzio tra Diego e il Napoli: “Nella settimana prima di quella partita Napoli-Bari Diego era stato male per tre giorni. La domenica mattina decise di andare comunque campo Paradiso e poi di giocare. Si sentiva bene, pensava di essere pulito ma non aveva fatto i conti con i metaboliti e con il fatto che il Napoli si era stancato. C’era di mezzo anche l’eliminazione dell’Italia, quindi se non fosse stato per quella partita sarebbe stato per la successiva”.

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Cronaca

Truffe ad anziani in tutto il Sud Italia, sgominata la centrale dei “finti carabinieri”

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Maxi operazione dei Carabinieri nel cuore di Napoli, dove i militari del Comando provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dei colleghi partenopei, hanno sgominato una ‘centrale delle truffe’, con base operativa nei pressi di Porta San Gennaro, ma che operava in tutto il Sud Italia.

L’operazione è stata avviata dai Carabinieri di Reggio Calabria grazie a una segnalazione su una truffa avvenuta lo scorso maggio a San Giorgio Morgeto, piccolo centro della provincia di Reggio Calabria. Nei guai due pregiudicati che, utilizzando l’ormai consueto metodo del ‘falso carabiniere’, avevano raggirato un’anziana signora, invalida al 100%, convincendola a consegnare tutti i gioielli che custodiva in casa.

Per persuaderla, avevano inscenato un falso incidente stradale in cui sarebbe stato coinvolto il nipote, e avevano richiesto una finta cauzione per evitare l’arresto del giovane. Spaventata e preoccupata per il nipote, la donna ha ceduto i suoi preziosi, ricordi di una vita, per un valore stimato superiore ai 40mila euro.

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Cronaca

Droga e telefonini in carcere, beccati i corrieri

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Stamane è in corso un’operazione della Polizia a Napoli, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale partenopeo, su richiesta dalla Procura. Quindi sono 12 le persone ritenute, a vario titolo, gravemente indiziate dei reati associativi di traffico di droga e l’accesso indebito di cellulari per i detenuti. I reati scoperti sono aggravati dal metodo mafioso.

Lo scorso settembre il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha tenuto una conferenza stampa in seguito al blitz contro i clan casertani. “I detenuti continuano a comunicare dal carcere, a mandare video di feste e compleanni, riescono a comunicare tra di loro e quando ho proposto di comprare i jammer almeno nelle carceri di alta sicurezza, non sono stato ascoltato, mi hanno detto che fanno male alla salute“. Gli jammer sono inibitori di segnale che costano ognuno 60mila euro.

Mi è stato detto – ha aggiunto il magistrato calabrese – che la penitenziaria deve comunicare con il telefonino, mi risulta invece che c’è un telefono con il filo per chiamare i superiori e gli uffici. Non avendo preso provvedimento seri, per ora vengono usati in alcune carceri l’inibizione dei droni anche se poi nella realtà sono già stati usate anche delle contromisure per inibire gli inibitori di droni“.

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Cronaca

“Renà non mi lasciare”, le ultime parole di Arcangelo Correra

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Prima di perdere i sensi avrebbe detto “Renà non mi lasciare”, Arcangelo Correra, il 18enne morto sabato scorso in ospedale dopo essere stato ferito a morte alla testa da un colpo di pistola esploso dall’amico Renato Caiafa di 18 anni che, a suo dire, stava maneggiando una pistola trovata poco prima sulla ruota di una macchina parcheggiata.
Il giovane ha voluto riferire la circostanza stamattina nel corso dell’udienza di convalida del fermo emesso dalla Procura di Napoli (pm Capasso) e notificato dalla Polizia di Stato; fermo che poco fa il gip non ha convalidato disponendo comunque la detenzione in carcere per l’indagato.

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