Lisa Ginzburg, romana, scrittrice, traduttrice e filosofa, con il libro CARA PACE, edito da Ponte alle Grazie, è tra i dodici finalisti della LXXV Edizione del Premio Strega.
Lisa, quali strade ti hanno portata alla scrittura?
C’erano moltissimi libri in casa, una nonna famosa scrittrice, e sin da bambina l’idea che scrivere fosse il massimo della libertà, la conquista di un’autonomia come solitudine abitata, un modo di stare per conto mio e dialogare con me stessa ma senza mai sentirmi sola. Ho scritto le mie prime (e quasi ultime) poesie a sette anni, poi in modo sporadico dei racconti sino ai trent’anni quando mi sono decisa a dedicarmi alla scrittura in modo completo. Per gran parte della mia vita ho tenuto dei diari, fiumi di pagine di decine e decine di quaderni, un’attività che ho interrotto solo da qualche anno. Direi dunque che alla scrittura mi hanno portato strade famigliari ed ereditarie ma anche strade personali, une necessità di esprimermi che ha trovato naturalmente in me questa forma. La coesistenza di eredità e scelta personale è stato qualcosa di difficile da districare, perché molte volte mi sono chiesta se diventare scrittrice fosse un mio vero desiderio o invece qualcosa di scontato, di “congenito” e quindi di non profondamente vero, e trovare la risposta (che è: “sì, questo davvero volevo, questo davvero sento di essere”) ha impiegato un tempo lunghissimo.
Quali sono stati e sono i tuoi fari letterari?
Tanti. Le mie prime letture sono state francesi (Lautrémont, Victor Hugo, Stendhal) ma si aggiungono Elsa Morante, Virginia Woolf, i primi romanzi di Abraham Yehoshua, le poesie del greco Yannis Ritsos, e molto altro – potrei continuare a lungo. Di Virginia Woolf lessi l’opera completa in un’estate della mia adolescenza che mi ha cambiato letteralmente la vita.
CARA PACE è un romanzo di intensa complessità emotiva, in cui hai esplorato il tema dei legami familiari, quelli viscerali ed in particolare il rapporto di due sorelle, Maddalena e Nina. Due sorelle che crescono e rafforzano la propria unione nel naufragio della loro famiglia. “Orfane senza esserlo”, attraversano insieme le tempeste della vita e si evolvono: una specie di “provvida sventura” di manzoniana memoria?
Non so, e non direi che ci siano memorie letterarie nell’invenzione delle protagoniste del mio romanzo; la loro è una sventura, provvida, direi, solo nel senso che le fa diventare due donne intense e intensamente ancorate alla vita, e fortissimamente complici e solidali l’una con l’altra. Però il loro dolore, la ferita della loro infanzia di stranissime pseudo orfane è anche una disgrazia, un accidente indesiderato entro le cui pieghe si dipana la loro storia. Questa trama si è disegnata da sé, in mente, in principio, avevo solamente l’idea di restituire un’atmosfera famigliare, come tu dici, molto variegata e complessa dal punto di vista emotivo.
Il titolo del romanzo cela un suggestivo doppio senso: è sì un anelito alla pace, ma il carapace è la corazza che si frappone al dolore, una sorta di correlativo oggettivo di resilienza.
Sì, il doppio senso si è fatto strada, quello anche, da sé: in principio pensavo solo al carapace come guscio e scudo protettivo, come una “casa” che fosse anche una cassa di risonanza delle percezioni tratte dal mondo. Il secondo significato, la parola staccata “cara pace” come anelito a una non raggiunta serenità si è definito in un secondo momento, quando il libro aveva già preso corpo; solo allora ho compreso che quello e nessun altro sarebbe stato il titolo perché descriveva in pieno la contraddizione che fa da nucleo a Cara pace: proteggersi e cercare pace da soli, ma anche avere sempre in mente una speranza di serenità come orizzonte indispensabile e mai davvero raggiunto.
Nel romanzo hai dato vita a personaggi che hanno forte energia vitale; oltre alle due sorelle, penso a Gloria, la madre che ha compiuto una scelta forte, allontanandosi da una famiglia sgretolata. Forse sarà una curiosità banale, ma ti chiedo: come nascono, nella mente di chi scrive, personaggi dotati di una tale gamma di sfumature psicologiche (i cosiddetti round characters, per intenderci)?
Per me almeno, nascono in modo assolutamente spontaneo, attraverso prime visioni che sono come dei flash: “vedo” le loro figure, e mano a mano quelle stesse figure prendono corpo, si complicano, assumono una loro plasticità. La caratterizzazione psicologica, un po’ come succede nella vita, si definisce attraverso le relazioni. È quando pongo in rapporto e faccio dialogare le / i miei protagonisti tra di loro che i chiaroscuri prendono a delinearsi. Siamo esseri sociali, nonostante la vita di questo tempo sembri volerci dire il contrario. Siamo fatti di relazioni, di sguardi che riceviamo e fissiamo sugli altri; se viene a mancare l’ossigeno del raffronto con gli altri quasi non esistiamo. Così come un libro non esiste senza lettori: quella anche è una forma di rapporto, di dialogicità, e tra le più cruciali.
In CARA PACE Roma è una presenza incisiva, con i suoi paesaggi e le sue bellezze nostalgicamente vagheggiate. Tu vivi a Parigi da anni. Ti manca Roma?
Sì, mi manca molto e conto di tornare a viverci presto. Naturalmente è piena di difetti e di elementi di invivibilità, ma la sua bellezza mi incanta e mi nutre, la luce del cielo, la meraviglia del centro storico e di altri quartieri (compreso Monteverde dove ho ambientato il mio romanzo): una bellezza incomparabile e introvabile in altre grandi capitali del mondo.
A proposito del Premio Strega: ti aspettavi di essere inclusa tra i dodici finalisti?
No, lo speravo, ma non me lo aspettavo, io peraltro ero qualcuno che si aspettava moltissime cose in generale, ma con il passare degli anni e molte cose belle e brutte che mi sono successe ho imparato a non aspettarmi un bel niente, anzi direi che la vera forza d’animo è coltivare molto rapporto con l’inatteso, addestrarsi a non aspettarsi nulla.
Nella solennità di San Francesco di Paola, patrono della “Gente di Mare”, nella omonima Basilica Pontificia di Napoli, in piazza del Plebiscito, a Napoli, si è tenuta la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre, di terra, di cielo e del mare.
Numerosa la partecipazione di autorità civili e militari, tra cui il Viceprefetto di Napoli, Dario Annunziata, dell’Ammiraglio Ispettore della Marina Militare Pierpaolo Budri, del presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Napoli Antonio Varriale.
È stata deposta una corona in memoria dei caduti a cura dell’Anmi, mentre il Presidente della Delegazione Provinciale dell’Oncsc Alfredo Migliaccio ha ribadito lo spirito di cooperazione tra le componenti associative d’arma, che rendono viva la memoria di chi ha combattuto per garantire la nostra stessa esistenza.
I dazi di Trump “liberano l’America” ma fanno crollare i mercati, da Parigi (-3%) a Wall Street (-2,76%), con il Nasdaq in calo di oltre il 4%.
Milano lascia sul campo il 2,8%. Francoforte il 2%, Londra l’1,43%, favorita da tariffe più leggere rispetto agli altri Paesi, e Madrid l’1,23%. Il crollo del greggio (Wti -7% a 66,67 dollari al barile) e le tariffe commerciali sull’acciaio frenano Tenaris (-8,22%), Saipem (-6,86%), Prysmian (-5,08%), Antofagasta (-7,25%) e Anglo American (-6,44%).
“Le prospettive per l’export e l’impatto diretto e indiretto dei dazi sono un grosso motivo di preoccupazione“. Lo si legge nel resoconto (minute) della riunione della Bce del 5 e 6 marzo, che dà conto anche dei dubbi dei Governatori sul segnale da dare sui tassi d’interesse: i membri del Consiglio direttivo giudicavano “importante” che la comunicazione non dia un segnale in alcuna direzione in vista del meeting di aprile, “tenendo sul tavolo sia un taglio dei tassi che una pausa, in funzione dei dati in arrivo”.
Sempre più negozi cittadini chiudono con ricadute sull’occupazione. Se ne apre uno, abbassano la serranda tre, secondo un noto sindacale nazionale di settore. La crisi è stata acuita ultimamente dalle vendite on-line con consegna a domicilio, di questo passo si rischia che i centri urbani, senza più esercenti, diventino città-dormitori, più brutte, deserte e anche più pericolose.
“Assolutamente sì, è indispensabile un intervento dall’alto per fermare questa deriva che sta arricchendo sempre gli stessi colossi globali e impoverendo le economie locali. In Italia, il commercio fisico è stato lasciato senza strumenti per competere – dice Gaetano Graziano, Vicepresidente dell’associazione dei direttori dei centri commerciali – Altri Paesi – continua – hanno capito il rischio e hanno agito: la Francia ha imposto una tassazione sui giganti del web per riequilibrare la concorrenza, la Germania ha investito nel supporto tecnologico ai negozi e il Regno Unito ha ridotto le imposte sugli esercizi commerciali per abbattere i costi di gestione. Nel nostro Paese, invece, non si è fatto nulla di tutto questo, con il risultato che le chiusure aumentano e i centri urbani si svuotano. Senza una strategia nazionale che includa sgravi fiscali, incentivi per la digitalizzazione e una regolamentazione più equa per l’e-commerce, il commercio locale sarà destinato a scomparire, con conseguenze gravissime sul PIL, sull’occupazione e sulla qualità della vita nelle nostre città.”