La facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Napoli Federico II è stata occupata in queste ore.
A darne notizia è il Collettivo studenti dell’ateneo napoletano, che ha anche affisso uno striscione con la scritta “Lettere occupata. Studenti e lavoratori in sciopero” nel chiostro della sede di via Porta di Massa.
“E’ evidente che la Dad non può essere la risposta e che non può che essere considerata come una soluzione transitoria e assolutamente non confermabile di fronte a scelte che lasciano indietro gli ultimi e che condannano l’università al ruolo di esamificio, rimarchiamo quanto ci stiano a cuore la partecipazione, la possibilità di attraversare gli spazi e al contempo la cura collettiva e la salute di tutti, che siano studenti, personale Ata o dei docenti” hanno scritto gli studenti su Facebook.
Sottolineando poi “Riaprire le porte della facoltà significa restituire a tutti il primo dei luoghi del sapere di cui siamo stati privati”.
Nel lungo post gli studenti del Collettivo ricordano che è trascorso un anno dall’adozione delle prime misure di contenimento della pandemia e ritengono che sia stato fatto “pochissimo” per evitare la crisi sociale in atto.
“L’università e la scuola sono luoghi in cui la pandemia ha reso più evidenti le differenze sociali e la selezione di classe e non possono considerarsi avulse dalla realtà in cui sono calate”, sottolineano.
Entrando nel merito, si contesta il mancato rafforzamento del trasporto pubblico e la mancata assunzione di docenti per aumentare il numero delle classi e ridurre quello degli studenti per aula.
Visto lo scenario attuale, gli studenti chiedono “uno sciopero generale in grado di seminare conflitto e di dare centralità ai bisogni degli ultimi. Oggi come non mai, l’unione di lavoratori, disoccupati, precari e studenti rappresenta una condizione necessaria per non soccombere uno dopo l’altro separatamente. Facciamo questa scelta per prendere in mano il nostro presente e per costruirci un futuro. Non crediamo a candidati, politici e partiti e li invitiamo a star fuori dai nostri percorsi e di non venire a speculare sulle esigenze di partecipazione”.