L’intervista al Tg5 al Papa Francesco si apre con una parola importante, semplice ma fondamentale: “Grazie a te!”
E’ così che l’intervista inizia, con un grazie da parte del papa che come sempre si mostra umile, come quando venne eletto e si presentò dicendo “Arrivo dalla fine del mondo!“.
“Come si fa a trovare fiducia per ripartire?” gli viene chiesto. “La pandemia è stata una crisi di un ben lungo anno da una crisi mai si esce come prima, il problema è come uscire migliori e non peggiori. Se noi vogliamo uscire migliori sarà una strada se vogliamo uscire come prima sarà negativo. Come si esce migliori? I grandi valori ci sono sempre nella vita ma vanno tradotti nei momenti storici, nelle situazioni che si vivono”.
Continuando poi “Pensa ai bambini senza scuola e con fame. Ci sono delle statistiche spaventose, pensa ai bambini nati in guerra e cresciuti in guerra, non sanno cosa sia l’odore della pace. La domanda che ci dovremmo fare è come fare perché i bambini abbiano da mangiare e vadano a scuola. Noi siamo già nella III guerra mondiale, come si fa la strada della pace? Se noi vorremmo uscirne senza vedere queste cose sarà una sconfitta, sono dei problemi gravi: i bambini e le guerre. Dobbiamo uscirne sulle cose concrete. Nelle statistiche si dice che togliendo un mese di spese di guerra si darebbe da mangiare per un anno a tutta l’umanità. Per uscire migliori dalla crisi ci vuole realismo”.
“Anche lei farà il vaccino?” gli viene poi chiesto “Io credo che eticamente tutti dovremmo prendere il vaccino. È un’opzione etica, anche di ciò che è la vita degli altri. Si deve fare. Quando ero bambino c’era la poliomielite, poi siamo cresciuti all’ombra dei vaccini: se lo presentano i medici perché non dovrebbe andare bene? C’è un negazionismo suicida. Lo scandalo è non pensare agli altri, è un suicidio. Io capisco bene la gente, è un periodo difficile: o ci salviamo tutti o non si salva nessuno. Nessuno si salva da solo”.
Affermando poi “La fraternità è una parola importante, si deve pensare alla vicinanza, farsi vicino alla situazione, ai problemi delle persone. C’è questa cultura dell’indifferenza che distrugge perché allontana”.
Fa poi riferimento ad una foto nelle elemosinerie, di una donna che chiede l’elemosina ad una ricca che non la guarda neanche e spiega: “E’ l’indifferenza che ci uccide perché ci allontana. La parola chiave è la parola vicinanza, io mi avvicino alla gente che soffre, alla gente che è in difficoltà, pensiamo ai gesti di vicinanza, è questo che ci può aiutare”.
Si passa poi a parlare di politica “La classe dirigenziale ha il diritto di avere punti di vista diversi ma in questo tempo si deve giocare sull’unità, sempre. La lotta politica è nobile, i partiti sono strumenti, ciò che vale è l’intenzione di far crescere il paese ma se i politici sottolineano l’interesse personale e non l’interesse di tutti allora non sono all’altezza della situazione. Questo si chiama egoismo, è un modo diverso. E’ sempre l’unità ad essere superiore al conflitto: in questo momento i conflitti devono fare vacanze e bisogna sottolineare l’unità. Non è il momento della raccolta, è il momento di pace, è il momento di semina: io dico a tutti i dirigenti di cancellare per un tempo la parola io e dire la parola noi. Perdo l’opportunità ma la storia te ne darà un’altra. Davanti alla crisi tutti insieme”.
“Domandargli i suoi bisogni e risolverli. La vicinanza aiuta a risolvere i problemi. Gli usurai non si avvicinano per risolvere i problemi ma per trarne vantaggio. La speranza si semina con la vicinanza. Dobbiamo essere inventivi, audaci ed inventare strade di vicinanza. Se tu non ti avvicini non ti salverai, è così la vita: nessuno si salva da solo. Noi possiamo dire che questa è la cultura dello scarto, si scartano bambini non volendoli o mandandoli al mittente quando hanno malattie, prima della nascita si cancellano dalla vita” afferma poi riferendosi alla situazione di crisi economica che stiamo vivendo e che ha spinto tanti al suicidio.
Affrontando anche un tema molto delicato qual è quello dell’aborto “Io non volevo atterrare su questo tema, ma mi hai tirato la lingua. Il problema dell’aborto non è religioso è un problema d’etica umana. Io faccio due domande: io ho il diritto di fare questo? E’ una vita umana: è giusto cancellare una vita umana per risolvere un problema? E’ giusto affittare un sicario per risolvere il problema? E’ questo scartare i bambini, i bambini non vanno scartati. Scartare gli anziani, gli ammalati, i bambini perché non producono, i migranti, sulla nostra coscienza pesa. Lasciare affogare gli immigrati per risolvere un problema dopo non va. In questa cultura dello scarto ci vuole la cultura dell’accoglienza: è questa la strada per salvarci”.
“Cos’è la fede per il Papa?” gli viene poi chiesto. “Per me la fede è un dono, è il dono che ti dà il signore. La fede è un dono gratuito. La fede non si può comprare. In situazioni difficili tante volte c’è gente che si apre e riceve il dono, c’è poi gente che si chiude di più, che non trova speranza e va verso il suicidio“.
Infine parla di come è stato difficile anche per lui questo periodo, di essersi sentito anche lui in gabbia: “Ho dovuto cancellare viaggi, perché non posso provocare assembramenti ma Dio aiuta sempre tutti”.
E l’intervista si conclude con un importante augurio e ringraziando sempre con la sua semplicità e l’umiltà che lo hanno contraddistinto dal primo momento: “Il mio augurio è che possiamo uscire dalla crisi migliori, che ognuno prende coraggio e pensi agli altri, è la cultura della fratellanza, come farsi vicino per aiutare, che non ci siano scarti o atteggiamenti egoistici dell’io, mai fare una questione dell’io, l’unità è più grande del conflitto. Grazie!“.