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Il sogno distrutto di Bagnoli: lì dove c’era il “futuro” ora sorgono solo erbacce, inerzia e degrado

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Sono decenni ormai che il progetto per ridare vita all’ex area siderurgica dell’Italsider è fermo e lì dove doveva esserci un “futuro” ora sorgono solo erbacce ed inerzia.

Bagnoli è così nient’altro che un sogno distrutto: ammontano a quasi 620 milioni di euro i finanziamenti per la bonifica dell’ area, ancora fermi, secondo la magistratura contabile, alla fase preliminare.

Gli ultimi quattro anni sono andati completamente persi tra annunci e possibili progetti, rimasti però solo fermi sulla carta.

E’ così che l’ultimo Dossier della Corte dei Conti ammonisce severamente la Regione Campania, il Comune di Napoli ed il Governo: “Criticità vi sono anche nello stralcio di piano urbanistico di risanamento ambientale adottato dal commissario Francesco Floro Flores nel 2019 e resta urgente da affrontare il problema della rimozione della colmata a mare e della ‘ex area Eternit’ “.

Così come da quattro anni a questa parte, lo stesso è avvenuto nei decenni precedenti, e lo stesso rischia di essere in futuro: l’ex area siderurgica è rimasta così com’era e giace nel degrado.

I soldi c’erano e ci sono:  442,7 milioni di euro, denari di un recente finanziamento assegnato ad Invitalia spa  (di cui 87,5 milioni effettivamente erogati), che si aggiungono ai 177 milioni e 285 milioni erogati ai precedenti soggetti attuatori e che “hanno consentito, finora, di realizzare soltanto attività di studio e di caratterizzazione delle aree, propedeutiche alla progettazione degli interventi di bonifica e di risanamento del sito di Bagnoli a Napoli, tuttora in corso, e che allo stato vedono il Commissario impegnato nell’attivazione degli atti necessari alla configurazione urbanistica dell’area e alla programmazione delle opere di bonifica“.

Anche il Piano di risanamento ambientale e di rigenerazione urbana “presenta criticità sia sotto il profilo della definizione delle strutture da realizzarsi, sia sotto quello di una non puntuale previsione finanziaria“.

Risulta anche da affrontare con urgenza il problema della rimozione della colmata a mare di cemento, già prevista dalla legge 58/1996, considerando che non sono stati ancora individuati i siti nei quali destinare l’enorme quantità di materiali inquinati provenienti anche dal fondale marino circostante” precisa inoltre la Corte dei Conti di Napoli.

Concludendo “È necessario assicurare la piena funzionalità della cabina di regia dell’intero intervento e delle relative conferenze dei servizi, al fine di giungere alla definizione di una cornice programmatica condivisa e della conseguente esecuzione del progetto di bonifica“.

Il sogno distrutto, tra mille progetti e prospettive, da anni in sospeso continua dunque ad essere un mistero: la colmata a mare giace lì da anni quando dovrebbe essere rimossa quanto prima a causa dell’inquinamento, il Turtle Point resta solo un disegno e il Parco dello Sport con le sue attrezzature è ormai quasi un miraggio.

 

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Commercio, sempre più negozi cittadini e centri commericali chiudono con ricadute sull’occupazione

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Sempre più negozi cittadini chiudono con ricadute sull’occupazione.
Se ne apre uno, abbassano la serranda tre, secondo un noto sindacale nazionale di settore.
La crisi è stata acuita ultimamente dalle vendite on-line con consegna a domicilio, di questo passo si rischia che i centri urbani, senza più esercenti, diventino città-dormitori, più brutte, deserte e anche più pericolose.

“Assolutamente sì, è indispensabile un intervento dall’alto per fermare questa deriva che sta arricchendo sempre gli stessi colossi globali e impoverendo le economie locali. In Italia, il commercio fisico è stato lasciato senza strumenti per competere – dice Gaetano Graziano, Vicepresidente dell’associazione dei direttori dei centri commercialiAltri Paesi – continua – hanno capito il rischio e hanno agito: la Francia ha imposto una tassazione sui giganti del web per riequilibrare la concorrenza, la Germania ha investito nel supporto tecnologico ai negozi e il Regno Unito ha ridotto le imposte sugli esercizi commerciali per abbattere i costi di gestione. Nel nostro Paese, invece, non si è fatto nulla di tutto questo, con il risultato che le chiusure aumentano e i centri urbani si svuotano. Senza una strategia nazionale che includa sgravi fiscali, incentivi per la digitalizzazione e una regolamentazione più equa per l’e-commerce, il commercio locale sarà destinato a scomparire, con conseguenze gravissime sul PIL, sull’occupazione e sulla qualità della vita nelle nostre città.”

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Istat: solo al sud Italia si continua ad andare in chiesa

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Chiese sempre più vuote in Italia: secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2022 è stato toccato il minimo storico con il 18,8 per cento delle persone che vanno a messa almeno una volta a settimana. Sono molto più numerosi, il 31%, coloro che lo scorso anno non hanno mai messo piede in chiesa, se non per un evento particolare, come battesimi, matrimoni o funerali. Il restante 50% degli italiani frequenta un luogo di culto in modo discontinuo o occasionale.

A livello territoriale è il Mezzogiorno l’area più “religiosa” del paese, con il 29,3% della popolazione che frequenta con regolarità le funzioni, il centro si attesta invece su valori del 22,6%, numeri simili al nord con il 22,7%.

Tra le regioni è la Calabria quella con il numero più alto di praticanti, il 32,3% della popolazione.
Dal lato opposto invece è la Valle d’Aosta il territorio che presenta i valori più bassi, 16,5%.

Interessante anche le differenze che si riscontrano a livello micro-territoriale, in particolare la popolazione che vive nelle periferie delle aree metropolitane frequenta mediamente il 3% in più rispetto alla popolazione che vive nel centro città.

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Istat, la Campania è la regione con la più bassa speranza di vita

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La Campania, nonostante un considerevole recupero, rimane la regione con la speranza di vita più bassa tanto tra gli uomini (79,7) quanto tra le donne (83,8).

E’ il dato che si ricava dagli indicatori demografici dell’Istat pubblicati oggi e relativi al 2024.

Nella graduatoria nazionale che fa segnare il minimo storico della fecondità, con 1,18 figli per donna, la Campania si piazza al terzo posto tra le regioni italiane. Il primato della fecondità più elevata continua a essere detenuto dal Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,39 nel 2024, comunque in diminuzione rispetto al 2023 (1,43). Come lo scorso anno seguono Sicilia e Campania. Per la prima, il numero medio di figli per donna scende a 1,27 (contro 1,32 del 2023), mentre in Campania la fecondità passa da 1,29 a 1,26. 

La perdita di popolazione nel Mezzogiorno dovuta agli spostamenti tra i Comuni colpisce tutte le regioni dell’area, con intensità più marcata in Basilicata e Calabria dove si osservano i tassi migratori negativi più alti: rispettivamente -5,0 per mille e -4,6 per mille. Anche il Molise (-3,8 per mille) e la Campania (-3,3 per mille) mostrano un tasso migratorio negativo significativo, sebbene meno accentuato.
La Campania, infine, si distingue anche come la regione con la più alta quota di popolazione in età attiva (65,3%), seguita dal Lazio (64,2%) e dalla Lombardia (63,9).

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