Nell’ambito della collaborazione istituzionale intrapresa con il Comune di Salerno a partire dallo scorso mese di aprile, la Guardia di Finanza del Comando Provinciale, al termine di un primo piano di controlli, ha individuato 75 cittadini del capoluogo che hanno illegittimamente percepito i cd. “buoni spesa Covid”, per l’acquisto di generi di prima necessità durante il precedente lockdown.
L’intervento di protezione sociale rientra tra le misure di sostegno varate dal Governo per contenere gli effetti negativi della pandemia. Nello specifico, circa 800 mila euro sono stati destinati al Comune di Salerno, che ha avuto il delicato compito di distribuirli alle famiglie più bisognose, in base ai requisiti reddituali e patrimoniali fissati nel bando.
Dopo un preliminare esame delle domande, il Comune ha riconosciuto il beneficio ad oltre 3.000 nuclei familiari, assegnando a ciascuno dei capofamiglia due buoni dal valore di 50 euro, più uno per ogni congiunto a carico. Tutte le richieste accolte sono state poi passate ai Finanzieri della 1a Compagnia di Salerno che, sulla base di una preventiva analisi di rischio, hanno selezionato circa 300 posizioni, sulle quali si sono concentrati i successivi approfondimenti e riscontri.
Incrociando le risultanze dei tanti data-base in uso, le Fiamme Gialle di Salerno hanno così individuato 75 istanze presentate con dati incompleti o non rispondenti al vero, per un ammontare complessivo che supera i 21 mila euro. Le irregolarità emerse si riferiscono soprattutto a situazioni in cui il beneficio è stato concesso più volte allo stesso nucleo familiare, per effetto di richieste avanzate da più di un componente (emblematico il caso di una famiglia che ha ottenuto 32 buoni spesa, sulla scorta di domande distintamente presentate da addirittura quattro dei sette membri, ognuno dei quali ha in questo modo intascato 400 euro). In altri casi, gli istanti hanno omesso di dichiarare le ulteriori forme di sussidio comunque percepite (ad esempio, il reddito di
cittadinanza o la cassa integrazione in deroga).
Neppure sono mancati, infine, coloro che hanno ridimensionato il proprio nucleo familiare, non facendo risultare chi guadagnava un regolare stipendio o già beneficiava di specifiche indennità (come quella di invalidità).
C’è pure chi ha attestato che il figlio era disoccupato, quando invece gestiva un’attività di
ristorazione ben avviata in città.