AFRAGOLA – Perdonatemi, ma la paura del Covid, l’età avanzata ed una certa melanconia mi hanno portato lontano dalla mia terra, da tutto e tutti.
Sono tornato, ma avrei fatto bene a restare dove stavo: la città è sempre più malandata, sporca, con un olezzo di “bruttura” morale che non se ne può.
Mi hanno raccontato tante cose di brutte vicende, di “imbrogli”, di concorsi e di “appiccichi” vari: ma in fondo sono tutti una mappina e recitano un copione scritto e ormai superato.
Quelli che fino a ieri si schifavano oggi corrono a braccetto, fanno affari insieme; quelli che ieri erano pappa e ciccia, oggi invece, se potessero, si accoltellerebbero in un istante.
Risultato? La povera gente è sempre più povera e questa città è sempre più isolata: un isolamento morale e culturale, che non merita.
Le strade sono piene di erbacce ed immondizia; ma la gente non si lamenta più. Ormai ognuno è assuefatto a questo scempio, a nessuno più interessa dei nostri figli, dei nostri nipoti. Afragola “terra di Aspreno Rocco e di Ippolito Cavalcanti” e di tanti altri intellettuali è ormai un pallido ricordo della città che ho visto da ragazzo.
Il comune che doveva essere la Casa di tutti gli afragolesi, senza porte, senza barriere è diventato la casa di pochi… e quei pochi che ci stanno fanno pure paura… interessati solo a poche cose… con le fauci spalancate..
Un signore milanese l’ho trovato “in mezzo alle terre” che si era perso, non sapeva come fare a raggiungere la stazione, è stato fortunato perché se avesse piovuto non ci sarebbe arrivato nemmeno con un canotto, o forse sarebbe stato inghiottito dai flutti del mitico fiume “Clanio”.
Perché dobbiamo essere “brutti sporchi e cattivi”?
Nessuna visione, nessuna considerazione del bene comune, nessuno che si interessi dei giovani di questa città. E intanto sullo scranno del primo cittadino c’è un fantasma si aggira per le stanze bellissime di Palazzo Moriani insieme ai Nibelunghi. A presto amici miei, io intanto cerco quegli occhi che non ho più incrociato.