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Calabroni killer: come riconoscerli, attenzione in questi posti

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Il Professor Maurizio Biondi, memro dell’Accademia Nazionale Italiana di Entomologia e docente presso il Dipartimento di medicina clinica, sanità pubblica, scienze della vita e dell’ambiente dell’Università degli Studi dell’Aquila in un’intervista rilasciata a Fanpage ha fatto chiarezza sul noto caso dei calabroni killer.

Sin dall’antichità l’uomo conosce bene il potenziale pericolo rappresentato dalle punture dei calabroni, dunque per questi insetti spesso si nutre una paura atavica, simile a quella che si sperimenta per serpenti, ragni e altri animali.

Ancora oggi le punture di calabrone provocano vittime in tutto il mondo, Italia compresa, pertanto quando emergono casi di cronaca relativi a decessi, e in particolar modo quando sono coinvolte potenziali specie “aliene”, possono generarsi vere e proprie ondate di allarmismo, alimentate dalla grande confusione.

Emblematico è il caso del 54enne spagnolo di Villestro (Galizia), ucciso dalla puntura di un calabrone asiatico (Vespa velutina) ma che quasi tutta la stampa mondiale ha attribuito al calabrone gigante asiatico (Vespa mandarinia), una specie completamente diversa, di dimensioni sensibilmente maggiori e non ancora ufficialmente documentata dagli esperti sul suolo europeo.

E’ bene innanzitutto sapere quali sono le specie presenti in Italia. Due sono calabroni presenti naturalmente nel nostro territorio, che sono la Vespa crabro (il calabrone comune) e la Vespa orientalis, che invece è il calabrone orientale. Quest’ultimo non va confuso col calabrone asiatico, che invece è la Vespa velutina, o altrimenti detta “vespa killer”.

In Italia c’è una statistica di almeno 10-20 decessi annui dovuti al nostro calabrone comune, quindi il fatto di avere decessi per punture di calabrone è un qualcosa che non è assolutamente così raro. Fino a qualche tempo fa lo chiamavano anche il “killer dei motociclisti”, perché entrava nelle camicie svolazzanti dei motociclisti e poi faceva varie punture prima di liberarsi. A quel punto poteva creare degli shock anafilattici abbastanza gravi e in alcuni casi anche letali.

C’è una casistica importante per quanto riguarda la mortalità da calabrone in Italia, soprattutto tra gli operatori che lavorano nell’ambito dell’apicoltura, oppure fra chi lavora nei frutteti e simili. Bisogna poi considerare che ci sono tantissime persone che hanno delle vere e proprie allergie ad alcuni principi attivi dei veleni del calabrone. Il calabrone ha un veleno piuttosto potente; se fosse in quantità maggiore sarebbe sicuramente uno dei veleni più potenti in natura.

Per quanto riguarda il calabrone gigante asiatico, la “Vespa Mandarinia”, le uniche segnalazioni certe, secondo lo specialista, sono quelle provenienti dagli Stati Uniti. Gli insetti, infatti, non sono facili da identificare. Ci sono tantissime specie identiche fra loro che si distinguono soltanto per piccoli dettagli.

“La Vespa Mandarinia è una specie che ha come territorio la Corea, la Cina, il Nepal, India, Sri Lanka, è uno di quei calabroni di origine orientale. Noi abbiamo le scolie, sono imenotteri quasi due volte più grandi dei calabroni, che non fanno nulla, ma a vederli fanno un certo effetto. È un imenottero molto grande che appena si vede crea un certo effetto, ma in realtà dal punto di vista della pericolosità è molto, molto limitata. Le segnalazioni bisogna sempre supportarle con una identificazione adeguata. Il discorso della Vespa mandarinia al momento a noi non ci riguarda, nel modo più assoluto” sostiene durante l’intervista il Professor Biondi.

Il pericolo di questa tipologia di insetto è legato perlopiù alle sue dimensioni: essendo più grande ha più veleno e quindi potrebbe risultare più pericolosa. Queste specie di calabroni provenienti da posti lontani giungono a noi sfruttando i mezzi dell’uomo. Si rifugiano in manufatti, in piante e in tutto ciò che può essere trasportato e si muovono così su distanze anche molto elevate.

Il reale pericolo del calabrone “killer” è rappresentato per le api e non per l’uomo. La Vespa velutina preda in maniera selettiva le api. Si apposta davanti alle arnie, uccide le prime api fino a quando non escono più dall’arnia, perché ovviamente sono particolarmente in difensiva. Si creano dei problemi di inoperosità e quindi si indebolisce tutta quanta la colonia. A quel punto la Vespa velutina entra nelle arnie e va uccidere le altre api. È un problema per gli apicoltori, non della vespa verso l’uomo.

Paradossalmente danneggia proprio il nostro calabrone comune, con cui si trova in qualche modo in competizione, anche se il nostro calabrone attacca un range di specie di insetti molto più ampia. “Quando arriva una specie da fuori, molto spesso è molto meglio adattata che la specie che abbiamo noi naturalmente sul territorio, e quindi nella competizione tendono in qualche modo sempre ad avere il sopravvento” sostiene il dottore.

L’unico metodo efficiente per combatterle è il monitoraggio, tenendo sotto controllo le regine svernanti dal momento in cui vanno a cercare il posto per fondare la nuova colonia, e poi andare a individuare dove si trovano effettivamente i nidi. La cosa che bisogna assolutamente evitare è intervenire senza una guida opportuna, quando si agisce sul campo. Perché basta un errore, e se escono tutte quante le vespe dal nido e attaccano l’uomo c’è ben poca speranza di sopravvivere.

Gli avvistamenti ufficiali della Vespa mandarinia nel Nord America sono quelli sull’Isola di Vancouver nella Columbia Britannica (Canada) e nello Stato di Washington (Stati Uniti). Negli Stati Uniti si è trattato del primo e unico avvistamento di questi calabroni.

 

 

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