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“Discriminati i migranti”: il Tribunale condanna il Comune di Napoli sul bonus spesa Covid

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Il Tribunale di Napoli ha accolto il ricorso di una cittadina migrante georgiana a cui non era stato concesso il bonus spesa da parte del Comune di Napoli durante l’emergenza Coronavirus. Il giudice Alberto Canale ha condannato la giunta di De Magistris e il sindaco  sulla delibera numero 91 del 30 marzo scorso che inseriva tra i requisiti per poter accedere al bonus spesa, la residenza sul territorio comunale.

La cittadina georgiana, nonostante fosse irregolare, aveva ottenuto una autorizzazione alla permanenza in Italia da parte del tribunale dei minori considerando lo status di madre di 3 bambini, iscritti regolarmente alle scuole napoletane, della georgiana.

Nella sentenza si legge: “Si accerta il carattere discriminatorio della condotta tenuta dal Comune di Napoli, e per esso dalla sua Giunta Comunale, consistente nell’avere emanato la delibera n. 91 del 30.03.2020, con cui sono stati individuati i criteri di selezione delle domande per l’erogazione di risorse destinate a misure urgenti di solidarietà alimentare sotto forma di buoni spesa ai sensi dell’Ordinanza della Protezione Civile n. 658/2020, nella parte in cui è stato previsto, quale criterio di ammissione al beneficio per i possessori di un legittimo titolo di permanenza in Italia, il requisito della residenza anziché i soli requisiti relativi alla condizione di disagio economico e della stabile dimora di fatto nel territorio comunale”.

Una vera figuraccia per l’amministrazione che aveva fatto dell’antirazzismo una sua bandiera. Il ricorso è stato presentato dall’avvocato Roberta Aria che a Fanpage.it ha dichiarato: “Il Tribunale non ha semplicemente tenuto conto della condizione soggettiva della cittadina ricorrente ma ha ribadito il carattere discriminatorio del requisito della residenza contenuto nella delibera del Comune di Napoli, precisando che il requisito richiesto dall’ordinanza di Protezione Civile che istituiva il fondo per il bonus spesa era solo quella del disagio economico e del solo domicilio sul territorio comunale”. Tutto da rifare quindi, ma c’è un problema: i soldi sono finiti.

 

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