Uno dei quattro esponenti della banda arrestata per la morte di Pasquale Apicella, è stato scarcerato. Restano in carcere gli altri tre.
Questa la decisione presa dal Riesame sui 4 rom indagati per l’omicidio del poliziotto napoletano. In cella sono rimasti Fabricio Hadzovic (40 anni), Admir Hadzovic (27 anni) e Igor Adzovic (39 anni) per i quali è stata confermata l’accusa di omicidio volontario, rapina e resistenza a pubblico ufficiale. Un quarto del gruppo, Renato Adzovic (23 anni), accusato invece di favoreggiamento, è stato scarcerato.
I primi due erano rimasti incastrati nell’auto, identificati e arrestati, mentre i complici erano riusciti a dileguarsi prima di essere catturati successivamente. Renato e’ l’unico a non rispondere di omicidio ma di favoreggiamento. I tre hanno detto al Gip che non c’era in loro la volontà di uccidere e hanno fornito i dettagli di quanto accaduto quella notte.
Hanno confermato anche il tentato furto ai danni della Deutsche Bank di Casoria, all’incrocio tra via Marconi e via Pio XII. Il guidatore era Fabricio che ha raccontato di aver accelerato fino ad arrivare ai 150 chilometri orari in via Capodichino, di aver proceduto a zig zag e di essere finito sullo spartitraffico quando ha visto l’auto guidata da Apicella.
In questi giorni la moglie, il cognato e la sorella di Pasquale Apicella hanno scritto diversi post sui social chiedendo giustizia. “Io voglio che la Giustizia faccia il suo dovere. Spero che non possano mai più tornare a casa loro, Lino non è più tornato e non per sua scelta. Lino non ha potuto scegliere, mentre i delinquenti che lo hanno ammazzato invece sì, potevano scegliere. Potevano scegliere di non fare la rapina. Potevano scegliere di non scappare. Potevano scegliere di non speronare auto della Polizia. Potevano scegliere di non imboccare Calata Capodichino contromano a fari spenti a 160 km/h. Potevano scegliere di non impattare l’auto guidata da Lino che stava facendo solo il suo lavoro. Siccome potevano scegliere ed hanno scelto sempre male devono pagare e non tornare mai più a casa loro. Voglio che venga fatta giustizia per Pasquale, per sua moglie, per i suoi figli e per tutta la sua famiglia”, ha detto il cognato mentre la giovane vedova, rimasta da sola con due bambini piccoli ha affermato di essere morta anche lei quella notte.
Lo strazio di Giuliana è troppo grande, il dolore troppo forte: come si può raccontare ad un bambino di soli sei anni che il suo papà non c’è più? Come si potrà un giorno raccontare, ad un bambino che appena nato non potrà mai conoscere il su papà, che è morto per fare giustizia mentre per lui giustizia non è stata fatta?