CAIVANO – La prima sezione civile della Corte di Appello di Napoli rigetta il ricorso presentato dai legali dell’ex sindaco di Caivano Simone Monopoli circa la sua incandidabilità a seguito dello scioglimento per infilitrazioni camorristiche del Consiglio Comunale.
La commissione giudicatrice tiene a precisare nei motivi della sentenza che essendo una misura del tutto preventiva essa non è tenuta alla verifica di illeciti penali o dell’esistenza dei presupposti per l’applicazione di una misura di prevenzione né l’adozione delle garanzie previste per l’applicazione di sanzioni penali.
Tutto come sempre. Come già ampiamente descritto. La misura dello scioglimento del Consiglio Comunale per ingerenza della criminalità organizzata è una misura di prevenzione e si applica laddove esiste anche solo un flebile fumus su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni.
È soprattutto per questo che le due sentenze – quella di primo grado e quella di appello – risultano essere sovrapponibili. L’ex sindaco Monopoli, come giusto che sia, ha prodotto le sue memorie e grazie ai suoi legali ha dimostrato la sua totale estraneità ai fatti, ma questo evidentemente non è bastato ad eliminare quel fumus, quel sospetto che dall’arrivo della Commissione d’Accesso in poi ha determinato la decisione di sciogliere il Comune di Caivano.
Per saperne di più abbiamo contattato l’ex sindaco Monopoli che davanti ai nostri taccuini ha dichiarato: “Sono estremamente deluso dall’esito della sentenza ma continuo a confidare nella giustizia ed è per questo che ho dato mandato ai miei legali di ricorrere in Cassazione, perché io sono sicuro di essere innocente e totalmente estraneo ai fatti. Mi rimetto al giudizio della giustizia con la speranza che finalmente la verità possa confermare la mia onestà”.
Clicca qui per leggere la Sentenza della Corte di Appello