AFRAGOLA – Emblematiche le parole usate dal primo cittadino nella sua lettera di dimissioni. Esaustivo il pensiero trascritto e credo che dopo quelle lapidarie parole, la cittadinanza non ha più dubbi su dove risieda il marcio nella città di Afragola.
Un sindaco che ci ha sempre messo la faccia. Uno che ha sempre saputo di essere stato preso all’ultimo momento per poter rappresentare un nome spendibile nei confronti dell’opinione pubblica, uno che sapeva di essere stato scelto come fiche vincente sia per il peso storico del suo cognome e poi per quello che ha dimostrato in ambito imprenditoriale, ha voluto comunque mettersi in gioco in un mondo che non gli apparteneva – quello della politica – perché aveva il sogno di trasferire il suo know how gestionale nell’amministrazione comunale. Ma che vuoi trasferire? Ma soprattutto a chi?
Partiamo dalla macchina burocratica. Ad un quadro dirigenziale costituito per lo più da dipendenti comunali a tempo indeterminato che con la legge Bassanini ha acquisito enormi poteri si può mai venire da fuori e impartire nuove linee guide che cozzano in maniera colossale con un sistema clientelare formato anche grazie alla connivenza di Consiglieri comunali e che abbia come meta finale l’interesse privato di pochi eletti? Un sogno, quello di Grillo, infranto davanti al muro della realtà politica locale.
La classe dirigente afragolese, specie l’ultima, di una mediocrità da far paura, con le sue continue pressioni ha messo all’angolo il sindaco più moderato degli ultimi decenni afragolesi. Infine, errore madornale perpetrato dallo stesso sindaco è stato quello di accettare una giunta comunale formata da Consiglieri dimissionari che per correre dietro alla pagnotta hanno finito di svilire la qualità del legislativo afragolese. Non è che i Consiglieri eletti alzassero di tanto la qualità del dibattito, tuttavia avrebbero avuto almeno l’esperienza di disquisire e accendere un minimo dibattito sui temi affrontati in aula. Dibattito che ad oggi, sul territorio, è inesistente. Tornando alla pagnotta e portando eletti abituati a convivere col sistema clientelare esistente nell’esecutivo, non si è fatto altro che avvicinare i soggetti in questione ad una più facile gestione, visto che il ruolo dell’assessore è proprio quello di lavorare braccio a braccio con i dirigenti di settore, quelli che dovrebbero essere gli unici responsabili di gestione. Ma a volte si sa. Basta poco per confondere ruoli e doveri. Ed è così che si è creata una matassa dalla quale è difficile trovare il bandolo. Ma di chi è la colpa?
Certamente non ce la possiamo prendere con un imprenditore che non ha mai masticato di politica e che dopo un mese dalla sua investitura poteva prevedere lo scenario verificatosi a distanza di un anno. La colpa è di chi in campagna elettorale ha professato il cambiamento senza che i propri interessi personali tramutassero in pubblici. La colpa è di chi si è sempre ritenuto amico del sindaco ma lo ha usato per continuare a pagare le sue “cambiali” collezionate durante gli anni di gloria. La colpa è di chi non ha saputo o non ha voluto mettere in guardia il primo cittadino su come funzionasse il “sistema” afragolese, ancor prima di chiedergli la candidatura. La colpa è soprattutto della classe dirigente afragolese che in realtà non vuole cambiare proprio niente, per far sì che gli interessi personali continuino ad esistere oltre tutto.
Se proprio vogliamo dare una colpa al sindaco è quella di essersi allontanato dai suoi amici più cari. Il peso della fascia tricolore, gli equilibri da trovare in maggioranza, hanno fatto in modo che per un attimo perdesse di vista chi realmente l’avrebbe potuto mettere in allerta, magari fornendogli anche un consiglio diverso da quelli ricevuti fino ad oggi che non hanno fatto altro che portare Afragola a questo triste epilogo.
Se fossero stati buoni i consigli dati, avrebbero portato in auge chi li professa. Questo è il pensiero che il primo cittadino deve sempre avere. Specie se i consigli arrivano da una certa classe dirigente che in passato ha fatto sfaceli per sé e per la comunità.
Il dato politico che esce fuori da questa lettera però è devastante. Claudio Grillo è il primo politico a mettere nero su bianco e a denunciare apertamente il “sistema” clientelare e affaristico afragolese. Dalle parole del primo cittadino si può evincere tutta la sua amarezza e la sua delusione verso una classe dirigente e dirigenziale famelica pronta a tutto. Sono proprio queste parole che devono far riflettere il popolo afragolese quando si presenterà di nuovo l’occasione di andare alle urne. C’è un solo modo per mandare a casa questa politica e i cittadini lo sanno bene. Ma soprattutto devono capire cosa ha fatto e cosa sta facendo Claudio Grillo da solo per cambiare lo stato di cose nelle mura del Palazzo Comunale.
Claudio Grillo non sta abbandonando la città. Claudio Grillo non si sta dimettendo perché non è stato in grado di risolvere l’emergenza rifiuti in città, a dire il vero, ci stava riuscendo eccome, anche con gesti e decisioni che altri sindaci limitrofi stentano a prendere. Claudio Grillo se ritira le dimissioni non lo fa perché si è politicizzato, oppure ha aperto il mercato delle vacche, non saprebbe neanche come si fa. Lo farebbe perché ama e crede in quello che fa, ma soprattutto lo farebbe perché alla fine avrebbe lui il coltello dalla parte del manico e alla classe dirigente attuale gli resterebbe solo da seguire le sue linee guide e non più quelle che arrivano da via Oberdan.
Certo, ha sbagliato anche il periodo storico per rassegnare le dimissioni, oggi passa il messaggio dell’impossibilità a risolvere il problema della gestione rifiuti. Sarebbe stato meglio far fare le vacanze a tutti e a Settembre prendere tutti per il petto. Questo sì. Ma sfido chiunque a navigare dalla mattina alla sera in un mare di pescecani. Gente che tenta in tutti i modi di scavalcare e sminuire la tua autorevolezza. Quella stessa autorevolezza conquistata con anni di lavoro e sudore. Allora si che anche il più mite e il più moderato dei sindaci sarebbe scoppiato.
A questo sindaco, se ritira o meno le dimissioni, va solo detto “Grazie” per aver scoperchiato il calderone e messo a nudo il “sistema” clientelare afragolese. Il resto è tutto nelle mani dei cittadini e mai più di oggi vale il detto che la classe dirigente di un Paese non è altro che lo specchio di chi lo abita. Ecco perché gli afragolesi per uscire fuori dallo stallo amministrativo hanno il dovere di dimostrare da che parte stanno ma soprattutto hanno l’obbligo morale di dimostrare di non essere uguale alla classe dirigente che li amministra.