Tempi duri in Forza Italia. L’ennesima rivoluzione di Berlusconi, che non vuole farsi da parte nemmeno sotto tortura, rischia di “uccidere” definitivamente il partito. Perché se davvero il Cavaliere ha intenzione di rifondarlo dalle fondamenta, lo capiremo nei prossimi giorni. Modi, tempi e fuoco amico contro la coppia Toti-Carfagna saranno gli elementi attraverso cui comprendere la veridicità del nuovo corso. Nessuno ci crede ma vogliamo sperarci. Andiamo avanti. Nelle prossime settimane la nuova dirigenza azzurra discuterà dei vari coordinamenti regionali nel Paese. Lo stesso dicasi per la Campania. La regione guidata dall’ex sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, si appresta ad andare al voto nel 2020. Entriamo nei dettagli.
Il dibattito si è acceso da settimane. Dagli ambienti forzisti non filtra ottimismo. E neppure un’alternativa chiara sul piano politico. In avanti capirete perché. Il partito di Cesaro è uscito con le ossa rotte dalla competizione europea. Nonostante l’elezione di Martusciello, avvenuta grazie alla scelta di Berlusconi di optare per il collegio Nord Ovest, Forza Italia, con tanto di voti, amministratori e truppe cammellate, ha ottenuto circa 100mila voti in meno rispetto ad una Lega “inesistente” per struttura e classe dirigente. Un misero 13% che obbliga il nuovo corso azzurro ad un ripensamento sulle reggenze regionali. Dinanzi ad un risultato così scandaloso, nessun partito farebbe orecchie da mercante. Ed ecco che nelle ultime ore sono iniziati i primi mugugni pur di mantenere poltrone e visibilità. Il dato è chiaro. Forza Italia o cambia o sparisce. Torniamo in Campania. Perché oggi ancor di più emerge il rapporto Lega-Forza Italia in vista delle elezioni regionali? Molto semplice. Nei giorni scorsi su “Cronache di Napoli” è stata pubblicata un’intervista al coordinatore regionale, Domenico De Siano.
Il senatore ischitano riconosce, sulla base dello storico risultato europeo e supportato dall’apertura di Caldoro, un ruolo di primaria importanza nella futura coalizione del centrodestra: “Siamo sulla stessa linea. Non che il governatore debba essere necessariamente della Lega, le possibilità sono tante, ma dobbiamo sederci al tavolo senza alcun tipo di pregiudizio e tenendo ben presente che al momento il Carroccio è quello che ha ottenuto un risultato migliore rispetto alle altre forze della coalizione. Si aprirà una discussione, quindi, ma ripeto sarà importante non avere pregiudizi di sorta”. Parole e musica del reggente campano. Che attribuiscono alla Lega potere decisionale pure sul candidato governatore. Non obbligatoriamente, sia chiaro. Ma la possibilità resta in piedi. Eppure c’è qualcosa che non va. Facciamo un piccolo passo indietro. In piena campagna elettorale per le Europee, poco più di un mese fa, Forza Italia ha tenuto una manifestazione pubblica alla Stazione Marittima a Napoli. Presenti in sala tanti amministratori e fedelissimi del giglio forzista.
Durante l’iniziativa interviene il capogruppo in consiglio regionale, Armando Cesaro: ” Abbiamo massimo rispetto per i nostri alleati, i leghisti, ma l’indicato presidente della Regione Campania sarà un uomo nostro, sarà un uomo di Forza Italia. Perché questa è la Regione Campania e non la Lombardia. Quindi staremo insieme ma noi indicheremo il candidato presidente”. Una prova di muscoli inutile buona per strappare qualche applauso. Un presa di posizione forte da parte del giovane consigliere regionale. Volta a rimarcare la centralità di Forza Italia in un contesto politico ed elettorale in cui le Regionali non c’entravano nulla. Non a caso qualche giorno dopo si sarebbe votato per le Europee. A distanza di un mese, quelle parole sembrano contraddittore se pensiamo alla posizione assunta da De Siano (politica vuole che parli a nome del partito) sul tema delle alleanze. Cosa è caduto nel giro di poche settimane? Chi e cosa ha fatto cambiare idea ai dirigenti azzurri? Se la linea del partito trova sponda in un’alleanza con la Lega, come mai quello stesso partito aveva un’idea diversa un mese fa? O parliamo di una posizione di parte rispetto alla linea del partito? Sembrerebbe di si. Una posizione “sconfessata” dalla volontà di De Siano di riconoscere alla Lega (come giusto che sia) una leadership conquistata sul campo. Mistero della fede.