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Congresso Pd Campania. Ecco cosa chiede (veramente) il mondo democrat al sindaco-segretario

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Leo Annunziata è il nuovo segretario regionale del Partito Democratico. Il sindaco di Poggiomarino, con una percentuale vicina al 60%, e forte del sostegno della stragrande maggioranza del gruppo dirigente democrat, vince in maniera netta la competizione interna al partito. Niente da dire. I numeri parlano da soli. Al di là dei calcoli e degli algoritmi buoni per le statistiche esiste il dato politico. Una riflessione profonda oltre la fotografia. Andiamo con ordine. Punto primo. Il Pd, almeno per ora, ha espresso un segretario proveniente dai territori. Senza retorica. Annunziata, come anticipato prima, è il sindaco di un comune di 21mila abitanti alle falde del Vesuvio ed è al suo secondo mandato.

Un uomo che, al netto dell’opinione politica sul suo operato, ha vinto per due volte la battaglia con le preferenze. Roba non da poco in tempi di antipolitica e di allergia ai consensi popolari. Poggiomarino è situato in una fetta di territorio macchiata dalla massiccia presenza delle organizzazioni criminali. Terre di frontiera completamente dimenticate dallo Stato che suona la fanfara. Ma non è tutto. Annunziata può essere il primo punto di rottura rispetto alla fallimentare ed insignificante gestione politica targata Tartaglione. In altre parole, il neo reggente campano, se si considera il criterio politico della sua candidatura, rispettabile almeno sulla carta, può e deve diventare il vero valore aggiunto rispetto al disastro democratico degli ultimi 5 anni. Questione di scelte e di autorevolezza. E qui emerge il secondo dato politico, forse più importante del primo. Il primo cittadino di Poggiomarino non commetta lo stesso, atavico errore di chi l’ha preceduto.

Il segretario regionale del maggior partito del centrosinistra di governo non può farsi dettare l’agenda politica dai consiglieri regionali. In parole povere, il reggente del Pd non diventi la “testa di legno” di una parte della classe dirigente che ha trasformato il partito nel proprio comitato elettorale, ma dimostri di avere autorevolezza politica senza essere tirato per la giacca dalla corrente di turno. La delusione dei tanti militanti dei circoli territoriali parte proprio da qui. Dalla concezione perversa del comitato di potere che abbandona i territori per chiudersi nelle segrete stanze e decidere le sorti di un’intera comunità esautorando e mortificando la figura del segretario. La vera battaglia di Annunziata inizia dove finiscono i fallimenti della sua casa politica. In parole ancora più povere, la linea del partito diventi la sintesi di una volontà politica. L’espressione totale di un pensiero sociale e culturale. Fino ad arrivare alla chicca delle chicche. L’eterna guerra delle correnti. O meglio. Il correntismo esasperato. In un partito serio una corrente diventa un valore se riesce ad esprimere un’idea, una proposta per contribuire a migliorare la vita e l’identità di una comunità politica.

Negli ultimi anni è accaduto il contrario. Il Pd ha subito un’involuzione storica in questo senso. La degenerazione delle correnti non ha fatto altro che innescare una serie di cortocircuiti e di guerre intestine utili a salvare poltrone, potere e stipendi. Su questo versante il neo segretario dovrà dimostrare di essere il valore aggiunto rispetto alle sabbie mobili dettate dall’ossessione dell’arrivismo e delle divisioni inutili. Volete un esempio? Alle ultime elezioni amministrative a Casoria, grande comune alle porte di Napoli, il Pd, o meglio il centrosinistra, si è presentato agli elettori spaccandosi in due tronconi. Qualche settimana fa il sindaco Fuccio è stato spedito a casa sulla base delle terribili divisioni del centrosinistra. Chi vuol capire, capisca.

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