L’istituzione del referendum in Italia è sempre servita a rendere partecipi i cittadini delle scelte di coscienza o di opinione che i partiti non riuscivano a risolvere per conflitti interni a un governo o a un partito stesso. Il primo grande quesito della storia italiana fu quello che chiamò il popolo a esprimersi sulla forma di governo all’indomani del secondo conflitto mondiale: “Monarchia o Repubblica”. Come andò a finire lo sappiamo tutti e nessuno da allora a oggi si è mai lamentato mai della cacciata dei Savoia dall’Italia. Altro grande Referendum che divise governo, opposizione e famiglie fu quello sul divorzio, prima grande vittoria dei radicali di Pannella che insieme a Psi, Psdi, Pri, Pli e Pci, vinsero. Da quel momento periodicamente l’Italia è stata chiamata, anche noiosamente, a esprimersi sui temi più disparati e spesso, troppo spesso, i quesiti sono stati incomprensibili alla maggior parte degli elettori. Esempio “vuoi tu abrogare la legge su….”, il che significa che non ti chiedevano se eri a favore o meno ma se eri a favore del “Si” se non la volevi più e del “No” se la volevi ancora. Si è sedimentata nel tempo l’opinione che quel sotterfugio era studiato a tavolino per ingannare l’elettore. Molte volte del risultato referendario i governanti si sono altamente disinteressati evitando di applicarne la filosofia almeno, il referendum sull’acqua pubblica è quello più evidente. Il termine “vulnus” giuridico, in pratica un difetto o un vuoto legislativo hanno permesso ai tanti di eludere l’indicazione della vittoria referendaria e oggi paghiamo l’acqua pubblica a società private, ancora oggi. Qualche volta il quesito referendario è stato decisivo per gli equilibri politici e alcune frasi hanno fatto storia e rappresentato l’inizio della fine di qualche leader politico. Il primo a farne le spese fu Bettino Craxi e la sua frase poco felice “andate al mare” quando Mario Segni propose il Referendum per la preferenza unica.
Altra frase che rimarrà nella storia “se perdo il referendum mi ritiro dalla politica”, espressa da Matteo Renzi quando propose il referendum appena due anni fa delle modifiche costituzionali. L’ex rottamatore non solo non si è ritirato dall’impegno politico, decide invece di affidare la guida del governo al fedelissimo Gentiloni, cambiando solo il Ministro dell’Istruzione Giannini, restando al suo posto in parlamento. Quello che è poi accaduto dopo questa frase nefasta a Renzi e al PD è sotto gli occhi di tutti e tutti aspettano solo che si stacchi la spina a una sigla, oggi sostenuta solo dall’ostinazione di un gruppo dirigente autoreferenziale. Il partito che ha tratto maggiore beneficio elettorale dalla caduta di Renzi è stato il M5s e non solo per la vittoria al referendum da dividere con il centrodestra e sinistra PD oggi LeU ma anche e soprattutto per aver rappresentato l’elemento di novità verso una politica che non molla la poltrona. Il governo nato dalla vittoria del 24 marzo 2018 è stata una cavolata, diciamocelo francamente. Il M5s sceglie la Lega di Salvini per comporre il governo gialloverde a guida Conte, dopo il diniego dei Mattarella per Savona premier. La Lega ha ottenuto una buona parte dei suoi parlamentari grazie all’accordo con il centrodestra. Quello che ha messo in campo Salvini fin dai primi istanti dalla nascita del governo Conte è stata una lenta e inesorabile erosione di consensi con slogan a effetto e un guardaroba di divise di tutto rispetto. Il M5s scende sempre di più nei sondaggi e le elezioni regionali in Abruzzo sono una conferma di questo trend negativo ma non ci sono reazioni serie e adesso arrivano le regionali in Sardegna. Le divisioni tra i due alleati del governo gialloverde sono palesi, tranne la guerra politica a Macron, con dei distinguo. Di Maio sembra aver cambiato idea e oggi si scopre paladino dell’europeismo, Matteo Salvini guida invece la pattuglia dei partiti sovranisti europei. Lo slogan “Prima gli italiani”, è stato pronunciato in tutte le salse ma ha dimenticato Salvini di specificare “quelli del Nord”, sfido chiunque a mostrare il contrario. Quando la nave Diciotti ha attraccato fuori del porto di Catania, la scena mediatica e politica, spostata tutta lì. La maggior parte degli italiani era sotto l’ombrellone a godersi gli ultimi scampoli di vacanze e la cronaca della nave italiana con 177 migranti provenienti dalla Libia è stata causa dei più accesi dibattiti tra un aperitivo e una macarena. Salvini dice “No” allo sbarco, forte dei sondaggi sotto l’ombrellone, Di Maio e Conte appoggiano la linea dura per poi ogni tanto cedere alle pressioni interne all’ala sinistra del M5s, della chiesa e dell’Europa. Salgono e scendono dalla Diciotti i parlamentari, fenomeno che rivedremo spesso.
Le trasmissioni si susseguono, scoppia una guerra diplomatica con l’Europa e Macron dall’ombrellone a Saint Tropez accusa Salvini di non avere pietà dei profughi, salvo fare lo stesso ai confini dell’Italia. Morale della favola? La cosa si finisce a buon fine con le solite ipocrisie ma intanto si scatena un putiferio arrivando a prospettare il reato di sequestro di persona da parte del Ministro dell’Interno dei profughi. L’epilogo sarà il voto nella Giunta per le autorizzazioni a procedere per Salvini al Senato. Il gruppo politico che vive con particolare fermento questa votazione chiaramente è l’alleato di governo, il M5s. Ad arricchire di mistero la faccenda, l’eventuale coinvolgimento di Di Maio, Toninelli e Conte per complicità del reato di Salvini. Tira di qua, tira di la, non sapendo che pesci pigliare, si è arrivati al referendum online, sulla piattaforma Rosseau, per chiedere ai militanti cinque stelle il loro parere. La cosa che davvero colpisce però è la forma di quesito che si rifà alla logica della difficoltà interpretativa che ho descritto prima. I commenti sin dall’inizio sono stati davvero duri ma poi, come un fulmine a ciel sereno arriva il post di Grillo: “Se voti Si vuol dire No, Se voti No vuol dire Si, siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!”. Ho dovuto scovare in internet questa paturnia che “indica la condizione per cui una persona tende a disprezzare e se possibile svantaggiare chi considera avere maggior talento e più possibilità di successo“. Il comma ventidue è ispirato al libro di Joseph Heller “per indicare una regola che però è un tranello”. La cosa che davvero sconcerta è che se lo stesso fondatore del Movimento cinque stelle oggi ritiene quantomeno bizantino il quesito. Che cosa devono pensare allora i milioni cittadini che per eliminare i politici e le loro furbate hanno delegato altri cittadini a rappresentarli in parlamento per avere comportamenti più trasparenti? Bene fa qualcuno a dire “non avete il coraggio di votare da parlamentari e volete dare a noi cittadini la responsabilità della scelta a favore o contro Salvini”. Quale sarà il risultato del referendum on line degli iscritti e la scelta dei parlamentari del M5s peserà non poco sugli equilibri di governo e quelli interni al M5s che, in ogni caso, continua a perdere voti e credibilità.