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AFRAGOLA. Questione mensa scolastica. “Afragola Viva” propone il ritorno al panierino

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AFRAGOLA – I fatti accaduti nelle mense scolastiche delle scuole di Afragola, negli ultimi mesi, evidenziano una criticità che sta emergendo anche in tutta Italia, dopo una serie di denunce e di inchieste dei NAS dei Carabinieri. Troppe mense sono gestite malissimo, si tratta della salute dei nostri bambini e non è più tollerabile una situazione di questo tipo. Afragola non è da meno. Il 4 dicembre nella materna del 1° Circolo didattico “Marconi” di Afragola, è stato trovato, all’interno di un piatto di pasta, una blatta. Successivamente, anche se tutto sembrava maggiormente controllato, è capitato un secondo caso gravissimo, nella materna della scuola “Aldo Moro” di Afragola, è stato dato ai bambini un prodotto scaduto, nello specifico si trattava di fesa di tacchino. Intanto era stata attivata l’Asl competente che aveva effettuato controlli presso la struttura, che gestisce il servizio di fornitura pasti per le otto materne delle scuole pubbliche di Afragola. La relazione dell’Asl descrive uno stato dei luoghi per niente rassicurante.

Da dicembre sono migliaia i bambini che non mangiano regolarmente a scuola e sono migliaia le famiglie che vivono un disagio notevole.

Il comune ha tutti gli elementi per procedere ad una risoluzione contrattuale. Le famiglie sono in rivolta: i bambini hanno rischiato eccessivamente, per quello che possiamo definire un pessimo servizio pubblico.

Abbiamo una soluzione per il comune: procedere alla risoluzione contrattuale con la ditta ed accompagnare le quattro scuole elementari di Afragola, che hanno la competenza delle otto materne locali, verso l’adozione di regolamenti che consentano ai genitori di introdurre a scuola i pasti domestici.

Una soluzione ottima che sarebbe anche “plastic free”, permetterebbe, infatti, una notevole riduzione di plastica nelle scuole, oltre ad un grande risparmio economico per le famiglie.

Diverse le sentenze che consentono ai Dirigenti Scolastici di far introdurre pasti domestici a scuola. Tra queste ricordiamo la Sentenza Corte d’Appello di Torino 21 giugno 2016, n. 1049.

Con apposito ricorso di 150 genitori -deducendo che i propri figli erano iscritti a scuole comunali elementari e medie, ove fruivano del servizio di refezione scolastica- convenivano il Comune di Torino ed il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR avanti al Tribunale di Torino affinchè: accertasse il loro diritto di scegliere per i propri figli tra la refezione scolastica ed il pasto domestico, ed, in particolare, il proprio diritto a che venisse consentito ai minori la possibilità di consumare il secondo all’interno dei locali adibiti a mensa della scuola nell’orario destinato alla refezione; ordinasse al MIUR di impartire alle dirigenze scolastiche delle scuole elementari e medie della Città di Torino, le opportune disposizioni; ordinasse al Comune di Torino di astenersi dal porre limiti e divieti in contrasto con il suddetto diritto di scelta e con le eventuali disposizioni del MIUR, così da consentire il consumo del pasto domestico all’interno dei refettori delle scuole di proprietà comunale.

Il MIUR con una nota del 3 marzo 2017 inviata agli Uffici Scolastici Regionali prendeva atto della sentenza e autorizzava a favorire l’introduzione di pasti domestici nelle scuole, e chiedeva di favorire la collaborazione con enti locali per assicurare il rispetto della sentenza.

Da quel momento vi sono state tantissime altre sentenze nella stessa direzione, anche il Tar Campania si è espresso in materia. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) ha pronunciato la sentenza sul ricorso numero di registro generale 3651 del 2017, annullando un regolamento comunale del comune di Benevento che vietava l’introduzione di pasti domestici per i bambini, creando un importante precedente, che obbliga oggi i comuni a non regolamentare diversamente.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la sentenza n. 5156 del 2018 sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2403 del 2018, proposto dal Comune di Benevento, che dopo la sentenza del TAR Campania aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato, soccombendo nuovamente.

Con la sentenza numero 5156 del 3 settembre scorso, il Consiglio di Stato ha legittimato il pasto da casa, denominato anche “Diritto all’autorefezione”, in quanto si tratta di un’estensione dell’attività di preparazione alimentare famigliare autogestita, non è soggetto alle imposizioni delle vigenti normative in materia di igiene dei prodotti e delle imprese alimentari e relativi controlli ufficiali (reg. C.E. n.178/2004, C.E. n. 852/2004 n. 882/2004), non è soggetto neanche a forme di autorizzazione sanitaria, né a forme di controlli sanitari, e ricade completamente sotto la sfera di responsabilità dei genitori dell’alunno/a.

Le linee guida sul “Pasto da Casa” sono state già trasmessi lo scorso anno, a marzo, dal Miur (Nota dell’Ufficio Scolastico Regionale del 9 marzo 2017). Il testo raccomanda tra l’altro di non impedire e ostacolare previa l’assunzione di responsabilità personale del dirigente scolastico nei casi di risarcimento del danno richieste dalle famiglie.

La finalità dell’inclusione e dell’uguaglianza va proprio perseguita attraverso la condivisione del medesimo spazio (refettorio) per la consumazione di cibi, anche differenti; la separazione sembra più una scelta delle dirigenze che non colpa delle famiglie. In quanto il pasto da casa è esattamente come quello speciale. La mensa industriale non rappresenta affatto un progetto educativo scolastico, ma si tratta di una pubblica fornitura di un servizio a domanda individuale offerto a chi ne fa richiesta e soprattutto dietro pagamento di un corrispettivo; gli alunni non svolgono alcun progetto, mangiano e basta, a volte neanche quello, considerata la quantità ‘industriale’ anche dei rifiuti prodotta che spesso è costituita da scarti e piatti lasciati intatti dai bimbi. Non vi è nessuna separazione legittima del tempo mensa da quello della istruzione pubblica, è vero invece il contrario: che il tempo mensa fa parte dell’attività scolastica. E, come tale, richiedere ai bambini di uscire da scuola, mangiare e rientrare dopo per la ripresa delle attività pomeridiane, lede certamente il diritto all’istruzione. Le famiglie che si trovassero in condizioni provocatorie e critiche possono presentare un esposto e richiedere un intervento legale, da quello dell’Autotutela per l’annullamento o la revoca di ogni provvedimento illegittimo, al ricorso al Tar, che non potrà far altro che applicare e risolvere come da Sentenza del Consiglio di Stato prima descritta.

Ad Afragola è il movimento “Afragola VIVA” che porterà avanti questa battaglia chiedendo ai quattro dirigenti delle scuole “MARCONI”, “ALDO MORO”, “CASTALDO” ed “EUROPA UNITA” di applicare le sentenze, autorizzando con appositi regolamenti d’istituto, l’ingresso dei pasti domestici a scuola.

Per Salvatore Iavarone “con questi provvedimenti giurisprudenziali, finalmente, si introduce un importante possibilità per le famiglie. Ad Afragola, dopo i recenti gravissimi avvenimenti nelle mense scolastiche possiamo dare alle famiglie una soluzione concreta. Gli istituti scolastici devono applicare appositi regolamenti, ma allo stesso tempo il Comune deve procedere con la risoluzione contrattuale all’attuale ditta della mensa scolastica. Anche dal punto di vista della riduzione dei rifiuti, sarà un importante beneficio per il territorio”

Infine, per i genitori anche la possibilità di far valere le ragioni di legittimità e di ragionevolezza, con l’immediato accesso al refettorio anche per i bambini non iscritti alla refezione scolastica, fermo restando il diritto ad ogni valutazione di qualsiasi altra iniziativa legale per il risarcimento del danno ingiusto, riconosciuto dalle sentenze sopra citate.

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AFRAGOLA. Raccolta Rifiuti come a Giugliano? Parenti e amici di politici assunti dalle vecchie ditte del servizio igiene urbana

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AFRAGOLA – Da poco più di un mese nel comune normanno si è insediata la nuova ditta del servizio di igiene urbana, affidataria di un appalto di svariati decamilioni per la durata di nove anni. Un appalto mostruoso mai visto prima in tutto l’hinterland napoletano. A vincerlo è stata una ditta che ha sede legale a Imperia ma il cui Amministratore è di origini afragolesi.

Premesso che per una querela sporta ai danni dell’ex Senatore Vincenzo Nespoli in merito proprio alle modalità che lo stesso voleva imporre alla funzionaria denunciante su come istruire l’indizione di gara sulla raccolta rifiuti, oggi è in corso un processo che vede coinvolti il dominus afragolese e l’attuale dirigente alle Finanze Marco Chiauzzi, oggi la nostra attenzione si focalizza su altre anomalie che riguardano lo stesso settore.

Prima che le chiavi del cantiere passassero nelle mani della Ecology srl il servizio era affidato alla Buttol mediante una gara indetta nell’ottobre del 2020 ma affidata nel dicembre 2021, quattordici mesi dopo e nel frattempo era sempre la Buttol ad espletare tale servizio, come? Non si sa. Ma andiamo oltre. La gara prevedeva l’affidamento per la durata di mesi 6+2 per un importo complessivo pari a € 4.009.967,62 iva esclusa di cui € 41.102,72 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso.

L’anomalia della nostra cronistoria sta nel fatto che la ditta Buttol, dopo la scadenza di 8 mesi previsti da questo affidamento abbia goduto di altre proroghe per altri 30 mesi per un valore pari a cinque volte a quello dell’affidamento previsto dal bando di gara.

Insomma. Per un appalto di circa 4 milioni di euro si è arrivati a far incassare alla ditta Buttol srl prima e Velia Ambiente srl poi una somma di 20 milioni di euro.

Ma le stranezze e le anomalie non finiscono qui. Fin dall’affidamento della prima gara ad oggi per quanto riguarda i 38 mesi presi in esame dal nostro articolo, non è stato mai firmato alcun contratto che potesse far valere un accordo tra le parti né dalla ditta Buttol srl e ne dalla ditta Velia Ambiente srl subentrata alla prima nello stesso appalto. Quindi le anomalie aumentano se si considera la possibilità di poter far subentrare una ditta in un appalto mai sottoscritto tra le parti.

Sarebbe tutto quasi normale se ci fermassimo qui. Invece no. L’Amministrazione Pannone su quest’affidamento si è superata. Oltre alle proroghe, sicuramente illegittime, che superano di gran lunga il valore dell’appalto iniziale e la mancanza delle firme sui contratti, quindi l’assenza di una legittimità da parte dell’azienda ad espletare il servizio, c’è da aggiungere, inoltre, che a tali ditte, prive di ogni legittimità – è bene ricordarlo sempre – sono stati affidati anche una serie di servizi aggiuntivi per diverse centinaia di migliaia di euro e la totale assenza di penali e ricorsi. Come se queste due ditte avessero sempre esplicato in maniera eccellente il proprio servizio di raccolta rifiuti.

Ma l’Amministrazione Pannone non si accontenta di farci chiudere le riflessioni sul vecchio appalto dei rifiuti in questo modo. Abbiamo ancora dell’altro. Poi non venissero a lamentarsi i cittadini sui costi esorbitanti della TARI. Da una parte devono uscire tutti questi soldi che beneficiano chissà chi. Ma andiamo avanti.

Durante questi 38 mesi queste due ditte hanno anche assunto del personale e da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo, pare che le due ditte abbiano anche ricevuto alcune pressioni da addetti ai lavori per far assumere parenti e amici e da quello che trapela, sembrerebbe che dietro ai camion della raccolta rifiuti ci siano finiti parenti o affini di consiglieri e/o di candidati nelle liste del Sindaco Pannone. Il dubbio che ci sovviene ora è: In che modo sono state assunte queste persone, tempo determinato o indeterminato? Hanno anche diritto al passaggio di cantiere e quindi sono finiti per essere dipendenti della nuova ditta? Lo scopriremo in questi giorni e vi daremo aggiornamenti.

Praticamente la vicenda somiglia tanto a quella di Giugliano che ha visto indagati il Sindaco Nicola Pirozzi e il vicesindaco Antonio Poziello. Solo che qui ad Afragola non si hanno traccia di mazzette e orologi di lusso e si spera tanto per l’Amministrazione ma soprattutto per il Sindaco Pannone, persona onesta, perbene e ottimo professionista, che il disegno portato avanti dai settori non sia lo stesso.

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AFRAOGLA. Processo SEAN. I PM della Corte di Appello chiedono la conferma della pena di primo grado. 8 anni di reclusione per Nespoli

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AFRAGOLA – In queste ore si è conclusa l’udienza di Appello al Processo “SEAN” che vede coinvolti l’ex Senatore Vincenzo Nespoli e il commercialista Maurizio Matacena accusati in relazione alla vicenda della bancarotta fraudolenta e riciclaggio. In riferimento al complesso residenziale in Afragola al rione San Marco.

I PM hanno chiesto la conferma delle condanne di primo grado, che per Nespoli prevedevano una pena di otto anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, mentre per Maurizio Matacena la condanna ad anni quattro di reclusione e interdizione di 5 anni dai pubblici uffici.

Questa vicenda giudiziaria non è solo che la punta dell’iceberg che vede il vero dominus dell’Amministrazione afragolese coinvolto in altri procedimenti.

Infatti solo pochi mesi fa la stessa Corte di Appello conferma e condanna l’ex Senatore a 9 anni di reclusione in merito al processo “La Gazzella” accusato, anche in questo caso di bancarotta fraudolenta, riguardante il fallimento della società di vigilanza La Gazzella di Afragola, che presentava un passivo di 25 milioni di euro.

Per gli stessi fatti a Luglio scorso Nespoli è stato condannato dalla Corte di Appello di Napoli, quinta sezione civile, a risarcire il Curatore del fallimento de La Gazzella S.R.L. per i danni arrecati alla società e ai suoi creditori. La somma complessiva, aggiornata alla data della decisione, ammontava a € 16.231.428,71. Inoltre, Nespoli si dovette farsi carico anche delle spese legali dei due gradi di giudizio relative alla controversia, quantificate in € 127.729,00.

A dicembre è stata fissata la data per le arringhe difensive degli avvocati di Nespoli e Matacena. Una volta concluse le arringhe, si attende la sentenza entro la fine dell’anno o, al limite, nel primo bimestre del nuovo anno.

Tempi duri per il deus ex machina dell’Amministrazione afragolese. Per lui l’anno prossimo sarà un anno molto intenso che si spera, lo vedrà un po’ più occupato nelle sue faccende personali e un po’ più lontano dalla vita pubblica afragolese.

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AFRAGOLA. Il Parco residenziale che doveva sostituire il Cinema Splendido non sarà più costruito. Annullato in autotutela il PDC.

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AFRAGOLA – Sono passati cinque mesi da quando l’Ufficio Tecnico del Comune di Afragola rilascia il Permesso di Costruire legato ad una Convenzione Urbanistica che vedeva la monetizzazione degli standard urbanistici nel lotto di terreno dove una volta sorgeva il Cinema Splendido.

Rilasciato il Permesso, iniziano i lavori di abbattimento di quello che fino a poco tempo fa rappresentava un luogo di aggregazione e di cultura. La ditta firmataria della Convenzione e richiedente del PDC nonché esecutrice dei lavori di abbattimento e ricostruzione è la Ditta Gralise Costruzioni srl di Afragola.

All’indomani di questo provvedimento amministrativo si è messa in moto una macchina investigativa che ha perfino interessato gli alti piani della Procura della Repubblica di Napoli, infatti tante sono state le visite delle Forze dell’Ordine delegate che in questi cinque mesi hanno raccolto documenti ed escusso quasi tutti i funzionari comunali coinvolti nell’iter burocratico inerente la Convenzione di cui sopra, fino ad arrivare alle ore 14:42 di oggi pomeriggio quando al protocollo compare la determinazione della sospensione dei lavori e di avvio del procedimento di annullamento in autotutela del Permesso di Costruire sopra citato.

Ma cosa è successo di così tanto grave al punto da scomodare la Procura della Repubblica? A un certo punto si è messa in moto una imponente azione info investigativa e in pochi giorni sono stati escussi dalla caserma dei carabinieri di Afragola funzionari e dirigenti comunali, l’ingegnere dell’urbanistica Valerio Esposito, Maria Pedalino e quattro responsabili dell’ufficio Gare e Appalti.

L’oggetto delle investigazioni era quello di verificare se prima del rilascio della Convenzione e della relativa produzione edilizia si è provveduto a fare le verifiche preliminari e quello che è emerso è che le verifiche preliminari sono state fatte in maniera tardiva e soprattutto sono state effettuate sulla base di autocertificazioni ma la cosa più eclatante emersa è che il richiedente del Permesso era detentore di un debito tributario di circa € 130mila nei confronti del Comune di Afragola e per i regolamenti dei tributi e regolamento di contabilità con tale difformità non avrebbe mai potuto firmare quella convenzione.

Allora le domande che ci poniamo sono: Se non si fosse mossa la Procura, per giunta una Sezione non di competenza territoriale dato che Afragola è sotto la giurisdizione di Napoli Nord, quindi non è escluso un interessamento diretto del Procuratore Capo di Napoli e della DDA, il Comune di Afragola nello specifico l’Amministrazione Pannone avrebbe mai sospeso questi lavori? Perchè i controlli non sono stati fatti prima di far firmare la Convenzione e prima dell’abbattimento del Cinema Splendido? Saremmo mai stati messi in grado di sapere tali difformità nell’iter burocratico al netto delle indagini?

A tal proposito, da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo, per le stranezze attuate dall’Ufficio Tecnico circa l’andamento burocratico di certi provvedimenti, anche la concessione edilizia di via Ciaramella sarà annullata in autotutela perché, allo stesso modo, dopo aver abbattuto l’immobile pre esistente, dagli uffici competenti si sono accorti che in quella porzione di area nel sottosuolo dovrà sorgere la stazione della Metropolitana. Insomma una sprovvedutezza tale da mettere l’Ufficio Tecnico ancor di più sotto la lente di ingrandimento.

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