di Sossio Barra
Melito – Fuoco e fiamme nella maggioranza guidata dal sindaco Antonio Amente. All’ordine del giorno sono diverse le questioni che meritano un approfondimento serio da parte della stampa. Dissesto finanziario, questione stadio e mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio Comunale, Nunzio Marrone, sono i grandi temi che stanno alimentando il dibattito in città in questi giorni. Andiamo con ordine. Partiamo dalla mozione di sfiducia al presidente del civico consesso. La maggioranza ha protocollato con tanto di firma di 14 consiglieri il documento attraverso cui intenderà sfiduciare il presidente Marrone. Una scelta discutibile innanzitutto sul piano politico. In casi come questi la politica sbaglia a scegliere lo strumento della sfiducia come unico modo di risolvere i problemi interni alla maggioranza. Ma questo è un altro discorso. Il primo dato che emerge dal documento di mozione è la mancata firma del sindaco Amente (oltre, logicamente, a quella dello stesso Marrone). Come mai il primo cittadino, che è il leader della maggioranza, non partecipa a questa iniziativa? Come mai non c’è la sua firma sul documento? Mistero della fede.
Se Amente non si esprime sulla vicenda, emerge un altro particolare. Chi sta dettando la linea della maggioranza al posto del sindaco? Siamo di fronte ad una mortificazione politica unica. Ma non è tutto. Qualora Amente, ad esempio, dovesse votare in consiglio comunale la mozione, non farebbe altro che confermare questo dato politico. Si ritroverebbe “convinto” o, peggio, costretto a votare un atto che non ha partorito lui. Un sindaco “ostaggio” della sua stessa maggioranza? Facciamo fatica a credere a questa ipotesi. Ma in entrambe le questioni, Amente si ritroverebbe addirittura in minoranza sulla mozione al presidente. In altre parole, se non votasse, confermerebbe di essere stato scavalcato sul piano politico dalla sua stessa maggioranza. Se, invece, votasse in aula la mozione, dovrebbe spiegare pubblicamente i motivi della mancata firma al documento e del perché avrebbe cambiato idea in quest’ultimo lasso di tempo. Tutti i nodi, prima o poi, vengono al pettine. Capitolo opposizione. Sul documento non ci sono le firme dei consiglieri di minoranza. Al netto di qualche indiscrezione che la vorrebbe spaccata sul tema, l’opposizione in aula dovrà presentarsi compatta su un’unica linea. Non votare l’atto è una necessità. La mozione di sfiducia rappresenta la prima, vera occasione per il centrosinistra melitese per chiudere le divisioni del passato che hanno contribuito fortemente alla vittoria di Amente ed aprire un nuovo ciclo politico e garantire un’alternativa credibile alla città. Pure perché votare la mozione significa prestare il fianco alla maggioranza ed aiutarla a liberarsi di un problema politico che si chiama Nunzio Marrone, che oggi viene visto dalla compagine di governo cittadino come una vera e propria “zavorra”.
Dunque la divisione su questioni che lasciano il tempo che trovano è un errore che l’opposizione non può ripetere all’infinito. E’ successo alle ultime Amministrative ed alla questione legata al manifesto “anti Amente” di qualche mese fa, quando il Pd non aderì all’iniziativa spaccando, nei fatti, l’alternativa di governo. Ora è tempo di unità. Al di là delle motivazioni che hanno indotto la maggioranza legittimamente a presentare il documento di sfiducia. Il dato è politico. Il centrosinistra non può frantumarsi su una decisione assunta dalla maggioranza soprattutto se nel documento mancano le firme di Carpentieri, Caiazza e tutti gli altri. Il tempo è galantuomo. Sempre.