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Terrorismo: tra paura e allarmismo

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Terrorismo: tra paura e allarmismo

di Valeria Ariemma

Dopo l’ultimo attentato avvenuto in un mercatino di Natale a Strasburgo che ha causato la morte di 5 persone, tra cui un nostro connazionale il giornalista Antonio Megalizzi, e 11 feriti la paura è di nuovo entrata a far parte della nostra vita quotidiana.

Il livello di allarmismo è molto alto e sta creando un clima di preoccupazione ed ansia sempre più generalizzato; forse è proprio questo lo scopo dell’ISIS, quello di diffondere terrore e paura tra la gente.

Si ha paura di compiere quelle azioni della nostra vita quotidiana che normalmente sarebbero banali (quali ad esempio passeggiare per strada, andare ad un concerto, fare colazione al bar sotto casa) ma che, in questo clima di tensione, risultano pericolose.

Così come qualsiasi piccolo evento, ad esempio uno zaino abbandonato può innescare comportamenti di fuga e generare allarme.

Ed è a causa di questo allarmismo che diventiamo più vulnerabili a qualsiasi piccolo imprevisto vivendolo poi come un’emergenza.

L’Europa, dunque, è di nuovo sotto il mirino dei terroristi per cui non esiste un Paese “sicuro”, a rischio zero, potenzialmente ogni luogo di qualsiasi città potrebbe essere il bersaglio.

Come bisogna reagire, dunque, alla paura innescata dal terrorismo?

Dovremmo, probabilmente, continuare a svolgere la nostra vita quotidiana normalmente, senza avere paura di ciò che potrebbe accadere e soprattutto senza avere paura “dell’altro”, di chi appartiene ad una cultura diversa o chi professa una religione diversa dalla nostra.

Perché non è di certo aggredendo le comunità musulmane che si placherà il terrorismo, è ingiustificabile accusare milioni di persone per le abominevoli azioni svolte da quei pochi centinaia di giovani che altro non vogliono che attirare attenzione su di sé, anche perché è proprio questo lo scopo dei propagandisti del gruppo terroristico dello Stato islamico.

Sicuramente i protagonisti del cambiamento, della svolta sono le nuove generazioni ed è proprio su di esse che bisognerebbe intervenire.

I giovani d’oggi non riescono a sentirsi parte di un qualcosa di più grande di loro, qualcosa che vada oltre la loro cerchia ristretta di amici e parenti.

Ormai non esistono più quei riti di passaggio che garantivano la propria appartenenza ad un determinato gruppo sociale, così come si è perso il senso della comunità.

L’Isis, al contrario, invece sembra apparire come un’organizzazione con un forte senso della comunità, capace di farti sentire come parte integrante di una grande famiglia che riconosce il sacrificio degli altri per il singolo e viceversa.

Si potrebbe pensare, quindi, di contrastare l’ISIS partendo dalla volontà e capacità di ognuno di noi di acquisire quel senso di appartenenza, che ci porta a vivere un’esperienza quotidiana di vicinanza ed accoglienza della diversità.

Dunque bisognerebbe concentrarsi sulle strategie a breve termine, ovvero lavorare sul senso di appartenenza, sia a livello individuale che collettivo, piuttosto che sulle strategie di sicurezza, che rischiano, invece, di limitare il campo personale per incrementare il controllo.

La paura esiste in ognuno di noi, è un nostro meccanismo di difesa, non deve essere però un ostacolo al cambiamento piuttosto uno stimolo a cercare delle strategie alternative.

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A Napoli la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre

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Nella solennità di San Francesco di Paola, patrono della “Gente di Mare”, nella omonima Basilica Pontificia di Napoli, in piazza del Plebiscito, a Napoli, si è tenuta la celebrazione in memoria dei caduti di tutte le guerre, di terra, di cielo e del mare.

Numerosa la partecipazione di autorità civili e militari, tra cui il Viceprefetto di Napoli, Dario Annunziata, dell’Ammiraglio Ispettore della Marina Militare Pierpaolo Budri, del presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Napoli Antonio Varriale.

È stata deposta una corona in memoria dei caduti a cura dell’Anmi, mentre il Presidente della Delegazione Provinciale dell’Oncsc Alfredo Migliaccio ha ribadito lo spirito di cooperazione tra le componenti associative d’arma, che rendono viva la memoria di chi ha combattuto per garantire la nostra stessa esistenza.

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Effetto dazi sulle Borse mondiali: “rischio di recessione per l’economia mondiale”

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I dazi di Trump “liberano l’America” ma fanno crollare i mercati, da Parigi (-3%) a Wall Street (-2,76%), con il Nasdaq in calo di oltre il 4%.

Milano lascia sul campo il 2,8%. Francoforte il 2%, Londra l’1,43%, favorita da tariffe più leggere rispetto agli altri Paesi, e Madrid l’1,23%. Il crollo del greggio (Wti -7% a 66,67 dollari al barile) e le tariffe commerciali sull’acciaio frenano Tenaris (-8,22%), Saipem (-6,86%), Prysmian (-5,08%), Antofagasta (-7,25%) e Anglo American (-6,44%).

“Le prospettive per l’export e l’impatto diretto e indiretto dei dazi sono un grosso motivo di preoccupazione“. Lo si legge nel resoconto (minute) della riunione della Bce del 5 e 6 marzo, che dà conto anche dei dubbi dei Governatori sul segnale da dare sui tassi d’interesse: i membri del Consiglio direttivo giudicavano “importante” che la comunicazione non dia un segnale in alcuna direzione in vista del meeting di aprile, “tenendo sul tavolo sia un taglio dei tassi che una pausa, in funzione dei dati in arrivo”.


(fonte: Ansa)

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Commercio, sempre più negozi cittadini e centri commericali chiudono con ricadute sull’occupazione

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Sempre più negozi cittadini chiudono con ricadute sull’occupazione.
Se ne apre uno, abbassano la serranda tre, secondo un noto sindacale nazionale di settore.
La crisi è stata acuita ultimamente dalle vendite on-line con consegna a domicilio, di questo passo si rischia che i centri urbani, senza più esercenti, diventino città-dormitori, più brutte, deserte e anche più pericolose.

“Assolutamente sì, è indispensabile un intervento dall’alto per fermare questa deriva che sta arricchendo sempre gli stessi colossi globali e impoverendo le economie locali. In Italia, il commercio fisico è stato lasciato senza strumenti per competere – dice Gaetano Graziano, Vicepresidente dell’associazione dei direttori dei centri commercialiAltri Paesi – continua – hanno capito il rischio e hanno agito: la Francia ha imposto una tassazione sui giganti del web per riequilibrare la concorrenza, la Germania ha investito nel supporto tecnologico ai negozi e il Regno Unito ha ridotto le imposte sugli esercizi commerciali per abbattere i costi di gestione. Nel nostro Paese, invece, non si è fatto nulla di tutto questo, con il risultato che le chiusure aumentano e i centri urbani si svuotano. Senza una strategia nazionale che includa sgravi fiscali, incentivi per la digitalizzazione e una regolamentazione più equa per l’e-commerce, il commercio locale sarà destinato a scomparire, con conseguenze gravissime sul PIL, sull’occupazione e sulla qualità della vita nelle nostre città.”

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