CAIVANO – L’onore della verità è praticato da pochi e quelli che vorrebbero dare la parvenza di praticarlo, anche nel torto marcio, continuano in maniera “gradient” a cambiare le loro versioni nel tempo, ma mai che io abbia letto una volta, da questa gente approssimativa: “Abbiamo sbagliato, aveva ragione tizio o caio”. Questa onestà intellettuale, nella comunità gialloverde non la vedrete mai, forse perché per possederla, oltre ad avere gli attributi ci vuole anche un quoziente intellettivo abbastanza alto e qui nelle lande desolate a nord di Napoli c’è penuria di entrambe le cose.
Io ricordo bene quanto Minformo, sia con articoli che con trasmissioni, insieme all’ex sindaco Monopoli e all’ex assessore al bilancio Giovanni Casillo, si sia battuto per far conoscere la verità sulla TARI ai cittadini caivanesi e quanto quest’ultima fosse stata presa solo come capro espiatorio per esercitare il ricatto politico più grande mai visto nella cittadina caivanese. Lo ricordo, ma nessuno di loro, compreso il sottoscritto, ci siamo mai permessi di dire “Avevamo ragione noi“. Questa frase la lascio agli stolti e ai personalisti.
Oggi, una sola verità è uscita fuori, che Monopoli aveva ragione ed è stato cacciato da chi voleva usare la politica per i suoi scopi personali. Questo è un dato politico incontrovertibile.
Ancora una volta, così come il Commissario De Vivo dovette per forza di cose, nonostante fosse circondato da sciacalli, ammettere che la parità di bilancio si fosse raggiunta già dal 2016. Oggi il Tar con sentenza n. 6535 del 09/11/2018 il TAR Campania (che potete leggere qui) accoglie il ricorso fatto dalla P.P.G. Industries Italia s.r.l. sulla quinta rata della TARI, definendo quest’ultima illegittima poiché la deliberazione del Commissario Straordinario n. 28 del 4 dicembre 2017 è stata approvata tardivamente, cioè oltre il termine previsto per l’approvazione del bilancio di previsione (31 marzo 2017; cfr. art. 151 del Tuel e art. 5, comma 11, del D.L. n. 244/2016 convertito con modificazioni dalla L. n. 19/2017), in violazione dell’art. 1, comma 169, della L. n. 296/2006.
E mentre l’ex consigliere Mellone, senza l’aiuto di uno bravo che lo aiutasse a leggere meglio la sentenza, grida alla vittoria dicendo il contrario di quanto dichiarava all’epoca della dissidenza con Monopoli, lo stesso insieme a chi lo aiuta a diffondere le sue dichiarazioni approssimative non si accorgono di un passaggio fondamentale della sentenza, dove recita esplicitamente che: “il ragionamento si fonda sulla formulazione letterale della disposizione di cui all’art. 1, comma 169, della L. n. 296/2006 (“…In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno”) che si riferisce all’ipotesi di omessa adozione della delibera comunale e prevede, in tale eventualità, la proroga “ope legis” delle tariffe ed aliquote valevoli per gli esercizi precedenti, oltre alla totale mancanza di effetti per l’anno in corso, della deliberazione tardiva”.
Praticamente quello che fece l’amministrazione Monopoli approvando le stesse tariffe del 2016, perché dai settori e dalla ditta Buttol non pervenne in tempo il famoso PEF (Piano Economico Finanziario). E tutto questo è stato detto e illustrato quando l’ex sindaco Monopoli e l’ex assessore Casillo furono ospiti di Tazebao, il talk politico esclusivo di Minformo.
Laddove i blog locali devono nascondersi dai titoli sensazionalistici dove recitavano: “La delibera adottata dal Commissario Straordinario sconfessa tutto l’operato dell’amministrazione Monopoli e sconfessato anche il Collegio dei Revisori dei Conti che nel verbale n.57 aveva espresso il convincimento che non poteva essere emesso un ruolo suppletivo della Tari rispetto a quanto deliberato il 4 settembre 2017”. Le stesse adesso non scrivono che sia Monopoli che i Revisori dei Conti avevano ragione ma si limitano a riportare la notizia con la speranza paradossale che nessuno la legga e non solo, ma hanno anche la faccia tosta di riportare dichiarazioni, che sanno di arrampicamenti sugli specchi, di gente incapace alla quale i fatti non fanno altro che dimostrare quanto sia interessato il loro apporto nella politica cittadina.
CAIVANO – Dopo le indiscrezioni nate da queste pagine sul presunto abuso edilizio del Ranch di proprietà della sottosegretaria al Consiglio dei Ministri Pina Castiello e dei suoi fratelli, e della totale assenza di iscrizione a ruolo nel registro dei Tributi dal punto di vista IMU e Tari, grande lavoro di controllo è stato fatto dal settore Finanze e Tributi, compulsato anche dal Commissario prefettizio Filippo Dispenza.
Avviati, ovviamente, opportuni controlli a 360° sull’intera popolazione, l’attuale Amministrazione prefettizia è venuta a conoscenza che l’intero importo di evasione tributaria a Caivano ammonta a circa sei milioni di euro. Un gruzzoletto che, se tutti i cittadini caivanesi pagassero regolarmente i tributi, darebbe enormi vantaggi economici alla comunità, nonché anche disponibilità di cassa per lavori di manutenzione ordinaria e straordianaria.
I controlli effettuati, così come per legge, hanno riguardato gli ultimi cinque anni per quanto riguarda l’evasione IMU e TARI e gli ultimi due anni per quanto riguarda il servizio di fornitura idrica.
Da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo, di questi circa sei milioni di euro di tributi evasi, si registrano gli avvisi di riscossione coattiva di un importo di circa € 5.500 cad. per un importo complessivo che riguardarebbero le proprietà terriere e immobiliari di via quattrovie e cinquevie, di circa 22mila euro indirizzati alla famiglia Castiello, nelle persone di Pina – l’attuale sottosegretaria di Governo – e gli altri tre fratelli.
Adesso, quanto di buono fatto dal settore Tributi ci aspettiamo lo stesso dal settore Urbanistica e che quanto prima si renda edotta la comunità sulla vera natura di quel villone con piscina.
Da caivanese propongo che questa sia l’unica storia che la sottosegretaria Pina Castiello possa permettersi di raccontare, la prossima volta, in un qualsiasi convegno che affronti il tema della legalità che si organizza a Caivano.
CAIVANO – I miei ultimi due editoriali sui controlli e la legalità applicati e sbandierati a senso unico alternato, considerando il fatto che a parlare di legalità sul territorio ci sono stati alcuni organi istituzionali che per quanto riguarda alcuni aspetti personali questo grande valore umano se lo sono dimenticati.
Sto parlando della inchiesta (leggi qui e qui) partita da queste pagine e che riguardano la Sottosegretaria al Consiglio dei Ministri con delega al Sud e vicesindaco di Afragola Pina Castiello che durante quest’ultimo anno non ha lesinato le sue presenze al fianco degli stati generali del Governo Centrale in passerelle politiche che come tema, quasi sempre, presentavano l’insegnamento della legalità ai caivanesi, brutti, sporchi e cattivi.
Siccome a nessuno piace prendere lezioni da chi, proprio lezioni non ne può dare, il nostro invito a controllare, dal punto di vista del rispetto delle regole, alcune anomalie che riguardano un immobile di proprietà della Sottosegretaria è stato recepito anche nel comune dove la stessa espleta la carica di vicesindaco.
Da indiscrezioni raccolte in esclusiva da Minformo dal canto suo il Commissario Prefettizio Filippo Dispenza ci fa sapere che si è subito attivato per vederci chiaro in questa vicenda, mettendo in subbuglio il settore dei Tributi, senza immaginare che dovrebbe mettere sottosopra anche il settore tecnico urbanistica e tra poco spiegherò il perché.
Di tutta questa storia si è occupata anche l’opposizione consiliare del Comune di Afragola che, come si legge dal profilo social del Consigliere Gennaro Giustino, nell’ultima conferenza dei capigruppo ha chiesto al Presidente del Consiglio comunale di Afragola Biagio Castaldo di mettere agli atti l’invito a fornire deduzioni, nel prossimo Consiglio Comunale utile, inerenti i presunti abusi edilizi ed evasione dei tributi legati al ranch di vie Cinquevie da inoltrare alla loro vicesindaca.
Il Consigliere Giustino nel suo post su Facebook scrive: “A scoperchiare il pentolone è la testata “Minformo” che in due articoli pubblicati sul web tira fuori storie di abusi edilizi nella dimora di Pina Castiello a Caivano, tasse evase, procedure burocratiche insabbiate e tanto altro. Incluso i condoni che quella villa di lusso, ex casa colonica, ha usufruito. Eppure, basterrebe utilizzare le aerofotogrammetrie e confrontare lo stato dell’arte alla data di chiusura dell’ultimo condono con quelle successive per capire cosa c’era, cosa e quando è stato realizzato e condonato. Verifica semplice e certa. Questa, però, è un’altra storia.
E sempre nel nome della verità e della legalità ho accolto l’invito del Consigliere Gennaro Giustino ed ho effettuato una ricerca su Google Earth e considerando che con il decreto legge 269 del 2003, successivamente convertito in legge, ha introdotto norme sulla sanatoria degli abusi edilizi e che in attuazione dell’articolo 32 del citato decreto-legge, la regione Campania ha adottato la legge regionale n.10 del 2004, peraltro dichiarata parzialmente illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 49 del 2006, ci siamo fatti un giro a ritroso negli anni attraverso lo strumento che ci mette a disposizione l’azienda californiana e abbiamo scoperto che fino al 2003 in quell’area dove oggi sorge una vera e propria reggia con piscina non esisteva nulla.
Quindi, il ragionamento è, in una eventuale assenza di permessi di costruire come è stato possibile sanare nel 2003 un manufatto abusivo inesistente? Poi se vogliamo considerare che la legge è stata recepita dalla Regione Campania solo nel 2004, scopriamo che in quella data si scorge solo la costruzione di una casa che ad occhio nudo presenta la metà delle cubature attualmente insistenti su quel terreno e quindi, laddove tale presunto manufatto abusivo sia stato condonato nel 2004, in tempo per il recepimento della legge regionale, quanto meno i sottotetti e la piscina che compaiono solo nel 2007 risulterebbero essere privi di condono sicuramente, perché abbondantemente oltre la data ultima per effettuare eventuale sanatoria.
Aerofotogrammetria del 2004Aerofotogrammetria del 2006Aerofotogrammetria del 2007Aerofotogrammetria del 2024
Sarebbe bello scoprire cosa è successo durante questi ultimi 11 anni, sarebbe bello scoprire i nomi dei colpevoli di questo lungo silenzio sulla questione, sarebbe bello scoprire se durante questi anni ci fosse stata una copertura da parte della classe dirigente politica ma sarebbe ancora più importante scoprire il perché gli attuali soggetti politici caivanesi continuano a trincerarsi in questo lungo, colpevole e connivente silenzio sulle illegittimità che riguardano gli attori che hanno disegnato la nostra comunità alla stregua dei narcotrafficanti colombiani. Ma un sussulto di dignità da parte di chi tra pochi mesi si accingerà a vendersi per il difensore di tutti i caivanesi quando?
Il decreto Caivano prevedeva un fondo di 40 milioni di euro destinato a contrastare la dispersione scolastica, dimostrando l’impegno del Governo nella tutela di bambini e ragazzi vulnerabili alla violenza di strada. Tuttavia, è emerso che nella Legge di Bilancio il fondo è stato ridotto a poco più di 10 milioni di euro.
Il decreto Caivano era il provvedimento simbolo del Governo Meloni per sostenere i giovani che vivono in quartieri difficili e a rischio criminalità, ma è stato ridimensionato dallo stesso esecutivo nella manovra economica. Nonostante il nome, le misure previste non si limitano al solo comune a nord di Napoli, ma mirano, nelle intenzioni del Governo, a colpire la criminalità minorile in tutto il Paese. Tra le novità, l’introduzione di pene più severe per i genitori che non mandano i figli a scuola, con sanzioni che possono arrivare fino a due anni di reclusione.
Uno degli elementi chiave del decreto Caivano è l’introduzione del Daspo urbano per i minorenni dai 14 anni in su che si siano resi responsabili di episodi di violenza. Questa misura, che vieta l’accesso a determinate aree cittadine, ha visto un’estensione della sua durata massima a due anni, rispetto al limite precedente.
Sul fronte della giustizia minorile, il decreto modifica le disposizioni relative al carcere preventivo, riducendo da nove a sei anni la soglia per l’applicazione della custodia cautelare per i minori. Inoltre, vengono previste sanzioni più severe per gli adolescenti di almeno 14 anni trovati in possesso di droga o armi, con l’obiettivo di rafforzare il contrasto alle attività criminali tra i giovani.
Per i minorenni colpevoli di reati che prevedono una pena massima di cinque anni, il decreto Caivano introduce un percorso di definizione anticipata della pena, che prevede l’impegno in lavori socialmente utili o attività benefiche a titolo gratuito. Questa misura è nota come “messa alla prova”. La sua attivazione è disposta dal Pubblico Ministero, in accordo con i genitori e con il parere dei servizi minorili, per una durata variabile tra uno e sei mesi.
Tagli che risultano in netto contrasto non solo con le promesse fatte in occasione del decreto Caivano, ispirato al Comune teatro di una violenza sessuale su due cugine minorenni, ma anche con le drammatiche cronache di questi giorni. “Una scelta che rivela la volontà del Governo di azzerare gli investimenti nell’istruzione e di considerare il Sud un peso”, affermano Irene Manzi e Marco Sarracino del Pd. “L’ennesimo omicidio dimostra invece l’urgenza di un piano straordinario per l’assunzione di più assistenti sociali e insegnanti”, sottolinea Sandro Ruotolo della segreteria Pd.
Il centrodestra, invece, contrattacca accusando i dem: “Il finto buonismo della sinistra, che governa Napoli e la Campania, è uno dei fattori che ha contribuito a questa deriva”, afferma Severino Nappi, capogruppo della Lega in Campania. Fratelli d’Italia continua a lodare il decreto Caivano: “Con questa iniziativa abbiamo gettato le basi per recuperare tanti ragazzi”, sostiene il senatore Sergio Rastrelli.
Tuttavia, nella legge di bilancio, gran parte delle risorse previste dal decreto sono state ridotte.