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Ambiente

Incendio Caivano. Accertato il dolo, adesso sono altre le cose da sapere e su cui indagare

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CAIVANO – Si fa sempre più certa la causa di dolo per l’incendio avvenuto il 25 Luglio scorso nella zona industriale ASI all’interno del sito di stoccaggio rifiuti Di Gennaro SpA. Le indagini condotte dalla Procura Napoli nord, nello specifico dai Pubblici Ministeri Patrizia Dongiacomo e Fabio Sozio e dall’aggiunta Domenico Airoma, sono dirette verso l’azione volontaria da parte di alcuni uomini ad appiccare il fuoco. Infatti dalle immagini di videosorveglianza requisite all’interno dell’azienda di stoccaggio, si vedono perfettamente le sagome di quattro uomini che si aggirano nei pressi delle ecoballe incendiate. La celere propagazione del fuoco poi conferma ulteriormente l’ipotesi del dolo, così come riportato anche nelle pagine de Il Mattino.

Una cosa è certa. Stabilire se la Di Gennaro sia vittima o carnefice è sempre più difficile perché il dolo non conferma e non dimostra il mandante dell’azione, ma su cosa si possono basare gli inquirenti per portare avanti le proprie indagini? Una cosa è certa ai cittadini vessati di Caivano e dei paesi limitrofi non interessa quante vittime ci siano in questa storia, quelle se ne contano già a migliaia, gli abitanti di questi luoghi dimenticati da Dio vogliono sapere chi è il colpevole.

Senza nessuna presunzione io posso accertare e senza paura di smentite che l’unico, vero colpevole è il denaro. Sì perché la storia di quelle ecoballe gira comunque, come giusto che sia da parte di una società per azioni, intorno al denaro. È notizia di questi giorni l’intimazione da parte dell’allora Guardia Forestale di smaltire le balle da quel piazzale, quindi stiamo parlando, di un’ordinanza ricevuta dalla Di Gennaro SpA, come minimo più di sette mesi fa, visto che la Guardia Forestale è stata dismessa il 31 Dicembre 2017. Quindi laddove le indagini della magistratura dovessero appurare la totale innocenza dell’azienda pascarolese, la stessa dovrebbe spiegare ai cittadini perché non ha seguito il suggerimento della Forestale e messo a repentaglio la salute dell’intero hinterland. Ma cosa succede in una realtà tipo come quella di Di Gennaro SpA, come mai si accumulano tutte quelle balle di plastica e cartone?

La colpa è della domanda. La colpa, principalmente ricade sui Consorzi, in questo caso Corepla e Comieco. Sono loro che dovrebbero smaltire quelle balle confezionate da siti di stoccaggio come la Di Gennaro SpA. Ma affinché il consorzio smaltisca ci deve essere un’azienda riciclatrice che compra. In poche parole, in Italia si è pensato bene affidare tutta la gestione dell’intera filiera del rifiuto in mano ai consorzi che ad oggi rappresentano un vero e proprio monopolio del mercato del riciclaggio, perché pur volendo affidare il materiale stoccato a dei privati, quest’ultimi non pagherebbero mai quanto paga un consorzio, ecco perché aziende come la Di Gennaro preferiscono aspettare la domanda portata dai consorzi. Peccato però che negli ultimi tempi la plastica, così come la carta non riesce ad essere smaltita come una volta sull’intero territorio nazionale. Ma perché?

Le cause dell’ingolfamento della differenziata sono svariate, la prima è che rispetto al 1997, quando è stata varata la legge Ronchi, la differenziata è fortunatamente aumentata, quindi adesso si produce più plastica rispetto a quando veniva bruciata nei termovalorizzatori o buttata nelle discariche; la seconda è che con l’aumentare della produzione non aumenta di pari passo l’impiego della plastica usata e quindi non emergono nuove aziende e nuove idee di riciclo e riuso; la terza è meramente speculativa da parte degli acquirenti e forse anche dei consorzi, perché “strozzando” i siti di stoccaggio riempiendoli fino al midollo, creano l’esigenza di spazio e mettono a repentaglio la sicurezza in modo tale che l’imprenditore custode delle balle accetti una svalutazione del prodotto.

A reggere i fili di questo gioco, in realtà sono gli utenti finali, ossia i riciclatori, i quali servendosi degli analizzatori possono stabilire quante scorie sono presenti in una balla trattata dai siti di stoccaggio. Ebbene sì, funziona così, il valore della monnezza è basato sulla quantità di impurità che contiene l’imballaggio. Quanta più alta è la percentuale di impurità presente in un imballaggio meno è il costo a tonnellata per il quale viene pagato. Un esempio di impurità nella plastica può essere dato dall’acqua presente nelle bottiglie, dalle etichette o dai film che rivestono le bottiglie stesse. Questi ultimi vengono denominati Plastix ed hanno un valore pari a zero sul mercato tanto è vero che per smaltirlo ci deve pensare l’imprenditore di stoccaggio a sue spese. Ma chi stabilisce quante impurità sono presenti negli imballaggi? Sia l’azienda di stoccaggio che i consorzi assumono del personale qualificato in grado di analizzare le ecoballe prese a campione che rappresentano il prodotto dell’intero carico, sono questi che in base a delle analisi appongono su carta la percentuale di impurità presente nell’imballaggio. La stessa percentuale che determinerà il costo a tonnellata dell’intero carico, ossia l’effettivo fatturato dell’azienda di stoccaggio e la spesa effettuata dal Consorzio.

Umani quindi, coloro che effettuano le analisi sono dei semplici esseri umani, anche loro corruttibili e perfezionabili, ed è dietro a questo meccanismo perverso, questo sistema blando che si nasconde la corruzione e la speculazione. E così al mattino, appena svegli, comincia la storia tra il leone e la gazzella, interpretati rispettivamente dai Consorzi e dai siti di stoccaggio, i primi alla ricerca di un prezzo sempre più basso ed una svalutazione del prodotto differenziato, i secondi alla ricerca spasmodica di spazio e col pensiero fisso di sapere se un eventuale incendio, anche non doloso, sia meno dispendioso della svalutazione offerta dai consorzi o del costo di smaltimento del Plastix.

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Campi Flegrei, il piano per la messa in sicurezza: 56 interventi da eseguire nell’arco di tre anni

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Cinquantasei interventi per le infrastrutture pubbliche nell’area del bradisismo ai Campi Flegrei, da eseguire nell’arco di tre anni con fondi per 260 milioni di euro.

E’ il massiccio piano di lavori per la sicurezza presentato oggi dal Ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, in un incontro con i sindaci del territorio svoltosi a Pozzuoli.

La riqualificazione sismica riguarderà anzitutto gli edifici scolastici, ma anche strutture pubbliche di rilevanza nazionale come la casa circondariale femminile di Pozzuoli e l’Accademia aeronautica, ma anche il comprensorio logistico della Guardia di Finanza a Miseno e quello militare di Nisida.
Un altro capitolo è dedicato alle opere idrauliche, cominciando dagli interventi sulla rete fognaria e su quella idrica a Pozzuoli e Bacoli.
Poi la rete viaria: previsto un nuovo ingresso per la Tangenziale di Napoli, dall’abitato di via Cigliano a Pozzuoli, e il completamento dello svincolo di via Campana.
Infine nel porto di Pozzuoli è prevista una nuova darsena traghetti e saranno eseguite opere di livellamento dei fondali con la creazione di moli galleggianti temporanei. Completano questa prima fase del programma gli interventi per la messa in sicurezza di costa e costoni a Bacoli.

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Campi Flegrei, diminuzione del bradisismo: solo 18 eventi registrati in una settimana

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Il bollettino settimanale dell’Osservatorio Vesuviano, relativo alla settimana dal 14 al 20 ottobre 2024, ha evidenziato un rallentamento dell’attività sismica nell’area dei Campi Flegrei, con soli 18 eventi registrati, rispetto ai 30 della settimana precedente.

Il terremoto più forte della settimana, si è verificato il 20 ottobre alle ore 18:22 ed ha raggiunto una magnitudo di 1.3 con profondità 3 km con epicentro localizzato al largo del golfo di Pozzuoli.

Il fenomeno del bradisismo, ovvero il sollevamento del suolo nell’area flegrea, prosegue, sebbene si osservi una riduzione nella velocità del sollevamento a partire da agosto 2024.

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Ambiente

Fonti rinnovabili, Star Energia: “col sole potremmo diventare esportatori netti di energia”

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“L’Italia è il paese del sole e del vento. Potremmo diventare esportatori netti di energia, eliminando le politiche assistenziali per il Mezzogiorno e raggiungendo una vera indipendenza energetica”.

E’ quanto afferma Mario Palma, CEO di Star Energia, una delle aziende italiane più attive nel settore delle energie rinnovabili, che sottolinea come nella realtà “l’indipendenza energetica si scontri con le politiche governative attuali, che sembrano favorire interessi legati alle lobby delle energie fossili e nucleari”.

Capita per l’energia fotovoltaica, che rappresenta oggi una delle fonti più diffuse e accessibili a livello globale, con numerosi Paesi che stanno investendo pesantemente su questa tecnologia per accelerare la transizione energetica, e l’Italia che, come evidenziato da Palma, è dotata di un potenziale solare ineguagliabile, specialmente nelle regioni meridionali, con un boom nell’installazione di impianti fotovoltaici negli ultimi anni; un boom cui non corrisponde però, a suo avviso, un’adeguata politica di Governo.

(fonte: Ansa)

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