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Anche i ricchi piangono

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L’aggressione a Niccolò Bettarini solleva interrogativi inquietanti, non perché sia figlio di due Vip, il papà Stefano e la mamma Simona Ventura, ma per la modalità dell’accaduto. Domenica otto luglio Niccolò, all’uscita dell’Old Station un locale “In”, frequentato dai figli della Milano bene, è aggredito a pugni, calci e ed è stato anche ferito con un coltello di venticinque centimetri, otto fendenti, che non hanno nemmeno risparmiato la ragazza che era con lui, colpendola e ferendola. I quattro arrestati non hanno risposto alle domande del Gip di Milano. Nel carcere milanese di San Vittore, i quattro arrestati: Davide Cadeo di ventinove anni; accusato di essere stato lui a sferrare gli otto fendenti; Alessandro Ferzoco; Andi Arapi e Albano Jakei, hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Oltre i quattro già in carcere altri sei sono ricercati, tutti accusati di tentato omicidio, di lesioni, di porto abusivo d’armi per il coltello con una lama da venti centimetri. Il giudice dovrà decidere sulla convalida dei fermi e sulla misura cautelare in carcere chiesta dal P.M. Elio Ramondini.

Ad ascoltare i vari Tg, il diverbio era cominciato prima e addirittura Niccolò Bettarini, si era prodigato nel mettere da parte i dissapori e addirittura ha offerto da bere al branco che di lì a poco l’avrebbe aggredito all’uscita dal locale e addirittura uno di essi avrebbe pronunciato una frase davvero inquietante “…sei il figlio di Bettarini, allora ti dobbiamo ammazzare”. Spente le luci dei riflettori e placati gli animi, si solleveranno i cori paternalistici di magistrati e politici “garantisti”, quando si tratta di minori e sicuramente le pene saranno qualche kazziatone o nella peggiore delle ipotesi un soggiorno in un centro di recupero giovanile. Arriveranno da parte dei protagonisti dell’aggressione le lacrime, i pentimenti i “non lo faccio più”, al ritorno dalle vacanze, tutti liberi e belli. Qualcuno potrebbe obiettare che scrivo questo perché Niccolò Bettarini è il figlio di gente famosa e se fosse stato il figlio di un povero diavolo, come spesso accade, la stampa non avrebbe dato enfasi alla cosa. Probabilmente è così ma non per pregiudizio, il problema reale è sociale, di violenza giovanile che colpisce tutte le fasce d’età, almeno dalle medie in poi. Il caso Bettarini non è differente dall’aggressione di un professore a scuola o da una serie di episodi che danno la misura di una generazione da curare. L’Italia è una nazione vive da un decennio una serie di riforme economiche che hanno aumentato le distanze tra ricchi e poveri e c’è davvero da stare poco allegri sotto l’aspetto del conflitto sociale. La Globalizzazione per l’Europa in generale, per l’Italia in particolare è significato mettere contro i nostri poveri contro i poveri provenienti da tutte le parti del mondo. I primi momenti sono stati drammatici poi è avvenuto il miracolo, è cominciata una lenta e progressiva integrazione e molti giovani italiani, hanno assimilato tutto quello che di negativo possa provenire dai giovani stranieri che, a loro volta, non hanno assorbito tutto quello che di buono c’è ancora nella nostra gioventù. E’ venuta fuori una contaminazione di “Gang”, senza regole, che fanno della violenza il loro credo. SI tratta di microdelinquenti italiani e stranieri che hanno un unico culto: postare sui Social le loro bravate e le loro violenze. Il caso di Niccolò Bettarini è rappresentativo di una santa alleanza tra albanesi e italiani per colpire il figlio di papà ricco.

Le grandi democrazie europee hanno vissuto prima il fenomeno ma hanno cercato spesso di diminuire le distanze sociali con una serie d’iniziative politiche per aumentare la qualità della vita nelle periferie, la scolarizzazione degli alunni, e soprattutto assistendo economicamente le famiglie. In Italia, come all’estero, quest’equilibrio è durato almeno un trentennio, oggi, tutto è saltato. In Sud’ America a un incrocio stradale ti possono ammazzare per rubarti una catenina e ci sono intere Aree, dove nemmeno la polizia accosta. Siamo già a questo in Italia? Ancora no, ma ci siamo vicini, riescono ancora a mantenere l’impalcatura sociale i genitori e a volte i nonni pensionati, ma per quanto ancora potrà durare questo “welfare fai da te?” Lavorare in una scuola mi ha dato la misura di assistere da venticinque anni a una trasformazione in negativo delle nuove generazioni degli alunni, distinguendo comunque una buona parte che eccelle ancora. I giovani sono cambiati è vero ma anche i genitori che, rinunciano nella maggior parte dei casi nel riconoscere un ruolo educativo della Scuola, limitandosi alla pretesa dell’insegnamento per i loro figli.  La Scuola è la cartina di tornasole di una società e insieme alla Sanità e il Lavoro dovrebbe essere un pilastro su cui rifondare una cultura, identitaria o multietnica non ha importanza. Casi come quelli di Niccolò Bettarini non dovrebbero accadere più, come un professore schiaffeggiato o un compagno di scuola umiliato davanti a una telecamera. Il tempo corre veloce e la clessidra del buon senso è quasi vuota per intervenire prima che un’intera generazione vada in fumo. Sii sbrighino tutti e la smettano di litigare i padroni del consenso italiano, i loro atteggiamenti immaturi e irresponsabili siano sostituiti da volontà e capacità risolutiva, ne va del futuro di tutti noi e dei nostri figli in particolare.

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