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⚽ Tabarez, l’Oscar del Mondiale

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ROMA – Non gli ha rubato il sonno Ronaldo. Come avrebbe potuto? Oscar Washington Tabarez è l’indispensabile scandalo in questo mondiale di strepitosa bellezza. E’ il tocco poetico dentro una prosa che inchioda ogni giorno milioni di persone, al di là della patria in campo. Dove ogni partita è un romanzo a sé e ogni romanzo una sfilata di attori che scoppiano di salute e bruciano di smanie, il delirio emotivo e motorio della folla, tra tribuna e campo, dove tutti cantano, esultano, rotolano, corrono, saltano, sbraitano, piangono e ridono, dove chi si ferma è perduto e dove la copertina è un anziano signore malinconico ma non triste, che si muove a fatica con l’aiuto della sua unica stampella, perché due risulterebbero troppe e certo patetiche agli occhi di questo mondo euforico e un po’ fuori di testa. El Maestro di Montevideo, così lo chiamano, a 71 anni il più vecchio allenatore del Mondiale, soffre da tempo di una rara malattia degenerativa che colpisce il sistema nervoso e lo porterà prima o poi alla paralisi totale. Oscar lo sa e ha scelto di non saperlo.

Oscar è lo scandalo della malattia mostrata in mondovisione dentro uno show che è l’apoteosi della salute. Il paradosso di un condottiero zoppo dalle cui labbra pendono una ventina di ragazzi milionari e palestrati. Tabarez è l’opposto di Sampaoli. E’ il totem venerato anche quando se ne sta acquattato in panca, tenuto lì fermo, costretto dalla bestia che ne sta facendo scempio. Un gigante a fronte dello gnomo peripatetico. E molto patetico. Il trafelato Sampaoli e il suo ignoratissimo andare su e giù davanti alla panchina come un cocker che finge di appassionarsi all’osso che gli è stato sottratto (infelice scimmiottatura di quel genio meravigliosamente patologico e pure lui ipercinetico di Bielsa). Lo dicono eroico, Tabarez, perché ha scelto di continuare a fare il suo mestiere, nonostante la malattia. Non è così. El Maestro non aveva scelta. Perché sa che la Celeste è la sua droga. Perché vivere non è possibile senza una droga qualsiasi, che ti aiuti a trasfigurare la realtà, quando la realtà è una pessima figura. Quando non si hanno più l’età e le gambe per correre dietro a una donna, ma dietro a Cavani che segna sì. Perché El Matador e compagni sono l’estensione felice del suo corpo malato. Perché, solo grazie a loro, gli capita per pochi istanti di dimenticare, che quella non è la stampella di un uomo claudicante, ma il bastone di un rabdomante che indica ai suoi la strada dell’acqua e del gol. Tutti loro lo sanno bene, Godin e compagni. Che sono lì, che giocano e vincono per una nazione intera e per un uomo di cui hanno scelto di essere le sue gambe perdute, la sua salute e la sua giovinezza perdute.

Lo chiamano da sempre Maestro, Tabarez, anche per questo. Per quello che infonde. La conferma più estrema che un grande allenatore è quello cui i giocatori sentono di dedicare le loro imprese. Non si deve mai beatificare un uomo. A meno di non beatificare anche le sue magagne e l’uomo Tabarez ha, certo, le sue. Ma qui, in questo mese di calcio folle e appassionato, lui è l’icona. Almeno quanto l’invasato Maradona che dimentica di essere Maradona. Sembra di ascoltare la soluzione dei mali del mondo quando un gruppo di giovani guerrieri e un vecchio malato più guerriero di loro mettono insieme le loro forze per dare felicità a sé stessi e a una nazione intera. E ora anche a milioni di tifosi senza passaporto uruguagio.

Fonte: Giancarlo Dotto per Corriere dello Sport.it

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Calcio, l’Italia batte il Belgio e si qualifica ai quarti di Nations League: decide un gol di Tonali

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Alzi la mano chi, dopo gli Europei tedeschi dello scorso giugno, avrebbe scommesso ancora sulla Nazionale di Luciano Spalletti. Probabilmente pochi o nessuno, ma quello che emerge dalla vittoria ottenuta ieri sera contro il Belgio che ci consente di staccare il pass per i quarti della Nations League, ci fa sicuramente ben sperare.

Infatti, se quella con la Francia a settembre era stata la partita della rinascita, quella di ieri sera allo stadio Re Luigi Baldoino di Bruxelles è stata una dimostrazione di forza e compattezza, una vittoria di grande carattere, dopo una partita nella quale l’Italia ha spesso dominato il gioco e controllato la manovra, ma dove ha saputo anche soffrire.

Insomma, la Nazionale inizia ad assumere i tratti del suo allenatore: bella e cattiva quanto basta, capace di giocare a calcio e di combattere quando l’occasione lo richiede. Alla fine la decide un gol di Tonali nel primo tempo, al termine di una splendida azione corale che ha visto l’ex milanista battere il belga Casteels con un comodo tap-in.

Ora testa a domenica e al big match con la Francia al Meazza, con il cuore sgombro dalle pressioni di una qualificazione ormai già ottenuta e con la consapevolezza di aver aperto un nuovo ciclo azzurro che si spera possa darci tante soddisfazioni.

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Calcio, l’Inter domina ma non va oltre il pari con il Napoli: è 1-1 al Meazza

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Si è concluso con un pareggio il big match della 12esima giornata di Serie A, che ha visto affrontarsi allo stadio Giuseppe Meazza in San Siro i padroni di casa dell’Inter e il Napoli allenato da Antonio Conte.

Nel primo tempo sono i nerazzurri a fare la partita, ma è il Napoli a passare in vantaggio grazie ad uno schema su palla inattiva concluso dal tocco sotto porta dello scozzese McTominay, bravo a sfruttare la disattenzione di Dumfries in marcatura. Sembra in discesa la gara per gli azzurri, fino a quando Hakan Calhanoglu non decide di buttare giù la porta con un destro imparabile che si infila nel sette, senza lasciare scampo a Meret.

La ripresa è un monologo dell’Inter, che tiene in mano il pallino del gioco e crea tante occasioni da gol non finalizzate dagli uomini di Inzaghi, su tutte il rigore sbagliato da Calhanoglu alla mezz’ora, per fallo in area su Dumfries.

Nel finale occasione anche per gli ospiti, con Simeone che non inquadra lo specchio della porta da pochi metri, dopo aver anticipato il suo diretto marcatore. Un punto che fa bene soprattutto al Napoli, che esce indenne dal Meazza e mantiene la vetta della classifica con un punto di vantaggio su Inter, Fiorentina, Atalanta e Lazio.

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Napoli, che bello senza coppe: batte il Milan e consolida il primato

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Una vittoria convincente, senza quasi mai rischiare di prendere gol e segnandone due in un tempo, sufficienti per vincere la sfida del Meazza contro il Milan.

I padroni di casa si presentano al match con gli azzurri senza gli squalificati Theo Hernandez e Reijnders, cui si aggiunge il forfait dell’ultimo minuto di Pulisic per un attacco di gastroenterite.

Gli uomini di Conte entrano in campo con un’idea ben precisa, che si tramuta nel gol di Lukaku dopo appena 5 minuti, grazie al filtrante di Zambo Anguissa che taglia la difesa rossonera e consente al numero 11 belga di siglare il vantaggio. Poi ci pensa Kvaratskheila a raddoppiare sul finire del tempo, con un assolo degno dei tempi migliori e un tiro che seppur non irresistibile supera Maignan.

Il secondo tempo è uno sterile monologo del Milan, che trova il gol con Morata a inizio ripresa, giustamente annullato per il fuorigioco dell’attaccante spagnolo. Poi nulla più, con un Napoli che si limita a difendersi chiudendo ogni spazio e un Milan che non si sveglia nemmeno con gli ingressi dell’acciaccato Pulisic e di Rafael Leao, l’escluso eccellente.

Conte porta il vantaggio dall’Inter a 7 punti, in attesa del match dei nerazzurri sul campo dell’Empoli, e tenta la prima fuga della stagione, grazie ad un calendario favorevole e al vantaggio di non giocare le coppe.

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