Il silenzio è d’oro, recita un vecchio adagio, e mai nulla è stato più vero come nel caso del manifesto affisso ad opera del PD Caivanese, un partito che a livello nazionale sta conoscendo una disfatta senza precedenti, con inquisiti, condannati e con una collezione di avvisi di garanzia che nemmeno il partito del più famoso cavaliere d’Italia era riuscito ad accumulare, come per dire, guarda da che pulpito viene la predica.
In quell’affisso il defunto partito di Renzi, che nel locale cerca di riciclare i vecchi volponi politici che hanno reso il paese la pattumiera del sud Italia, comunica ai cittadini, nel modo più vigliacco possibile, che il precedente governo è stato sciolto per infiltrazioni camorristiche.
Non già che il malaffare radicato è stato finalmente disvelato, che alla corruzione e al taglieggiamento sui fondi comunali sarà posta la parola fine, che infine avremo un paese dove i soldi pubblici saranno spesi per la comunità e non sprecati in opere inutili per foraggiare i soliti individui che attendono appollaiati, come gufi, che la prossima giunta gli consenta di continuare a depredare il territorio come hanno sempre fatto.
Lo stato in cui versa Caivano è noto a tutti, anche dalla stessa politica che oggi affigge i manifesti, richiamata più volte per quelli abusivi, quella che lo ha governato in improbabili coalizioni e che si è buttata a capofitto quando si è trattato di sostenere un sindaco distratto e silente, tipico dei falchi che non sanno più volare per la troppa cattività.
Come se questo paese avesse potuto essere ridotto a una latrina in soli due anni, come se nessuno avesse denunciato, come ha fatto l’ultimo sindaco, la superficialità -tanto per usare un eufemismo- della dirigenza dei settori, fino ad arrivare giustificare una gara vinta per un balzello e un contratto mai firmato che costringe i caivanesi a sopportare la puzza della immondizia un giorno si e l’altro anche.
Come se il parcheggio selvaggio sui marciapiedi, l’occupazione abusiva del suolo pubblico, le barriere architettoniche, un castello medievale truccato come una vecchia bagascia e un centro storico preda di spacciatori di felicità, siano fatti del tutto recenti, che chi amministrava prima fosse l’immacolato che non si è mai sporcato le mani nella marmellata delle determinazioni e degli appalti.
Come se tutto funzionasse alla perfezione e che il sindaco Monopoli avesse rotto l’archibugio svizzero che regolava la vita di questa splendida città a nord di Napoli, una cittadina invidiata da tutti per le sue bellezze architettoniche e il panorama mozzafiato.
Di fatto, la politica, ha mortificato la vocazione agricola di un paese che -e questo è un dato oggettivo- trovava la sua massima espressione nei prodotti genuini che la sua terra produceva, ha dato la stura alla lottizzazione selvaggia e alla cementificazione massiccia di gran parte del territorio.
I fatti si conoscono, la storia non è opinabile, bene farebbero questi rappresentanti del popolo a fare tesoro di quel silenzio che in questo momento non potrebbe altro riappacificarli verso i cittadini ormai delusi e rassegnati a vivere in un paese famoso per la monnezza, i roghi tossici e le piazze di spaccio.
Comincino a lavorare per i loro figli, per il benessere di quelli che abiteranno l’attuale cloaca trasformandola, se non in un paradiso, almeno in un luogo decente in cui poter trascorrere la loro esistenza.
Abbiamo l’obiettivo di cominciare a costruire e non quello di distruggere, come in questo caso, l’avversario politico.
L’affissione è una condanna a se stessi, un autogol che li sotterra sotto il loro stesso fango.
Sui social è una processione di persone che offrono solidarietà al medico caivanese, le stesse che lo hanno votato, quelle che hanno creduto che una rivoluzione fosse possibile.
Nemmeno il PD può prescindere da questo, volendo o no, è iniziata una fase che nemmeno loro possono ostacolare, nemmeno tappezzando la città di quella carta straccia a cui sono abituati. In un paese che si rispetti, con dei politici veri in campo, con l’umanità che dovrebbe contraddistinguere chi deve gestire la cosa pubblica, ci si aspetta il rispetto per l’avversario.
Avessero atteso almeno la relazione della commissione sarebbe stato meglio, hanno preferito, invece, una sveltina come quelle degli adolescenti in calore.
Noi preferiamo attendere, siamo di quelli che amano i preliminari.