Ogni lasciata è persa, recita un vecchio saggio, e quella del Movimento di Di Maio l’ha persa, per sempre ormai, la strada per quella rivoluzione culturale che avrebbe fatto avanzare questo nostro paese nella direzione di una distribuzione equa della ricchezza e di una meritocrazia tanto sperata e mai attuata.
I miti della vecchia politica, quelli a cui la maggior parte dei cittadini che oggi hanno espresso il loro voto di protesta e attraverso cui hanno dato sfogo a quella parte più assistenzialista del credo politico, oggi si scontrano con una realtà che non è tanto distante dalla logica che li ha da sempre portati al voto.
In questo contesto bisogna smentire Di Battista quando parlò di un popolo di rincoglioniti, perché la maggioranza degli italiani sono tutto meno che stupidi, se il termine usato dal deputato pentastellato fu pronunciato nella sua accezione meno dispregiativa.
La storia insegna che gli italiani sono il popolo che è stato a guardare la caduta della prima repubblica e si è indignato per qualcosa di cui è stato complice e fruitore, quando la raccomandazione, il posto di lavoro in cambio del voto, l’assistenzialismo estremo, la sanità dei cerotti e delle siringhe gratuite, l’abusivismo edilizio sfrenato e il depauperamento del territorio non gli facevano storcere il naso neanche davanti all’estremismo del “magnamagna” alla luce del sole.
La giustificazione che si è sempre data a certe leggi ingiuste ma facilmente aggirabili perché emanate per esserle, quando si legiferava partendo dal cavillo con cui eluderle, che faceva comodo a tutti, dal grande industriale al piccolo artigiano, “quando è per tutti è mezza festa”.
E la festa, gli italiani, se la sono fatta da soli, producendo una classe politica degna dei suoi elettori, la gente del “mors tua, vita mea”, del lavoro a ogni costo e del cartellino del furbetto, come se a pagare dovessero essere gli extraterrestri che di lì a poco sarebbero scesi da non so quale cielo.
Oggi scopriamo un’Italia divisa in due, come se fosse stata qualche volta unita, come se il terrone e il polentone non fossero due popoli dalle idee e dal tenore di vita completamente diversi.
Il sud ha saputo esaurire ogni singola lira che lo stato (a debito o con le tasse dei cittadini stessi) ha messo a disposizione per lo sviluppo di un territorio devastato da mafia, ndrangheta e camorra, fagocitando tutto ciò che si poteva, e dove non riusciva la malavita organizzata ci pensava il cittadino comune, spendendo e spandendo il patrimonio di una parte di democrazia per svenderla a qualsiasi politico gli avesse assicurato l’agio di condurre una vita da miracolato.
Di Battista sbaglia, gli italiani non sono rincoglioniti, sono più che attenti a chi votano per trarne il massimo vantaggio possibile, per sé ovviamente, che gli altri possono anche ammazzarsi perché rimangono altri.
Non so se sia una bufala o meno quella riportata da Republica.it, nemmeno mi interessa.
Resta il fatto che mezza Italia ha scelto l’assistenzialismo al rimboccarsi le maniche, milioni di cittadini del sud che odiano un partito che proclama da sempre la sua netta contrapposizione all’altra metà laboriosa e scrupolosa, hanno deciso che il futuro dei loro figli sia rinchiuso in un portafoglio con 800 euro al mese senza alcuna speranza di progresso.
Facciamo la fila per il reddito di cittadinanza senza curarci della fila ai Pronto Soccorso, dei letti che mancano in ospedale, delle scuole che cadono a pezzi, delle strade ridotte a carrozzabili da medioevo.
Non ci facciamo mancare nulla, proprio nulla di quello che ci toglie l’ultimo briciolo di dignità e ci pone all’attenzione di una stampa che non cerca altro che vedere un popolo in fila per farsi prendere ancora una volta per il sedere (ma si può leggere anche culo).