Una cittadina messa in ginocchio dai giochi politici del potere becero e senza cuore, sempre più disattento ai bisogni dei cittadini e pronto a articolare parole -vuote- quando si avvicina il momento in cui i paesani, recandosi ai seggi elettorali, stringono ulteriormente il cappio intorno al loro collo.
Una città ormai rassegnata, triste accettazione che rasenta la sottomissione.
E gli “inciuci” continuano, sotto la bandiera di un’informazione teleguidata dai pochi che possono permettersi di comprare un tanto al chilo la stampa locale, girando il coltello in una piaga ormai infetta da anni, imputridita dal pus maleodorante del sistema costruito sulle fondamenta del bisogno, quello altrui, che riguarda la fame e la sopravvivenza.
L’ultimo sfogo l’ho letto sul profilo facebook di un caro amico di infanzia, una persona che è partita da zero, e io ne sono testimone, per costruirsi un lavoro che gli ha consentito negli anni, di non cedere al ricatto del voto di scambio, quello del posto, del favore, del sussidio elargito random fra i non aventi diritto per una croce a matita compiacente.
Giuseppe Giliberto, shopping computer, un negozio che è partito quando c’erano ancora gli stereo 8 e le musicassette, il digitale era ancora lontano nel tempo e nell’immaginazione.
Voglio riportare il suo sfogo per come lo ha scritto, per marcare ancora di più, se mai sia possibile, la delusione che traspare tra le parole, sue e di tanti altri commercianti che hanno commentato.
“Caivano ore 19.30 io ho chiuso per disperazione, nel ritornare a casa mi ha colpito l’assenza totale di clienti in tutti i negozi..la grande distribuzione con le sue luci sfavillanti e l’offerta totale di tutti gli oggetti dei nostri desideri ci ha ormai seppellito..non possiamo competere minimamente nemmeno con il più piccolo dei centri commerciali, fuguriamoci poi se parlo del Campania.. quanto durerà ancora la nostra resistenza?? quanto tempo ancora passerà prima di chiudere definitivamente? “.
Qualcuno, nei commenti, da la colpa ai politici con il solito populismo che oggi tanto va di moda, altri ricercano il significato della sconfitta nei cittadini che “fuggono” da una città che non ha niente da offrire se non dosi di cocaina vendute a tutte le ore nelle innumerevoli piazze di spaccio che si possono ritrovare in ogni angolo del territorio, frazioni comprese.
Il vero motivo, a mio parere, sarebbe da ricercare nella richiesta di “pane” di un popolo che ha perso la sua dignità, definendosi nella scia di un consumismo scellerato che non sa guardare oltre la punta del dito che indica una possibile soluzione.
Caivano ha un centro storico straordinario, ancora ben conservato, con vicoli che potrebbero incantare con le luci di sera, campanili, torre dell’orologio, chiese e piazze da sfruttare per vincolare i cittadini al proprio territorio.
Invece si preferisce lasciarlo nelle mani dello spaccio organizzato, da via Roma, che sfocia sulla splendida piazza dell’obelisco ai martiri della guerra, a via Garibaldi, da via Rosano, memoria storica del paese, a via Visone che guarda in faccia il palazzo antico che ospita il liceo scientifico. Per non parlare di vico Storto a Campanile, della spettacolare via De Paola, di via Sonnabula, via Don Minzoni, strade tutte da valorizzare se si avesse una visione umana del territorio.
Nessuno, negli anni, ha saputo valorizzare un patrimonio che altri ci invidierebbero se solo fosse rivalutato e ottimizzato per il commercio artigianale, puntando sulla costruzione di un salotto a cielo aperto che non avrebbe nulla da invidiare a cittadine dal nome più blasonato.
A noi è convenuto dare colpo di grazia a questo paese con il pomodoro dal “cuore nero”, immolarlo sull’altare di una popolarità personale e oscena, simulacro di una concezione prigioniera degli stereotipi della terra dei fuochi.
“Solo da qui, solo Pomì” fu lo slogan di una famosa azienda di conservati.
Mi chiedo in quanti sarebbero disposti a rilanciare la propria attività in un territorio simbolo di morte e di tumori devastanti, una Černobyl nostrana molto attenta alla diffusione della menzogna, dove ci hanno insegnato che gli affari si fanno con la camorra o con se stessi se si scappa via.
Avere il coraggio di denunciare non significa farsi eroe, indica la volontà di aprire un negozio dove si registrano musicassette e si vendono Vinili guardando al futuro con ottimismo e la speranza che a continuare siano i nostri figli.