Scrissi, una volta, di un inciucio di paese, quelli che quando la voce gira, vera o falsa che sia, fa danni a volte irreparabili. Il titolo del micro racconto è “L’ermafrocita” e racconta di un “qui pro quo” che getta il protagonista in un turbine di accadimenti a cui non riesce a sottrarsi e solo alla fine, con un atto di coraggio estremo, riesce a chiarire la situazione iniziata grazie a una sorta di telefono senza fili, come spesso succede nei piccoli paesi.
Il riscontro con le situazioni che si vivono a Caivano, Cardito, Crispano e posti simili, è facilmente verificabile perché, nonostante possiamo dire di vivere nel 2017, in pratica soggiorniamo in un anfratto in cui il tempo si è congelato restando immobilizzato al medioevo.
Un esempio su tutti è quello dei presunti giornalisti senza faccia, non si capisce bene se non la posseggono o ne sono privi a causa di un sortilegio malefico della strega di Biancaneve.
Sarà, magari, anche il caso che la faccia ce l’hanno e non ce la vogliono mettere, puntando su un alone di mistero che genera un fascino attrattivo tipico delle persone enigmatiche.
Insomma, il mito della “bella ‘mbriana” che vuole personalizzare la pazzia e che nessuno conosce di persona e allora tutti si incuriosiscono e cercano di dipanare il mistero dell’uomo invisibile.
“La tradizione racconta di una bellissima principessa, tanto bella quanto infelice, e del suo amore mai vissuto. Un amore così forte ed assoluto che, una volta perduto, aveva causato in lei un vuoto assoluto. Tanto smisurata era stata la disperazione che la ragione non aveva retto; così la fanciulla era uscita di senno e la sua pazzia l’aveva condotta a vagare per i vicoli della città, come un’ombra, alla ricerca di qualcosa o di qualcuno che mai trovò”.
Nella fattispecie, nel corso dell’ultimo anno si sono palesati diverse ‘Mbriane dal volto coperto, talebani dell’informazione ed eunuchi -non me ne vogliate ma il termine calza a pennello- senza attributi, che parlano del più e del meno ma non senza conoscere l’argomento del discernimento, preparati insomma.
Sarà una moda, un modo diverso per dare la notizia, un vezzo di mancate prime donne, attori falliti o comparse invidiose del protagonista, fatto sta che esistono e c’è pure gente disposta a dargli credito.
Geppy Barisciano è un giornalista, almeno così si legge dal suo profilo sul social network di Mark Zuckerberg, che ha scelto, dall’alto dei suoi quasi 70 seguaci, di non metterci la faccia, ovvero, quella ci sta sulla sua pagina, il problema è che nessuno è ancora riuscito a capire se davvero esiste o se è l’invenzione fantasiosa di un altro giornalista, magari fallito anche lui, che tenta di farsi strada nel variegato mondo dello spettacolo.
Il coraggio è, secondo il dizionario, la forza d’animo connaturata, o confortata dall’altrui esempio, che permette di affrontare, dominare, subire situazioni scabrose, difficili, avvilenti, e anche la morte, senza rinunciare alla dimostrazione dei più nobili attributi della natura umana.
Il più nobile degli attributi umani, non ci sono altre parole migliori per definire un sentimento che è per pochi, per quelli che la paura la mettono al servizio della verità, di coloro che si affidano al giudizio liberamente mostrando tutte le proprie debolezze per poterne trarre la forza per condurre le battaglie.
Sembra che a molti manchi.
Non me ne voglia signor Barisciano, a me stanno antipatici quelli che si nascondono, mi annoiano come quando leggo Federico Moccia o Ian McEwan, mi anestetizza i pochi neuroni che ho nella testa.
“E’ normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti”.
Questo lo scriveva Paolo Borsellino, lo prenda ad esempio signor Barisciano.
P.S. Per chi volesse leggere “L’ermafrocite” può scaricarlo liberamente dal sito della Mondadori.