Mi ha colpito molto la lettera letta da una bambina alla fine della manifestazione “Un seme per la legalità” in ricordo di Lino Romano, peccato che ad ascoltarla c’erano solo i suoi compagni di classe oltre coetanei delle scuole carditesi.
Gli adulti, pochi a dire la verità, parlottavano tra di loro, di politica, di calcio e altri argomenti che sembrano essere di vitale importanza per loro.
Gli adulti, brava gente.
Il monito che arrivava dalle parole della bambina era rivolto proprio a loro, resi sordi e ciechi da una contingenza che sembra andare oltre ogni forma di contrapposizione e a una logica di disinteresse che riguarda il vivere civile.
“Hanno voluto che a leggere fossimo noi bambini, perché per gli adulti la nostra voce conta poco, nessuno ci ascolta, e anche questo è camorra.
È camorra quando fingiamo di non vedere, quando non reagiamo al sopruso di un’imposizione qualsiasi, quando ci facciamo interrare i rifiuti e fingiamo di non vedere, in tutte le occasioni in cui accettiamo di pagare un tributo per la nostra tranquillità”.
Un discorso netto, di quelli che se ascoltati colpiscono al cuore, parole a cui è impossibile dare una risposta perché c’è una verità profonda che dovrebbe ammutolire ogni congettura, che costringe a chiudersi in un silenzio che produce un chiasso infernale nell’anima.
Sarà per questo che gli adulti erano distratti, assumersi la responsabilità del futuro dei propri figli è un atto di coraggio che è per pochi.
Lino Romano è vittima di una società che stenta a ritrovare la strada coraggiosa della denuncia, e allora si diventa tutti conniventi con la storia che descriverà un delitto come incidente di percorso, l’atto di una pazzia al singolare per evitare di assumersi l’onere di una colpa senza assoluzione, mentre il peso di un simile delitto dovrebbe ricadere su tutti noi.
In una simile circostanza perfino i vocaboli vengono stuprati, concetti come “rivoluzione culturale” assumono contorni diversi in riferimento alla sfera a cui vengono applicati. Così può divenire solo un fatto politico o solamente un’idea che riguarda il bon ton, un atteggiamento esteriore che non riesce a toccare il profondo della coscienza.
La rivoluzione culturale, invece, avrebbe dovuto disarmare l’assassino di Lino e tutti gli altri criminali che hanno agito in nome di un non ben definito equilibrio criminale.
Se esiste un aldilà, da lassù un giovane innocente ci sta gridando di fermarci a riflettere, ad ampliare la nostra visione di società egualitaria e di provare a fermare questa gente dal grilletto facile con l’arma persuasiva del coraggio della denuncia, e non arrendersi alla condizione di ergastolani condannati a camminare per le strade sotto la minaccia delle armi irragionevoli del profitto a ogni costo.