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Napoli

BANCO DI NAPOLI, Daniele (PD): “A rischio lavoratori”

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NAPOLI – “La Fondazione Banco Napoli è stata oggetto, quest’oggi, dell’attenzione della commissione d’Inchiesta sulle partecipate della Regione Campania. Dall’ ascolto del Commissario Paola Parente prima e di Cgil, Cisl e Uil poi, ne è uscito un quadro preoccupante rispetto ad un bene con potenzialità inestimabili e che, è bene ricordarlo, forniva, fino all’anno scorso, un servizio sociale importantissimo che il solo Comune di Napoli non riusciva e non riesce a sostenere, ovvero il semiconvitto per ben 600 bambini disagiati (4000 fino a 4 anni fa) che durante quest’anno scolastico, invece, non ne usufruiranno”.

A dichiararlo il consigliere regionale Gianluca Daniele che prosegue: “Oltre al valore sociale della Fondazione c’è un enorme patrimonio immobiliare di cui fanno parte tutta l’Area ex Nato, la residenza universitaria di Pozzuoli, inaugurata nel 2016, e diversi immobili di prestigio che, se fossero restaurati garantirebbero da soli la sopravvivenza della Fondazione. Nonostante ciò si è ormai dato fondo alla liquidità accantonata e da gennaio 2018 non sarà più possibile erogare gli stipendi ai 10 lavoratori. Credo sia doveroso – conclude il consigliere PD – che il Consiglio tutto si impegni per il risanamento della Fondazione affinché essa possa, quanto prima, riprendere anche l’importante lavoro sociale che svolgeva fino a giugno scorso, surrogando il Comune di Napoli”. Così il consigliere regionale Pd Gianluca Daniele.

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Cronaca

Truffe ad anziani in tutto il Sud Italia, sgominata la centrale dei “finti carabinieri”

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Maxi operazione dei Carabinieri nel cuore di Napoli, dove i militari del Comando provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dei colleghi partenopei, hanno sgominato una ‘centrale delle truffe’, con base operativa nei pressi di Porta San Gennaro, ma che operava in tutto il Sud Italia.

L’operazione è stata avviata dai Carabinieri di Reggio Calabria grazie a una segnalazione su una truffa avvenuta lo scorso maggio a San Giorgio Morgeto, piccolo centro della provincia di Reggio Calabria. Nei guai due pregiudicati che, utilizzando l’ormai consueto metodo del ‘falso carabiniere’, avevano raggirato un’anziana signora, invalida al 100%, convincendola a consegnare tutti i gioielli che custodiva in casa.

Per persuaderla, avevano inscenato un falso incidente stradale in cui sarebbe stato coinvolto il nipote, e avevano richiesto una finta cauzione per evitare l’arresto del giovane. Spaventata e preoccupata per il nipote, la donna ha ceduto i suoi preziosi, ricordi di una vita, per un valore stimato superiore ai 40mila euro.

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Cronaca

Droga e telefonini in carcere, beccati i corrieri

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Stamane è in corso un’operazione della Polizia a Napoli, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale partenopeo, su richiesta dalla Procura. Quindi sono 12 le persone ritenute, a vario titolo, gravemente indiziate dei reati associativi di traffico di droga e l’accesso indebito di cellulari per i detenuti. I reati scoperti sono aggravati dal metodo mafioso.

Lo scorso settembre il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha tenuto una conferenza stampa in seguito al blitz contro i clan casertani. “I detenuti continuano a comunicare dal carcere, a mandare video di feste e compleanni, riescono a comunicare tra di loro e quando ho proposto di comprare i jammer almeno nelle carceri di alta sicurezza, non sono stato ascoltato, mi hanno detto che fanno male alla salute“. Gli jammer sono inibitori di segnale che costano ognuno 60mila euro.

Mi è stato detto – ha aggiunto il magistrato calabrese – che la penitenziaria deve comunicare con il telefonino, mi risulta invece che c’è un telefono con il filo per chiamare i superiori e gli uffici. Non avendo preso provvedimento seri, per ora vengono usati in alcune carceri l’inibizione dei droni anche se poi nella realtà sono già stati usate anche delle contromisure per inibire gli inibitori di droni“.

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Cronaca

“Renà non mi lasciare”, le ultime parole di Arcangelo Correra

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Prima di perdere i sensi avrebbe detto “Renà non mi lasciare”, Arcangelo Correra, il 18enne morto sabato scorso in ospedale dopo essere stato ferito a morte alla testa da un colpo di pistola esploso dall’amico Renato Caiafa di 18 anni che, a suo dire, stava maneggiando una pistola trovata poco prima sulla ruota di una macchina parcheggiata.
Il giovane ha voluto riferire la circostanza stamattina nel corso dell’udienza di convalida del fermo emesso dalla Procura di Napoli (pm Capasso) e notificato dalla Polizia di Stato; fermo che poco fa il gip non ha convalidato disponendo comunque la detenzione in carcere per l’indagato.

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