CAIVANO – Caivano. In un paese politicamente “sfortunato”, con la credibilità delle istituzioni al minimo storico e con un Sindaco che deve combattere innanzitutto contro i suoi stessi consiglieri e contro larga parte dei dipendenti del Comune, l’unica istituzione ancora credibile dovrebbe essere la Chiesa. Ma in un paese “sfortunato” e allergico alle regole, ti accorgi che nemmeno, almeno stando ai fatti, il mondo ecclesiastico sia di buon esempio. Non tutto, per carità. C’è chi lavora eppure tanto, da parroco di frontiera, lontano dalle telecamere e dalle luci della ribalta, i migliori, i veri “pastori” di cui una comunità come quella di Caivano avrebbe bisogno.
Ma perché questa premessa?
Prima i fatti e ai lettori le opinioni.
Parrocchia Santissima Annunziata. La ricordate? Fino a quattro anni fa sembrava uscita da un bombardamento della Nato su Kabul. Un “fortino” di valori nel cuore di una zona povera e difficile, dominata da piazze di spaccio e delinquenza.
Eppure, Don Antonio Cimmino si è rimboccato le maniche. Con pochi fedeli e senza un euro, questo prete, è riuscito a raggiungere risultati impensabili solo qualche anno fa. Sotto tutti i punti di vista. Vogliamo dare uno sguardo alla struttura? Com’era e com’è? Quell’edificio fatiscente è oggi un luogo di fede accogliente con pavimentazione nuova, impianti elettrici rifatti, vetrate sostituite da altre più decorose, chiesa tinteggiata, banchi nuovi, Don Antonio è riuscito a trovare fondi persino per realizzare un altare e comprare dei banchi nuovi, In quattro anni in quella chiesa, ad occhio e croce sono stati spesi più di 50 mila euro, tutti per la comunità.
Sul piano operativo, in quella realtà di frontiera dove nulla esisteva, Don Antonio ha messo in piedi l’Acr con 30 ragazzi e l’azione cattolica che comprende complessivamente 50 persone che lavorano al fianco del parroco anche al recupero dei giovani che vivono situazioni oggettivamente difficili. Vogliamo parlare dei pacchi alimentari donati alle famiglie bisognose attraverso la Caritas parrocchiale che cerca di alleviare le sofferenze ed i disagi di ben 60 famiglie. Potremmo continuare all’infinito parlando dei convegni pastorali, dei percorsi di fede. Ma l’obiettivo non è quello di mettere in luce il lavoro efficace e silenzioso di Don Antonio. Ma di accendere dei riflettori su una vicenda che meriterebbe un maggiore approfondimento anche da parte del Vescovo perché il lavoro di Don Antonio rischia di disperdersi di fronte ad una confusione che si sta creando nei fedeli.
Ma entriamo nel vivo della vicenda.
Nella giurisdizione della parrocchia dell’Annunziata rientra anche il Santuario della Madonna di Campiglione. Il parroco resta sempre don Antonio Cimmino ma il Santuario ha come rettore Cosimo Pagliara, un “carmelitano”, che dovrebbe rendere conto al suo superiore, ossia il parroco dell’Annunziata. Invece la comunità in questi anni è stata costretta ad assistere ad alcune cose che tra i fedeli non sono passate inosservate a partire dai fondi.
Punto primo. La devozione alla Madonna di Campiglione dei caivanesi è conosciuta in tutto il mondo, quindi i fedeli preferiscono contrarre i sacramenti, e in particolare quello del matrimonio, non nella parrocchia madre dell’Annunziata (dove se ne celebrano un paio all’anno) ma al Santuario. Ebbene, don Pagliara alle coppie di sposi dice che giustamente i documenti li deve istruire don Antonio Cimmino mentre lui deve ottenere prima della cerimonia dagli sposi il pagamento di un bollettino di 250 euro. La causale è chiara: “Ristrutturazione Santuario”. Di quei 250 euro nulla va a finire nelle casse della chiesa dell’Annunziata eppure il parroco, tra stenti e sacrifici, ha raggiunto risultati anche estetici di grosso valore. Non si può dire la stessa cosa per il Santuario che ogni anno calendarizza almeno una ottantina di matrimoni. Nessuno vuole fare i conti in tasca a chicchessia, ma qualche domanda i fedeli se la pongono, per le condizioni del Santuario che non brillano nonostante gli introiti e per le condizioni della chiesa dell’Annunziata che in 4 anni è rinata ed è stata messa a nuovo nonostante in cassa non ci fossero risorse e che vive solo delle offerte. Ma fino a qui l’aspetto che comunque sta facendo parlare il paese può passare in secondo piano. Nonostante non si rispetti né la gerarchia ecclesiastica e nemmeno criteri di “necessità” di una parrocchia che, come detto, lavora in frontiera, tra piazze di spaccio “caldissime” e un ambiente che difficile da raccontare. La confusione tra i fedeli è data anche dai diversi atteggiamenti tra i due edifici religiosi anche nel rispetto delle norme liturgiche. Eppure, la gerarchia è chiara: don Antonio Cimmino detta le regole, nel rispetto delle norme liturgiche e i gerarchi del Santuario dovrebbero rispettarle. Invece no. Ad esempio, per i funerali all’Annunziata i parenti sono costretti a rispettare i tempi stabiliti per la “sosta” in chiesa della salma, così come prevedono le norme liturgiche alle quali tutte le chiese devono adeguarsi, mentre a “Campiglione” la deroga è diventata una costante. Lo stesso accade per l’esposizione delle foto dei defunti e per i fiori. Insomma, quello che in nessuno chiesa si può fare, né a Caivano né altrove, in quella di Campiglione è concesso.
Possibile che in questo paese sfortunato i cittadini non riescano ad avere una certezza della regola e del suo rispetto nemmeno in chiesa? E cosa aspetta il Vescovo a intervenire anche perché il paese inizia a “mormorare” ed in queste condizioni si rischia di creare ulteriormente confusione e di allontanare ancora di più i fedeli da quei parroci di frontiera che lavorano in silenzio e con mille sacrifici?.
La chiesa no. Non può creare confusione. Almeno la Chiesa…